Per un trekking senza patemi e senza rischi
Lo spirito ; Il corpo; I
tempi; Il
tempo; L’equipaggiamento; L’orientamento; Infortuni ed incidenti;
E' sempre utile sapere che...; Numeri e recapiti utili
Con che spirito andare
in montagna? Ciascuno, ovviamente, ci va con il suo. Spesso con lo spirito
di conquista, per esibire, nel racconto, nella documentazione fotografica
e nel ricordo, il trofeo della meta, vetta o rifugio che sia. È indubbio che raggiungere una meta è un’esperienza
emotiva di rara intensità. Mi sembra però altrettanto vero che ogni tratto
del percorso riserva emozioni non meno preziose, anche se di minore intensità.
Il percorso, dunque, non vale meno della meta, perché ovunque all’occhio la
montagna regala qualche prezioso ed arcano scenario. Lo spirito di chi frequenta la montagna deve
essere, in ogni caso, spirito di profondo rispetto.
Può essere utile, quindi, riassumere in un decalogo il significato concreto di
questo rispetto:
1. Rispetta l'ambiente: evita assolutamente
di abbandonare rifiuti, di prelevare esemplari di specie protette, di porre in
atto comportamenti che potrebbero provocare gravi danni (soprattutto incendi),
di lasciare scritte inutili, di danneggiare cartelli e, più in generale, di
compiere atti di vandalismo che, se sono sempre odiosi, in montagna lo sono in
misura ancora maggiore.
2. Rispetta gli animali: non spaventarli, non toccare i cuccioli che dovessi
incontrare (i genitori potrebbero non riconoscerli più), tieni al guinzaglio i
cani che ti accompagnano, soprattutto in prossimità dei pascoli.
3. Rispetta le persone che ti accompagnano: l'escursione non è una corsa
contro il tempo ed una particolare attenzione va riservata a coloro che
possono incontrare maggiori difficoltà fisiche. Se affronti passaggi
difficili, comportati con la massima prudenza, per evitare di provocare danni
agli altri (in particolare, presta attenzione ai sassi mobili e, se ne fai
precipitare qualcuno, avverti subito gridando chi potrebbe trovarsi sulla sua
traiettoria). Cura la tua preparazione fisica e tecnica, per evitare di
procurare agli altri inutili preoccupazioni, disagi e rischi.
4. Rispetta le persone che incontri: è sempre buona norma salutarle, perché
qui nessuno è un estraneo; se ti vengono chieste informazioni, offrile in modo
preciso ed oggettivo, evitando di minimizzare rischi ed impegno connessi con
percorsi che conosci o di spacciare come sicure indicazioni di cui non sei
certo.
5. Rispetta il lavoro di chi vive in montagna: in particolare, rispetta i
pascoli, camminando accuratamente entro le tracce di sentiero che li
attraversano.
6. Rispetta la tranquillità dei luoghi, evitando di produrre rumori inutili e
schiamazzi inopportuni (che potrebbero anche provocare inutili allarmi, o
coprire le grida di chi si trova in difficoltà o pericolo).
7. Rispetta te stesso e chi lavora per la tua sicurezza, verificando
accuratamente il tuo stato di salute, assumendo tutte le informazioni sulle
condizioni meteorologiche ed ambientali e curando con il massimo scrupolo
l'equipaggiamento e l'abbigliamento prima di intraprendere un'escursione;
informati accuratamente sulle caratteristiche del percorso che intendi
intraprendere e sui pericoli connessi; evita, infine, percorsi di livello
superiore ai tuoi limiti tecnici e fisici, per non esporre ad inutili rischi
te stesso e chi dovrebbe soccorrerti in caso di necessità.
8. Rispetta le persone che lasci a casa e quelle che potrebbero venire alla
tua ricerca, lasciando informazioni accurate sul percorso che effettuerai,
anche nei rifugi per i quali passi.
9. Rispetta la funzione e le norme dei rifugi in cui ti fermi, leggendo con
attenzione il relativo regolamento.
10. Rispetta bivacchi e rifugi incustoditi, evitando di danneggiarne la
struttura o la dotazione e lasciando qualche genere di conforto che potrebbe
essere utile a chi li utilizzerà dopo di te.
