Sesta tappa: dal rifugio Scotti al rifugio Bosio
GALLERIA DI IMMAGINI - CARTA DEL PERCORSO
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Il Sentiero Life delle Alpi Retiche, pensato per consentire di visitare i cinque siti di interesse comunitario, si può considerare concluso con la quinta giornata. La sesta rappresenta una sorta di completamento, consigliato, e propone la traversata in Val Torreggio (Val del Turéc') (Valmalenco), analogamente a quanto accade per il Sentiero Roma ed il Sentiero Italia Lombardia nord 3. Questa traversata, a sua volta, può avvenire per due vie: partendo dal rifugio Ponti e sfruttando il passo di Corna Rossa (ed in tal caso ricalca il percorso del Sentiero Roma), oppure partendo dal rifugio Scotti e sfruttando i passi Scermendone e Caldenno. Per la verità si può partire, in entrambi i casi, da ambedue i rifugi: il rifugio Scotti offre il vantaggio di non gravare la quinta giornata del Sentiero Life di un dislivello aggiuntivo in salita di circa 450 metri (visto che ne richiede già 1600 di suo!).
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RIFUGIO PONTI - RIFUGIO BOSIO-GALLI
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Rif. Ponti-Chiesa Valmalenco |
5 h |
380 |
EE |
SINTESI. Dal rifugio Ponti imbocchiamo la traccia segnalata che procede verso est-nord-est (a destra per chi guarda al monte Disrazia), traversando una fascia di lastroni, per poi piegare a destra e risalire il ripido fianco della morena centrale della Valle di Preda Rossa. Giunti sul filo della morena, troviamo l'indicazione su un masso del Sentiero Roma e scendiamo per ripida traccia sul fianco opposto, guadando poi un ramo del torrente. Saliti su un cordone morenico, seguendo i segnavia che ci fanno avvicinare al fianco orientale
della valle. La traccia ci porta presso un grande masso, sul quale è
scritta, in caratteri molto grandi, l'indicazione del rifugio Desio.
Dobbiamo oltrepassare un pianoro occupato spesso, anche a stagione avanzata,
da un nevaio, prima di giungere ai piedi della costiera, che attacchiamo
in corrispondenza di un nevaio. Questo va risalito in direzione del
vertice di sinistra, oppure in parte fiancheggiato a destra, salendo
per gande, ed alla fine tagliato verso sinistra. Nell'ultima parte la
pendenza è significativa, per cui sono consigliabili i ramponi.
Tocchiamo poi un terreno misto costituito da sassi mobili e terriccio,
che rende piuttosto faticosa l'ulteriore salita al passo di Corna Rossa, che avviene fra canalini e lastroni, con tratti assistiti da corde fisse. Alla fine siamo al passo, dove si trova il dismesso e pericolante rifugio Desio (m. 2836). Scendiamo, poi in Val Torreggio (Val del Turéc'), seguendo le indicazioni
ed i segnavia del Sentiero Roma, dapprima per sfasciumi, lungo la valle Airale (attenzione a non prendere a sinistra per il lago della Cassandra),
poi su terreno meno faticoso, nell'alta Val Torreggio (Val del Turéc'), dove, in una
bella piana disseminata di larici, raggiungiamo alla fine la meta della
prima giornata, il rifugio Bosio (m. 2086), dopo aver varcato il torrente
Torreggio su un bel ponte, collocato recentemente dai cacciatori. |
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L’ultima
giornata del Sentiero LIFE delle Alpi Retiche prevede il passaggio dalla Val Masino alla
Valmalenco, con discesa finale a Chiesa Valmalenco (sgésa) o a Torre S. Maria, e ciò può avvenire in due modi: attraverso la traversata alta che coincide con l'ultima tappa del Sentiero Roma o attraverso quella bassa che per buon tratto si sovrappone al Sentiero Italia. Vediamo per prima la variante alta. Se optiamo per questa, ci conviene concludere la tapla precedente al rifugio Ponti, per evitare che l'ultima sia eccessivamente lunga e faticosa.
Dal rifugio Ponti, seguendo le abbondanti segnalazioni del Sentiero Roma, dobbiamo innanzitutto salire la passo di Corna Rossa. Questo itinerario, nella sua prima parte,
coincide con quello seguito dagli alpinisti che scalano il Disgrazia.
Si attraversa il primo torrente che scende dal ghiacciaio di Preda Rossa ("sgiascé"),
per poi salire sul filo della grande morena centrale che termina ai
piedi del medesimo ghiacciaio. Seguendo le bandierine rosso-bianco-rosse,
si scende, quindi, sul lato opposto, seguendo un sentierino e, ignorate
le indicazioni per il Monte Disgrazia ("desgràzia"), si raggiunge un masso sul quale
è segnalato il percorso per i rifugi Desio e Bosio.
Volgendo lo sguardo alle spalle, si può godere di un buon colpo
d’occhio sulla poderosa costiera Remoluzza-Arcanzo, fra Valle
di Preda Rossa e Val di Mello ("val da mèl"), sulla quale sono individuabili, da nord
(cioè da destra) la Bocchetta Roma ("pas da ciöda"), il pizzo della Remoluzza (sciöma da remolöza, m. 2814), il pizzo di Averta (dal dialettale "avert", cioè aperto, m. 2853), il pizzo Vicima (sciöma da veciöma, m. 2687),
la cima degli Alli (sciöma dei äl, o Ali, m. 2725) e la cima di Arcanzo (m. 2715).
La
discesa termina sul greto del secondo torrente che scende dal ghiacciaio
e che deve essere attraversato. Il sentiero è a tratti ben visibile,
ma talora ci si deve affidare alle segnalazioni.
Fra massi rosseggianti sempre più numerosi e con immagini sempre
diverse del Monte Disgrazia ("desgràzia", m. 3678, alla cui sinistra si individua
bene la sella di Pioda, a sua volta a destra del monte Pioda - "sciöma da piöda"-), il percorso
prosegue, passando a monte della seconda morena della valle, quella orientale, e giungendo ad un grande masso, su cui un’indicazione
indirizza ad un nevaio che è presente anche a stagione avanzata
e che deve essere risalito.
Apri qui una fotomappa della traversata dalla morena centrale di Preda Rossa al passo di Corna Rossa
E' già visibile, in alto, la piccola
depressione del passo (m. 2836), posto a sud della cima di Corna Rossa
(m. 3180); il Monte Disgrazia, intanto, si defila sempre più
dietro la dorsale della punta di Corna Rossa.
Il nevaio va tagliato verso sinistra, o aggirato a monte, con cautela,
perché, nella parte alta, è abbastanza ripido, per cui
val la pena di calzare i ramponi. Raggiunta la fascia di rocce sul suo
limite superiore, si inizia la salita su un fondo costituito da terriccio,
sassi mobili e massi talora scivolosi. Per questo va affrontata con
cautela: in un paio di punti corde fisse la rendono più sicura.
Sono pochi i punti esposti, ma conviene ugualmente salire senza fretta.
Poco oltre il secondo punto attrezzato con corde fisse, si raggiunge
finalmente il passo di Corna Rossa, annunciato dalla punta del parafulmine posto nei suoi
pressi (e tutt’altro che superfluo: la zona, per la presenza di
rocce con alto contenuto ferroso, è particolarmente bersagliata
dai fulmini; lo si tenga presente e si eviti, di conseguenza, di affrontare
la salita al passo in condizioni di tempo incerto).
Apri qui una panoramica della Valle di Preda Rossa dal passo di Corna Rossa
La prima immagine che lo sguardo incontra, oltre il passo, è quella del versante destro della Val Torreggio (Val del Turéc'). Volgendo lo sguardo a sinistra si vede il versante sinistro della Val Airale (Val di Rai), prosecuzione della Val Torreggio (Val del Turéc'). Più a sinistra ancora, ecco il rifugio Desio (m. 2830), chiuso perché pericolante, a seguito delle eccezionali nevicate dell’inverno 2000-2001: esso rimane oltre il crinale, per cui non è visibile per chi sale. Insieme al rifugio Marinelli, fu il primo costruito in Valmalenco, per facilitare l'ascensione al monte Disgrazia. Nel 1880 venne edificato un primo rifugio, chiamato di Corna Rossa, sostituito poi nel 1924 dal rifugio Desio, del CAI di Desio, per parecchio tempo gestito dalla famiglia di Egidio Mitta. Assolveva alla sua funzione con una capienza di 18 posti letto e servizio di ristorazione.
Apri qui una fotomappa della Valle di Preda Rossa vista dal passo di Corna Rossa
Volgendoci ancora alle spalle ammiriamo la morena centrale di Preda Rossa, parte della costiera Remoluzza-Arcanzo e, sul fondo, alcune fra le più famose cime della Val di Mello ("val da mèl"), che, durante le precedenti giornate, abbiamo imparato a conoscere bene: i pizzi del Ferro ("sciöme do fèr"), la cima di Zocca ed i pizzi Torrone, fra i quali spicca, per la forma a punta di lancia, il pizzo Torrone orientale. Visto da qui, il rifugio Ponti non è che un piccolo punto perso fra le gande.