Le escursioni vanno affrontate in condizioni fisiche adeguate, scegliendo percorsi che siano al di sotto delle proprie possibilità ed evitando accuratamente di strafare. Una stagione escursionistica deve prevedere percorsi gradualmente sempre più impegnativi. L’escursionismo non è necessariamente una faccenda da atleti, ed offre una gamma tanto svariata di possibilità da permettere a ciascuno di ritagliarsi percorsi su misura. Non è però neppure una passeggiata, per cui se si è perso l’allenamento da tempo, è meglio riacquistarlo con un po’ di pratica sportiva, prima di incamminarsi. Bisogna conoscere bene eventuali problemi fisici, soprattutto di natura cardio-circolatoria e respiratoria, e, nel dubbio, chiedere consiglio ad un medico prima di arrischiarsi in escursioni, anche giudicate modeste. Si ricordi che a quote anche non altissime la riduzione della concentrazione dell’ossigeno può causare problemi anche seri. Non si dovrebbe mai tornare distrutti da un’escursione. Stanchi, certo, ma non spossati. L’escursione non è una forma di espiazione, né una sorta di impresa di cui vantarsi in qualche discussione fra amici: deve costituire invece un’esperienza di benessere.
Per il calcolo dei tempi di percorrenza di chi cammina con un buon passo su sentieri o strade carrozzabili:, in linea di massima si può indicare
questa regola:
nell’ipotesi di un cammino continuo e senza soste, ogni ora si guadagnano circa 300-400 metri di dislivello.
Se però si sale a vista in un bosco con
vegetazione irregolare, oppure si debbono superare passaggi ostici, o ancora
si cammina su neve, i tempi aumentano, anche considerevolmente.
La neve, in particolare, rende la salita
molto più faticosa, soprattutto se non si è muniti di racchette. Inoltre si consideri il fattore altimetrico: più aumenta la quota, meno ossigeno si rende disponibile, il che aumenta sesnibilmente l'affaticamento muscolare.
Per la discesa si calcolino tempi dell’ordine
del 50-60% rispetto a quelli di salita (nel caso di una discesa spedita, anche
se non a rotta di collo; una discesa tranquilla può comportare anche il 70-80%
dei tempi di una salita di buona lena).
Mi permetto di osservare che un’escursione
cronometro alla mano rovina molte delle possibilità di gustare scenari ed
atmosfere che rendono il contatto con la montagna un’esperienza che si imprime
indelebilmente nella memoria di chi la compie.
Se poi si è in molti, e con passo diverso,
mi sembra come minimo doveroso adeguare il proprio passo a quello di chi fa
più fatica.
Diverse persone vorrebbero effettuare
escursioni, ma temono di guastare la giornata ad escursionisti più esperti
ed allenati, rallentandone fastidiosamente la marcia. Chi ama veramente la
montagna non ha però difficoltà ad adeguare il proprio passo a quello altrui,
né arde per la smania di voler a tutti i costi raggiungere una meta memorabile.
In montagna il cammino non vale meno della meta.
Le condizioni meteorologiche
sono uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione quando si
programma un’escursione. È quindi di importanza decisiva conoscere le previsioni
relative alla zona dell’escursione, consultando gli appositi bollettini, senza
fidarsi troppo dell’occhio e dell’impressione che il cielo può suscitare ad
una certa ora della giornata.
Le insidie legate al tempo, infatti, non
sono da sottovalutare. Non si tratta solo del rischio di tornare a casa fradici,
o di vedersi rovinato il panorama da foschia e nuvolaglia.
In estate i temporali costituiscono
un rischio serio, perché in montagna, soprattutto in certe condizioni ambientali,
il rischio di venir colpiti da fulmini, con esito assai spesso mortale, aumenta
di molto.