Apri qui una fotomappa della Val Torreggio (Val del Turéc') vista dal passo di Corna Rossa
Dal passo di Corna Rossa, attraverso la Val Airale (Val di Rai), si deve, ora, scendere in Val Torreggio (Val del Turéc'), il cui fondo è dominato dai Corni Bruciati. Per farlo si seguono gli abbondanti segnavia rosso-bianco-rossi, che dettano il percorso più razionale fra un mare di massi rossi di tutte le dimensioni. Si presti attenzione a non seguire la deviazione a sinistra, anch’essa segnalata, per i laghetti di Cassandra.
Apri qui una panoramica della Va Torreggio dal passo di Corna Rossa
Nel primo tratto di discesa procediamo verso sud, fino ad un cengione che ci fa scendere dal circo superiore della valle e ci fa accedere, a quota 2570 metri circa, ad una scorbutica fascia di grandi massi, fra i quali i segnavia dettano il percorso meno faticoso. Pieghiamo decisamente a sinistra ed a quota 2500 metri circa siamo alle morene di un antico ghiacciaio e ad una strozzatura della valle, oltra la quale si comincia ad intravvedere qualcosa come una traccia di sentiero.
![]() Discesa dal passo di Corna Rossa |
![]() Discesa dal passo di Corna Rossa |
![]() Discesa dal passo di Corna Rossa |
![]() Discesa dal passo di Corna Rossa |
Procediamo ora verso nord-est e sud-est, scendendo ad intercettare il sentiero che, alla nostra sinistra, sale al vallone dei laghetti di Sassersa. Procediamo ancora verso sud-est, prima di piegare a sinistra e procedere in direzione est, fino alla piana del rifugio. Superato il torrente Torreggio, alla nostra destra, su un ponte in legno, eccoci finalmente al rifugio Bosio-Galli.
Apri qui una fotomappa della Val Airale (Val di Rai)
Potrebbe essere un’interessante variante allungare la discesa per visitare i suggestivi e nascosti laghetti di Cassandra. Per farlo, iniziamo dal passo di Corna Rossa a scendere in Val Airale (Val di Rai) seguendo il Sentiero Roma, ma, una trentina di metri sotto il passo di Corna Rossa, lo lasciamo per piegare a sinistra, in direzione est (indicazioni "Cassandra"), seguendo segnavia ed ometti nella traversata delle rosse placche del versante meridionale della cima di Corna Rossa (m. 3180).
Apri qui una fotomappa dell'alta Val Torreggio
Il primo tratto della traversata non propone particolari problemi, ma circa a metà dobbiamo perdere quota su un versante di lisci roccioni, sfruttando gradoni, canalini e piccole cengie. I segnavia rosso-bianco-rossi dettano il percorso, che propone passaggi esposti, da affrontare con la massima attenzione. Dopo la breve discesa, tocchiamo un versante di sfasciumi morenici, puntando ad un grande ometto, alle cui spalle lo sguardo raggiunge la media Val Torreggio (Val del Turéc') e la catena orobica. Su un vicino grande masso troviamo la segnalazione di un bivio: prendendo a destra (indicazione "Bosio") troviamo una debole traccia che si cala verso il fondo della Val Airale (Val di Rai), intercettando il sentiero che scende dal passo di Corna Rossa, mentre andando a sinistra (indicazione "Cassandra") ci portiamo ai laghetti di Cassandra. Traversiamo dunque a sinistra, in leggera discesa, fino ad affacciarci ad un ampio vallone che si apre ai piedi del ghiacciaio della Cassandra, annidato nel versante meridionale del monte Disgrazia (m. 3678). Scendendo facilmente su terreno morenico scopriamo, così, lo splendido sistema dei laghetti di Cassandra, nascosti in un vallone nascosto ai piedi del pizzo di Cassandra.
La vedretta di Cassandra
Dici Cassandra e sei nel cuore del mito, di uno dei
miti più singolari ed inquietanti fra quelli che ci sono giunti
dall'antica Grecia. Ne è protagonista la figlia di Priamo che,
avendo rifiutato l'amore di Apollo, fu colpita dalla maledizione di
annunciare sciagure che si sarebbero avverate, senza però essere
creduta da nessuno. Profetizzò così la caduta di Troia;
nessuno le credette, ma Troia cadde veramente. Ora Cassandra, impietrita
dal dolore, è uno dei pizzi che fa da corona alla maestosa mole
del Monte Disgrazia ("desgràzia").
Certo, i cultori degli etimi obiettano che l'origine più probabile è da "cassera", vedretta... O forse dalla moda che per un certo periodo si impose, quella di dedicare le cime conquistate alle donne amate (nei paraggi ci sono un pizzo Cassandra, una punta Enrichetta, una punta Rachele, una punta Rosalba). A guardare più da vicino la cosa, si scopre, poi, che nell'uso locale il toponimo è al plurale, "le Cassandre" (li Casàndri), il che richiama la denominazione delle profonde forre che il Mallero ha scavato appena a monte di Sondrio, anch'esse denominate "Cassandre". In Val Airale li Casàndri è il nome che si riferisce all'intero ripiano morenico che comprende un sistema di laghetti (laghét di casàndri) ed è delimitato dai Corni di Airale, dai pizzi Giumellino e Cassandra, dal monte Disgrazia (che da questo lato mostra la vadretta della Cassandra) e dal passo di Corna Rossa. Si tratta di uno degli angoli più selvaggi
ed aspri delle alpi Retiche.
Il lago superiore di Cassandra
Il mistero si infittisce quando apprendiamo che il cronista solettese Franciscus Haffner, nel 1666, scrive, in una sua cronaca: "Anno 1624 d.C. Nel mese di marzo sul Monte Cassedra [Cassandra], in prossimità del confine con l’Italia, una valanga seppellì un intero paese e uccise più di 300 persone". A quale epocale tragedia si riferisce? Unica ipotesi plausibile, anche se problematica, è che si tratti della valanga che seppellì l'abitato dell'antica Bondoledo, allo sbocco della Val Torreggio, là dove oggi si trova la chiesetta di San Giuseppe. Impossibile pensare che sia scesa direttamente dal pizzo di Cassandra, ma forse il riferimento è alla cima rilevante più vicina al luogo della tragedia. Se così fosse, il cerchio parrebbe chiudersi: siamo partiti dall'annunciatrice di sventure e ad un sventura siamo infine tornati.
![]() Traversata Corna Rossa-Cassandra |
![]() Traversata Corna Rossa-Cassandra |
![]() Traversata Corna Rossa-Cassandra |
![]() Traversata Corna Rossa-Cassandra |
Torniamo ora al racconto della traversata. Passiamo a destra del più alto ed ampio dei laghetti (m. 2746), nelle cui splendide
acque di un blu intenso si specchia il nevaio che scende dal ghiacciaio
della Cassandra, e di un laghetto più piccolo (m. 2700). Ci affacciamo poi ad un ampio vallone e, sempre seguendo segnavia ed ometti (indicazioni "Bosio"), descriamo
un arco in senso orario, quindi assumendo gradualmente l'andamento sud-est e sud ed ignorando, sulla sinistra, la deviazione
per il passo Cassandra (m. 3097), che permette di accedere alla Vedretta
della Ventina (védrècia de la venténa), in alta Valmalenco (val del màler; la discesa è molto complessa, perché il ghiacciaio è crepacciato, e richiede impegno alpinistico ed assicurazione in cordata).
L’arco descritto ci permette di giungere in vista dei due laghetti
inferiori (m. 2464), che vediamo più in basso.
![]() Bivio |
![]() Traversata ai laghi di Cassandra |
![]() Vallone dei laghi di Cassandra |
![]() Lago superiore di Cassandra |
Volgiamo ancora a destra (direzione sud-ovest), scendiamo al più grande, passando a sinistra di un pronunciato torrione, quotato 2710 metri, ed a destra di una enorme ganda. In prossimità del laghetto, che resta alla nostra sinistra, procediamo verso sud per superare, con una certa fatica, una fascia di grandi massi rossi (seguiamo i segnavia, per non complicarci inutilmente la vita).
Lago superiore di Cassandra
Poi, piegando a destra (direzione sud-ovest), varchiamo una breve porta e, sfruttando un facile canalino, raggiungiamo il pianoro quotato 2391 metri. Attraversiamo il pianoro, volgiamo a sinistra e, seguendo i segnavia bianco-rossi, superiamo, con cautela, un sistema di roccette, restando a destra del torrente che scende in Val Airale con una cascata. Dopo un’ultima discesa fra pietrame e magri pascoli, intercettiamo, a quota 2250 metri, il sentiero principale che dal passo di Corna Rossa scende alla piana della Val Torreggio (Val del Turéc'). Seguendolo verso sinistra raggiungiamo il rifugio Bosio-Galli.
Apri qui una fotomappa della discesa verso il lago di Cassandra inferiore
Torniamo ora al racconto dell'itinerario principale, nel suo ultimo tratto.
La piana, nella quale il torrente
Torreggio disegna qualche pigro meandro, è dominata, ad ovest,
dai Corni Bruciati (settentrionale, m. 3097, e meridionale, m. 3114),
che, alla fine, risultano le cime che più risaltano nell’intero
Sentiero Roma: li possiamo vedere, sotto diverse angolatura, infatti,
dalla Val Ligoncio (val dò ligùnc') e dal passo del Barbacan nord fino alla Val Torreggio (Val del Turéc'), cioè
durante tutte le giornate della traversata, esclusa la prima.