Se dunque sono previsti temporali è meglio
non assumersi alcun rischio e differire l’escursione. Se poi si viene sorpresi
dal temporale, alcuni accorgimenti possono risultare decisivi per evitare
spiacevoli incontri ravvicinati con i fulmini. Bisogna tener presente
che questi prediligono oggetti a punta ed elevati, quindi alberi (soprattutto
se isolati o molto alti) o spuntoni di roccia. Di conseguenza sarà bene evitare
di sostare in prossimità di oggetti del genere, o di trovarsi ad essere l’oggetto
più alto della zona. Se capita questo e si avvertono i segnali dell’imminenza
del fulmine (capelli che si rizzano, metalli che crepitano), bisogna assumere
una posizione ad uovo, con la testa rannicchiata fra le ginocchia. Bisogna
anche ricordare che gli oggetti metallici che si hanno con sé, soprattutto
se a punta o d’oro, costituiscono un ulteriore fattore di pericolo. È bene
quindi non portare con sé alcun oggetto del genere che non sia strettamente
necessario. Si ricordi poi che l’acqua è ottima conduttrice di elettricità,
per cui non si deve sostare su un terreno inzuppato dalla pioggia. Non è neppure
consigliabile cercare riparo in baite semidiroccate o comunque non isolate
dall’esterno. Se si riesce a raggiungere l’automobile, ci si può rifugiare
al suo interno, dove si è al sicuro (almeno dai fulmini).
Il cattivo tempo presenta però anche altri
elementi di pericolosità. La visibilità, innanzitutto, può ridursi
improvvisamente e drasticamente, rendendo problematico l’orientamento. La pioggia, poi, rende molto
più insidioso il terreno, aumentando di molto il rischio di scivolare non
soltanto sui sentieri (il che sarebbe già un problema, se questi sono esposti),
ma anche sui passaggi su roccia. In questo caso anche un percorso attrezzato
può diventare molto insidioso. I torrenti, in caso di temporale violento,
possono ingrossarsi improvvisamente, rendendo problematico l’attraversamento
o addirittura minacciando di travolgere gli incauti che si trovassero a sostare
presso le loro sponde. Le piene improvvise di un torrente sono imprevedibili
anche perché legate talora al cedimento di dighe che il materiale trascinato
può formare a monte. Precipitazioni consistenti e violente, infine, possono
determinare frane e smottamenti, anche sul tracciato dei sentieri. Il rischio
di essere colpiti da sassi, sempre presente in montagna, aumenta in questi
casi di molto.
D’inverno il rischio dei temporali non sussiste.
Tuttavia è importante informarsi sulle condizioni del manto nevoso, per evitare il rischio di slavine o valanghe, e tenendo presente che il massimo
rischio si ha quando la temperatura si innalza dopo abbondanti nevicate, prima
che il manto nevoso abbia modo di assestarsi. In ogni caso si ricordi che
canaloni e valloni sono le zone più pericolose, perché lì buona parte della
neve trascinata dalla slavina finisce per incanalarsi.
È bene informarsi anche sull’andamento dei
venti. Incappare in una tormenta, con venti forti, sferzanti e gelidi,
è un’esperienza veramente spiacevole ed anche seriamente rischiosa per chi
non sia adeguatamente attrezzato per difendersi dal freddo. Quando dunque
le previsioni preannunciano una giornata serena ma con forti venti bisogna
mettere nel conto che la salita ad alte quote espone a questo rischio. Il
fattore freddo non va mai sottovalutato. In una situazione di notevole stanchezza
fisica l’esposizione al freddo diventa una complicazione rilevante. Al freddo
intenso è legato anche il ghiaccio, insidiosa trappola nelle escursioni
invernali. Le colate di ghiaccio costituiscono spesso un ostacolo insormontabile
anche su sentieri normalmente molto tranquilli. Se non si è attrezzati adeguatamente
(cioè con piccozza e ramponi), non ci si deve azzardare a metter piede sul
ghiaccio. Si consideri, infine, che il ghiaccio più insidioso è quello che non si vede, celato da un sottile strato di neve farinosa: scivolare su un sentiero esposto significa esporsi al rischio di vita.
Cosa portare quando si
va in montagna? Tutto quello che serve o anche solo potrebbe servire. Uno
zaino sovraccarico ostacola inutilmente la marcia, ma, nel dubbio, è meglio
portare qualcosa che non servirà piuttosto che rischiare di ritrovarsi senza
un equipaggiamento necessario in frangenti problematici.