Piana del rifugio Bosio-Galli
Dal rifugio Bosio, infine, inizia l’ultima parte della discesa. Possiamo scegliere di scendere a Torre S. Maria o a Chiesa Valmalenco. Nel primo caso abbiamo due possibilità. Seguendo il sentiero che dal rifugio comincia a scendere verso destra (est-sud-est), raggiungiamo l’alpe Palù (toponimo assai diffuso, che deriva da "palude", m. 1971), dalla quale iniziamo una lunga traversata sul fianco meridionale della Val Torreggio (Val del Turéc'), che termina allo splendido terrazzo dell’alpe Piasci, dove si trova anche il rifugio Cometti (m. 1720). Qui giunge una carrozzabile sterrata (chiusa al transito dei veicoli non autorizzati), che scende fino a Torre.
Rifugio Bosio-Galli
La seconda possibilità prevede di seguire per un tratto il sentiero, segnalato, che, in direzione est, scende all’alpe Lago di Chiesa, effettuando una traversata sul fianco settentrionale della Val Torreggio (Val del Turéc'). Dobbiamo prestare attenzione alla nostra destra: dopo circa mezzora di cammino troviamo, in una radura, un cartello (indicazione per Torre), posto un po’ più in basso rispetto al sentiero principale, che indica la partenza di un sentiero secondario che scende in una splendida pineta (direzione sud), raggiungendo una radura e, poco oltre, il limite settentrionale dell’alpe Acquabianca (m. 1568), nel cuore della Val Torreggio (Val del Turéc'), sul suo versante settentrionale. Il sentiero piega, poi, a sinistra: seguendo i segnavia scendiamo, quindi, all’alpe Son (m. 1364), dominata, sulla sinistra, dalla dirupata rocca di Castellaccio (m. 1777).
Apri qui una fotomappa della Val Torreggio (Val del Turéc')
La successiva discesa tocca le baite di quota 1284 e termina a Ciappanìco (m. 1034), graziosa frazione di Torre S. Maria. Qui troviamo, sulla parete di un’antica casa, la scritta “Benvenuti a Ciappanico alto”, e, su un pannello arrugginito, l’indicazione “Sentiero Roma”, che serve come indicazione per coloro che intendano effettuare la traversata da est verso ovest (cosa, evidentemente, perfettamente legittima e, in diversi punti, come il Passo Camerozzo, perfino più agevole, anche se la direttrice più tradizionale è quella che abbiamo raccontato, da ovest ad est). Una strada asfaltata porta, dopo 2,7 km, a Torre S. Maria.
Apri qui una panoramica dell'alpe Lago di Chiesa
Raccontiamo, infine, la discesa a Chiesa Valmalenco. Per effettuarla,
torniamo al rifugio Bosio: imbocchiamo il sentiero per l’alpe
Lago di Chiesa, che raggiungiamo dopo una lunga traversata sul fianco settentrionale
della Val Torreggio (Val del Turéc'). L’alpe Lago di Chiesa è posta in una splendida
conca a quota 1614, che anticamente ospitava effettivamente un lago.
Sul limite orientale dell’alpe troviamo una carrozzabile che scende
fino ad intercettare la strada Chiesa-Prìmolo (etimologicamente, terreno "primus", di prima scelta).
Meglio, però, seguire l’antica mulattiera, che troviamo
nel primo tratto della carrozzabile (se ne stacca sulla destra). Dopo
una discesa nello splendido scenario di un bosco di larici, giungiamo
ad intercettare la già citata strada Chiesa-Prìmolo, in
corrispondenza di un tornante destrorso (per chi sale). Seguendo la strada,
concludiamo la lunga discesa a Chiesa Valmalenco (m. 960).
Piana di Preda Rossa
RIFUGIO SCOTTI - RIFUGIO BOSIO-GALLI
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Rifugio Scotti-Val Terzana-Passo di Scermendone-Valle di Postalesio-Passo di Caldenno-Rifugio Bosio |
5 h |
1230 |
E |
SINTESI. Raggiunto l'ingresso alla piana di Sasso Bisolo (m. 1500), scendiamo verso destra passando fra le baite dell'alpe e proseguendo in direzione del limite opposto (rispetto a quello di ingresso, cioè verso est) dei prati. Dopo una breve macchia, il sentiero porta ad un ponte sul torrente che sta alla nostra destra. Oltrepassato il ponte, saliamo sul sentiero (rari segnavia) che con qualche tornante porta alle baite della località Corticelle (Curtiséi, m. 1546), e prosegue, salendo, alle loro spalle, in
una breve macchia, prima di piegare a sinistra, uscire all'aperto e
superare un primo valloncello, raggiungendo i prati della baita di quota
1762. Superato un secondo valloncello, entriamo per un buon tratto in
bosco di larici, prima di raggiungere il limite inferiore dei prati
immediatamente a valle dell'alpe. Da qui saliamo,
puntando la baita solitaria che sta sulla nostra verticale, fino a raggiungere,
attraversato un breve corridoio, la soglia del pianoro di Scermendone
basso, trovandoci a destra della casera (m. 2050). Procediamo diritti e troviamo sul lato destro un marcato sentiero che, dopo pochi tornanti, porta a Scermendone alto, a poca distanza dalla chiesetta di San Quirico (San Ceres, m. 2137). Dalla chiesetta di San Quirico imbocchiamo il tratturo (lo vi trova alla sua sinistra, per chi rivolga lo sguardo alla facciata della chiesetta) che si inoltra a mezza costa, verso est-nord-est, in Val Terzana, sul suo lato destro (per noi, cioè meridionale), portando all'alpe Piano di Spini (m. 2198). Qui diventa sentiero e, dpo uno strappo, varca un corridoio oltre il quale raggiunge la conca del lago di Scermendone (m. 2339). Dal lago la salita prosegue prendendo a sinistra e passando sul lato opposto della valle. Il sentiero descrive un ampio arco, passando a destra di un castello di roccia, e punta alla già ben visibile sella del passo di Scermendone (m. 2595), riconoscibile anche per le due torri guardiane, che raggiungiamo dopo un ultimo tratto verso destra.giornata, il rifugio Bosio (m. 2086), dopo aver varcato il torrente
Torreggio su un bel ponte, collocato recentemente dai cacciatori. Scendiamo ora in alta Valle del Caldenno (o di Postalesio) su ripido sentierino che dopo qualche serrato tornante piega a sinistra, tragliando un dosso erboso, poi volge a destra ed attraversa un corridoio ra grandi blocchi. Raggiungiamo così una conca con una bella pozza, presso un enorme masso erratico. Un segnavia bianco-rosso ci indica la direzione nella quale procedere. Pieghiamo a sinistra e ci portiamo al limite di un corridoio erboso, delimitato, a monte, da un dosso; qui troviamo una marcata traccia di sentiero, che sale tendendo leggermente a sinistra (su un masso c’è anche una freccia giallo-rossa). Ben presto, però, la traccia volge a destra, assumendo la definitiva direzione ovest, verso il passo. Dopo un tratto interessato da smottamento, siamo ai 2517 metri del passo di Caldenno. Su un grande masso si trova segnalata la direzione nella quale scendere al rifugio Bosio, in circa mezzora. Il sentiero procede all’inizio in direzione est, poi piega leggermente a destra e poco sotto a sinistra, assumendo l’andamento nord-est e passando, a quota 2375, da sinistra a destra di un valloncello, di cui poi segue per un buon tratto il lato orientale, piegando ancora a destra ed assumendo l’andamento est-nord-est. A quota 2225 se ne allontana e, piegando leggermente ancora a destra, raggiunge il lato occidentale di un nuovo valloncello. L’ultima parte della discesa avviene in un bel bosco di pini mughi, fino al rifugio Bosio (m. 2086). |
Clicca qui per aprire una panoramica a 360 gradi dell'alpe Scermendone presso S. Quirico
Vediamo, ora, la variante B, che comporta, innanzitutto, la salita da Sasso Bisolo ("sas besö", detta anche "San Bissolo" e, anticamente, "Sambusola"; il termine deriva da "biss", biscia, o da "sambuco") all'alpe di Scermendone basso. Seguiamo, in questo caso, per un tratto la strada asfaltata, dal rifugio Scotti fino al gruppo di baite, con la casera, che si trovano alla nostra destra. Imboccando una pista appena marcata, lasciamo ora la strada, superiamo le baite e puntiamo verso est (diagonale verso destra), in direzione del torrente, che scorre a ridosso del fianco meridionale della valle (cioè alla nostra destra). Raggiunta la sua riva, la seguiamo, sempre verso est (monte), fino a trovare un ponticello che ci permette di passare sul versante opposto, dove troviamo il sentierino che sale all'alpe di Scermendone basso, tenendosi sul versante meridionale dell'estrema propaggine della Val Terzana (alla nostra sinistra, infatti, è scavata la gola terminale che precede il punto in cui la Val Terzana confluisce nella Valle di Sasso Bisolo ("sas besö"detta anche "San Bissolo" e, anticamente, "Sambusola"; il termine deriva da "biss", biscia, o da "sambuco").