Cominciamo dall’abbigliamento. Evidentemente
questo dipende dalla stagione e dalla natura dei luoghi. Qualche consiglio:
- evitare di scoprirsi
troppo, soprattutto ad alta quota, dove i danni alla pelle arrecati dai raggi
ultravioletti sono maggiori;
- ricordarsi che
le gambe scoperte aumentano il rischio di conseguenze spiacevoli nel caso
in cui si fosse morsi da vipere agli arti inferiori;
- riparare la testa
dal sole, con opportuni copricapo;
- difendere la vista
dai raggi del sole, soprattutto quando si cammina su nevai o ghiacciai, con
opportuni occhiali;
- ricordarsi che
le scarpe sono forse il capo di abbigliamento più importante, per cui debbono
essere scelte con cura a seconda della natura del percorso, e soprattutto
non devono ferire il piede per l’eccessiva rigidità (se sono nuove, è meglio
provarle prima di intraprendere lunghe escursioni);
- ricordarsi che
in montagna si possono trovare temperature piuttosto basse anche a stagione
avanzata, e che, quando soffia, il vento è assai
rigido, per cui non deve mai mancare nello zaino un capo che difenda dal freddo
(i pile sono ottimi);
- portare, soprattutto
se si suda molto, il cambio, almeno degli indumenti superiori;
- portare comunque
almeno un cambio di calze, perché ritrovarsi con i piedi bagnati non è evenienza
rara;
- non deve mancare
neppure un paio di guanti, preziosi quando ci si trova a dover effettuare
qualche fuori percorso, soprattutto nei boschi;
- farà ridere, ma
una reticella che difenda il viso dalle mosche in qualche luogo risulta preziosa;
del resto, per quel che pesa, val la pena di aggiungerla all’equipaggiamento;
- i pantaloni debbono
essere molto comodi;
- una fascia che
protegga tempie ed orecchie dal vento può risultare assai utile;
- è bene tenere nello
zaino un paio di pantaloni ed una mantella impermeabili.
Che altro mettere nello zaino?
- una torcia elettrica
diventa decisiva quando si deve camminare al buio o segnalare la propria presenza
ad eventuali soccorritori; si ricordi che il ritorno, anche su sentieri molto
facili, diventa assai difficile al calar delle tenebre, perché in un bosco,
senza torcia, non si vede proprio nulla;
- garze, bende e
disinfettante non debbono mancare;
- per chi vuol percorrere
sentieri attrezzati imbragatura e cordino sono assolutamente consigliabili;
- il telefonino,
quando prende, è una gran bella cosa; si ricordi, comunque, di lasciar sempre
detto dove si va, mettendo magari per iscritto l’itinerario che si intende
effettuare;
- qualche nastrino
colorato potrebbe servire come segnale in caso di passaggi problematici, soprattutto
nei boschi;
- carta, altimetro
e bussola sono ausili preziosi per l’orientamento;
- qualche fazzoletto
di carta potrebbe pur sempre servire; in questo caso, però, evitare di lasciare
tracce, soprattutto in prossimità del sentiero;
Si beve e si mangia, in montagna? Ovviamente
sì. Qualche consiglio:
- le bevande pesano, ma non bisogna risparmiare sul peso tagliandole, come non bisogna
tenersi la sete credendo all’ingannevole luogo comune che bere tagli le gambe
quando si sale; bisogna bere tutto il necessario, non appena si ha sete, anche
perché in montagna si perdono molti liquidi e ciò determina un affaticamento
del cuore; sono consigliabili almeno 1 o 2 litri di bevande leggere (la semplice
acqua è sempre ottima, magari con l’aggiunta di un po’ di spremuta d’arancia);
non abusare degli integratori, utili per reintegrare sali minerali persi,
ma qualche volta difficili da assimilare quando lo stomaco è molto affaticato;
evitare gli alcolici, anche perché l’alcool, nel medio periodo, favorisce
non il riscaldamento, ma la dispersione del calore; evitare di bere a ruscelli
e torrenti, perché l’acqua potrebbe essere inquinata da pascoli o animali
a monte;
- quanto al cibo,
ognuno ha le sue predilezioni, ma bisogna ricordare che in condizioni di affaticamento
lo stomaco rigetta cibi troppo complessi; sono quindi ottimi alimenti semplici
ed energetici, come la cioccolata, qualche frutto o anche qualche zolletta
di gluCosio Valtellino; da evitare invece il più possibile i cibi salati o peggio ancora
piccanti, perché inducono ulteriore sete;
- sono infine tassativamente
ad evitare le tracce delle proprie soste alimentari!
L’orientamento è uno degli
aspetti più affascinanti legati all’escursione. Studiare il percorso carta
alla mano, oppure rifarlo, seduti comodamente a casa e consultando le carte
è un’esperienza sicuramente molto piacevole.
Per non guastare questo
aspetto ludico dell’escursione con spiacevoli e talvolta penosi fuori-programma
(leggi: mi sono perso), bisogna poter contare su alcuni fattori decisivi.
La carta, innanzitutto, possibilmente in scala 1:25.000.
Una buona esperienza nella lettura delle carte permette di preparare adeguatamente
l’escursione a tavolino, soprattutto quando si devono battere sentieri poco
frequentati e non segnalati. Si tenga però presente che mentre le mulattiere
(indicate con il tratto-punto-tratto) indicate dalle carte sono quasi sempre
in buone condizioni, i sentieri (indicati con una sequenza di piccoli tratti)
possono essere molto deteriorati, al limite dell’impraticabilità, o, il che
è quasi peggio, alternare tratti in cui la traccia è ben visibile a tratti
in cui questa scompare o si fa molto debole. È questa la condizione peggiore,
perché in tal caso l’escursionista, non volendo vanificare l’escursione,
tenta con insistenza di proseguire, cercando ovunque tracce che finiscono
in luoghi scoscesi o presso dirupi. Se gli va bene (o meglio, se è stato cauto)
riesce poi a tornare sui suoi passi. Se gli va male, si mette a girare a vuoto.
Ma di questo dirò più oltre. La carta, dunque, è un prezioso alleato, non
un sacro testo. La sua consultazione, infine, diventa più chiara e proficua
se si possiedono un altimetro (ricordarsi di tararlo sempre in luoghi di cui
si conosce l’altitudine!) ed una bussola.
Un altro alleato ancora più prezioso sono le informazioni di chi conosce i luoghi. Ci sono itinerari sui quali
è del tutto consigliabile avventurarsi solo se accompagnati da persone che
li conoscono. Non si terrà mai abbastanza presente che in certe zone perdere
il sentiero significa girare a vuoto senza riuscire a scendere a valle (perché
la discesa a vista termina sempre sopra dirupi pericolosissimi, per cui bisogna
proprio scendere per quel sentiero o sentierino che si è percorso salendo).
Non ci si può fare un’idea adeguata di questo se non lo si prova. Ma è meglio
non provarlo. E se non si conosce chi conosce i luoghi? Beh, alla partenza
si può sempre confidare nella cortesia di chi abita sul luogo: costui ci darà
molto volentieri informazioni che potranno rivelarsi preziosissime (del tipo: stia attento, però, che quando arriva a quella baita o a quel prato deve
piegare a destra, ignorando una traccia a sinistra…).
Terzo alleato sono le segnalazioni sul terreno, i segnavia, così cari all’occhio che li cerca e li trova magari quando
meno se li aspetta. Oggi la meritoria opera di segnalazione dei sentieri si
moltiplica, anche con l’ausilio di puntuali cartelli. Quando si praticano
sentieri difficili ma segnalati, si presti molta attenzione a non saltare
alcun segnavia: perderne anche uno solo potrebbe significare portarsi fuori
del tracciato. Se poi la foschia dovesse ridurre di molto la visibilità, questi
segnali diventano ancora più essenziali, perché la scarsa visibilità può disorientare
anche chi è molto pratico dei luoghi.