Il rifugio Scotti
Dopo qualche tornantino, il sentiero (segnalato da qualche raro segnavia
rosso-bianco-rosso) raggiunge le baite della località Corticelle (Curtiséi, m. 1546), e prosegue, salendo, alle loro spalle, in
una breve macchia, prima di piegare a sinistra, uscire all'aperto e
superare un primo valloncello, raggiungendo i prati della baita di quota
1762. Superato un secondo valloncello, entriamo per un buon tratto in
bosco di larici, prima di raggiungere il limite inferiore dei prati
immediatamente a valle dell'alpe. Teniamo presente che la traccia non
è continua, e tende a perdersi nei prati attraversati: per ritrovarlo,
immaginiamo quindi di effettuare
una diagonale che li tagli dal limite inferiore raggiunto a quello superiore.
Dai prati raggiunti saliamo, puntando la baita solitaria che sta sulla
nostra verticale, fino a raggiungere, attraversato un breve corridoio,
la soglia del pianoro di Scermendone basso (un'alpe
ancora utilizzata nel periodo estivo), dove raggiungiamo la casera,
a quota 2050 metri. Davanti ai nostri occhi si apre un suggestivo scorcio
dell'alta Val Terzana, dove è facilmente riconoscibile il passo
di Scermendone, che porta in alta Valle di Postalesio. Oltrepassata
la casera, proseguiamo per un tratto in direzione del fianco montuoso
alla nostra destra, dove troveremo un largo sentiero (quasi un tratturo)
che comincia a salire fra i macereti, con una prima diagonale verso
sinistra, ed una seconda verso destra, fino ad intercettare il sentiero
per la Val Terzana nei pressi della chiesetta di S. Quirico e del bivacco
Scermendone, all’alpe Scermendone.
Possiamo giungere fin qui anche partendo dalla Piana di Preda Rossa ("pianùn de préda rosa")
(m. 1908). In questo caso, giunti allo spiazzo che, terminata la strada
asfaltata, funge anche da parcheggio, invece di seguire le indicazioni
per il rifugio Ponti, cerchiamo, sulla destra, un ponticello che attraversa
il torrente e, valicato un valloncello, effettua una traversata che
taglia la frana scesa dal Sasso Arso e porta a Scermendone Basso (m.
2032). Qui, superato il torrente su un nuovo ponticello, puntiamo a
sud, cioè direttamente al versante del monte, dove troviamo la
già citata mulattiera che ci porta, in breve, alla chiesetta
di San Quirico.
Apri qui una panoramica sulla Val Terzana
Bene: in un modo o nell’altro abbiamo raggiunto San Quirico. Vale
la pena, se non l’abbiamo già fatto salendo da Granda,
percorrere il lungo alpeggio, di una panoramicità più
unica che rara. Il colpo d’occhio sulla Piana di Preda Rossa ("pianùn de préda rosa") e
sul Monte Disgrazia ("desgràzia"), in particolare, è di incomparabile bellezza.
La chiesetta, poi, è un piccolo ed antichissimo gioiello, non
a caso posta qui, a testimonianza non solo dell’importanza primaria
dell’alpe, ma anche della sua posizione strategica, come punto
di passaggio
dei pellegrini che, percorrendo poi proprio la val Terzana, valicando
il passo di Scermendone e quello di Caldenno, scendevano in Valmalenco.
Questa direttrice della traversata Val Masino-Valmalenco corre più
a sud di quella del Sentiero Roma, che passa dal passo di Corna Rossa,
e non sfigura nel confronto con quest’ultima; anzi, dal punto
di vista strettamente panoramico si fa sicuramente preferire. Alle spalle
della chiesetta, la Val Terzana (chiamata anche Valle di Scermendone: così, per esempio, nella carta della Val Masino curata dal conte Lurani, nel 1881-1882), che confluisce, da nord-est, nella Valle di Sasso Bisòlo, la più orientale delle valli che costituiscono la Val Masino, ci appare già in tutta la sua
apertura, fino al passo di Scermendone: uno spettacolo di grande suggestione.
Scendendo da San Quirico ad una grande vasca in cemento per la raccolta
dell’acqua, posta poco ad est del baitone, possiamo trovare, in
una nicchia, una sorgente, con una scritta non facile da leggere. Si
tratta della celebre “Acqua degli occhi”, una sorgente di
acqua che la tradizione popolare vuole terapeutica per i malanni che
toccano la vista. Per capire perché, dobbiamo però risalire
al bivacco Scermendone, dove, sulla porta, è affisso un articolo
di giornale nel quale si racconta la leggenda cui quest’acqua
è legata. Vale la pena di raccontarla anche in questa sede, perché
ci aiuta ad entrare meglio nello spirito dell’aspro scenario settentrionale
della valle, con la sua sofferta compagine di rocce dalla tonalità
rossastra.