Quarto alleato è la nostra prudenza,
congiunta ad un buono spirito di osservazione. Se stiamo dunque salendo nel
bosco o nella boscaglia su un sentiero poco battuto e per noi nuovo, dobbiamo
fare molta attenzione a:
- osservare bene
la natura dei luoghi, memorizzando punti di riferimento preziosi, soprattutto
quando il sentiero cambia direzione o si fa poco evidente; la memorizzazione
degli scenari deve avvenire guardando al sentiero già percorso;
- lasciare qualche
segno sul percorso, se possibile ometti costruiti con qualche sasso sovrapposto,
soprattutto in corrispondenza di svolte del sentiero, ed in luoghi visibili
anche da una certa distanza; fettucce e nastri colorati appesi ai rami degli
alberi funzionano altrettanto bene;
- consultare spesso
la carta, con l’ausilio di un altimetro, per ricevere conferme della correttezza
del percorso dall’incontro con baite segnalate dalle carte;
- tener presente
che alcune tracce di sentiero possono essere ingannevoli perché create dal
ripetuto passaggio di animali;
- memorizzare anche
alcuni punti di riferimento costituiti da profili montuoso e scorci che appaiono
in certi punti del sentiero;
- ricordare che i
punti più critici sono costituiti dal passaggio dal bosco o dalla boscaglia
all’aperto, anche solo per l’attraversamento di un prato; in questo caso bisogna
assicurarsi di poter ritrovare la traccia scendendo, perché nei prati questa
spesso si perde;
- evitare di scendere
per un percorso diverso da quello di salita se non lo si conosce o se non
se ne può facilmente individuare la traccia ad uno sguardo panoramico; finché,
infatti, ci si muove su un terreno sgombro di vegetazione si può anche operare
una discesa a vista, ma quando ci si deve inoltrare in un bosco, a meno che
si individui il punto di partenza del sentiero, ci si espone ai rischi di
cui ho parlato sopra (oltretutto non è detto che il sentiero, nel bosco, non
si perda, anche solo per brevi tratti, creando non poche complicazioni a chi
magari scende senza avere troppo tempo prima che la visibilità si riduca);
- lasciare sempre
un margine adeguato di ore di luce, in modo che eventuali complicazioni nel
ritorno possano essere risolte con calma; se però sopraggiungono le tenebre,
si eviti una discesa alla cieca, perché una notte in un riparo di fortuna
(se la temperatura lo consente) non è un’esperienza così terribile da affrontare,
per evitarla, il rischio di scivolare in qualche burrone.
Chi frequenta sentieri poco battuti sa,
inoltre, per esperienza che qualche volta anche il punto di partenza dei sentieri
è difficile da trovare: qualche volta un po’ di vegetazione lo nasconde, per
cui si può perdere anche molto tempo prima di trovarlo. Qualcosa di simile
può accadere anche lungo il percorso: qualche tratto può essere invaso dalla
vegetazione, per cui della traccia sembra perdersi ogni traccia, finché ricompare
anche solo qualche metro più a monte o a valle. Ma se non si sa dove, si perde,
di nuovo, diverso tempo. Assai insidiosi sono poi i tratti che si dipanano
nella bassa vegetazione (ontani e ginestre), perché spesso bisogna proprio
scostare le piante per scorgere la traccia.
E se ci si perde? Non bisogna cedere alla
tentazione di scendere a tutti i costi, soprattutto in versanti montuoso insidiosi
e dirupati; è preferibile ricercare, con calma e meticolosità, la traccia.
Se si sono seguite le avvertenze sopra esposte, la si ritroverà. Se la ricerca
è inutile e se il telefonino ha campo, non si esiti a chiedere aiuto, senza
aspettare che il calare delle tenebre renda più problematica la ricerca. Se
si è in più di uno, ci si divida nella ricerca, rimanendo però sempre a portata
di voce.
Infortuni ed incidenti.
Non mi propongo di passare
qui in rassegna esaustivamente tutti i possibili incidenti ed infortuni legati
alla frequentazione della montagna. Darò solo qualche indicazione di massima.
Quanto alle situazioni
ed ai luoghi intrinsecamente pericolosi, bisogna ricordare che:
i sentieri sono in linea di massima sicuri, ma talora esposti; nei
tratti esposti si deve prestare quindi molta attenzione, soprattutto in presenza
di neve; tali passaggi vanno poi evitati se c’è ghiaccio;
i sentieri attrezzati richiedono imbragatura e cordino, per assicurarsi
alle corde fisse;
quando si cammina su un terreno reso scivoloso da terriccio e sassi
mobili bisogna prestare attenzione non solo a non scivolare, ma anche a non
far cadere sassi su coloro che si trovano più a valle; se dovesse partire
un sasso, anche se non si vede nessuno più a valle, si deve gridare per avvertire
del pericolo;
quando si attraversano gande o corpi franosi bisogna sondare con
attenzione ogni sasso, prima di appoggiarsi ad esso con il peso del corpo,
perché questo potrebbe rivelarsi instabile e provocare rovinose cadute, quando
non addirittura franarci addosso; in questi frangenti non ci si affidi troppo
all’impressione visiva di stabilità;
quando si sale nel bosco o si arrampica non ci si fidi troppo di
rami o tronchi, che potrebbero spezzarsi proprio quando ci si sospende ad
essi l’intero peso del proprio corpo, oppure quando si è in condizioni di
equilibrio precarie;
assai insidiosa è quell’erba liscia che si trova spesso al di sopra
del 1500 metri: se da un lato è assai resistente e quindi garantisce prese
abbastanza sicure, dall’altro è molto scivolosa, per cui in pendii ripidi
si rischiano lunghe e pericolosissime scivolate;
la neve va sempre affrontata con cautela, soprattutto quando ricopre
gande e massi, celando pericolose buche;
le buche seminascoste si trovano anche su terreni in cui la vegetazione
ricopre irregolarmente corpi franosi: si deve dunque procedere con prudenza,
per evitare serie distorsioni;
la discesa di per sé non è pericolosa, ma lo diventa se affrontata
in condizioni di notevole stanchezza e distrazione; diventano in questo caso
frequenti le storte alle caviglie, che possono diventare vere e proprie distorsioni;
sassi mobili sul sentiero e radici affioranti dal terreno sono spesso
causa di cadute, soprattutto durante la discesa;
il ghiaccio è sempre un’insidia da cui tenersi alla larga, se non
si è adeguatamente attrezzati e preparati; basta una frazione di secondo, una placca coperta o sottovalutata per farci scivolare in un canalino, ed una scivolata anche di pochi metri può risultare mortale, perché non abbiamo alcuna possibilità di controllare il nostro corpo ed assai facilmente la testa può andare ad urtare violentemente contro un masso o una placca rocciosa;
in luoghi molto assolati, vicino a corsi d’acqua, nelle pietraie,
nel sottobosco e nell’erba che rende invisibile il terreno si può celare l’insidia
delle vipere; se si procede con passo pesante, si batte il terreno con le
racchette o il bastone e si evita di posare le mani o sedersi in luoghi dove
la vegetazione nasconde il terreno, si riducono al minimo i rischi;
le vipere non sono gli unici animali pericolosi in montagna; ci sono
anche le vespe, che possono all’improvviso assalire l’escursionista; in questo
caso una rapida fuga ed un abbigliamento adeguato limitano molto i danni;
le zecche sono un'insidia da non sottovalutare, in quanto possono essere veicolo di una malattia severa, la sindrome di Lyme; per prevenire la loro puntura è bene coprire gambe e braccia ed evitare di soffermarsi in prati dove l'erba è alta, sul limite del bosco o in prossimità della vegetazione vicino a corsi d'acqua;
l’eccessiva esposizione al sole può essere causa di malori;
la discesa affatica molto le ginocchia; questo inconveniente può
essere molto ridotto se si dispone di racchette o almeno di un bastone su
cui scaricare alternativamente il peso del corpo;
lasciare assolutamente a casa il pensiero subdolo "a me non capita" (lo portavano con sé buona parte di quelli cui, purtroppo, è capitato)
Soccorso alpino e speleologico VII elegazione, Valtellina e Valchiavenna, via D. Gianoli, 2, 23100 Sondrio; tel.: 0342510909
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Ciao, e buone escursioni! Massimo Dei Cas
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