È
la celebre leggenda di Preda Rossa e dei Corni Bruciati. Un tempo questi
non erano, come ora, desolate torri di roccia rossastra, ma bei pizzi
alle cui falde si stendevano, nelle valli Preda Rossa e Terzana, splendide
pinete e pascoli rigogliosi. Vi giunse, un giorno, un mendicante lacero
ed affamato, che si rivolse, per essere ristorato, a due pastori, l’uno
di animo buono, il secondo di animo gretto e malvagio. Quest’ultimo
lo schernì e gli disse che poteva offrirgli solo gli avanzi del
cane, mentre il primo ne ebbe pietà, lo rifocillò e gli
cedette il giaciglio per la notte. Il mattino seguente il mendicante
prese in disparte il pastore buono e gli ordinò di lasciare subito
Preda Rossa per salire a Scermendone e tornare a Buglio, senza mai voltarsi,
qualunque cosa avesse sentito alle sue spalle. Il pastore vide il suo
aspetto trasfigurarsi, divenendo luminoso e maestoso, e capì
che si trattava del Signore, per cui obbedì senza indugio. Lasciata
Preda Rossa, cominciò a sentire alle proprie spalle un gran fragore,
grida, rumore di piante e massi che rovinavano a valle, ma proseguì
il cammino, ricordandosi dell’ingiunzione del Signore. Quando,
però, ebbe raggiunto il crinale di Scermendone alto, e si accingeva
a scendere verso Buglio, non resistette, volse lo sguardo. Fece appena
in tempo a vedere uno spettacolo apocalittico, un rogo immane che divorava
i boschi, ma, ancora di più, la stessa montagna, che si sgretolava
e perdeva enormi massi, i quali precipitavano, incandescenti, a valle.
Vide solo per un istante, perché fu subito accecato da due scintille,
che lo avevano seguito. Pregò, allora, il Signore che lo perdonasse
per la disobbedienza, e questi lo esaudì, chiedendogli di battere
il piede contro il terreno e di bagnare gli occhi all’acqua della
sorgente che sarebbe da lì scaturita. Fece così, e riebbe
la vista, tornando a Buglio a raccontare i fatti tremendi di cui era
stato testimone. Da allora il fianco di sud-est della Valle di Preda
Rossa e quello
settentrionale
della Val Terzana restano come desolato monito che ricorda agli uomini
l’inesorabilità della punizione divina per la loro malvagità.
Anche i nomi parlano di una remota e terribile vicenda che ha segnato
quest’angolo di Val Masino: il Monte Disgrazia ("desgràzia"), prima, si chiamava pizzo Bello, denominazione, poi, trasferita alla meno maestosa cima
che, con i suoi 2743 metri, presidia l’angolo di sud-est della
Val Terzana.
Vale la pena di ricordare, infine, che il vicino bivacco di Scermendone
offre un punto di appoggio preziosissimo in caso di maltempo.
In cammino, ora: a noi sarà, però, concessa la libertà
di volgerci indietro, talora per ammirare ottimi scorci panoramici sulle
cime della Valle dell’Oro (dove spicca, con il suo profilo tondeggiante
e un po’ tozzo, il pizzo Ligoncio). A poche decine di metri da
San Quirico parte una pista che si addentra in Val Terzana,
tagliandone il fianco meridionale, fino alla già citata alpe
Piano di Spini (m. 2198). Alle spalle della baita di sinistra dell’alpe
comincia, poi, un sentiero (segnavia rosso-bianco-rossi), che sale per
un tratto verso sinistra, sormonta un dosso e prosegue verso nord-est,
fino ad un breve corridoio nella roccia, che ci porta qualche metro
sopra il laghetto di Scermendone (m. 2339). Si tratta
di uno specchio d’acqua non ampio, ma pur sempre considerevole,
sia per la sua bellezza, sia per il fatto che, insieme ai laghetti della valle di Spluga e ad uno specchio ancor più modesto al centro
della val Cameraccio, è ciò che resta di una presenza
di laghi alpini che, in Val Masino, dovette essere, in tempi remoti,
ben più consistente. Una sosta sulle sue rive permette di osservare
il Sasso Arso ed i Corni Bruciati: viste da qui, queste formazioni montuose
mostrano bene la ragione della loro denominazione.
Il
sentiero comincia, poi, a piegare gradualmente a sinistra: passiamo
così a monte di un pianoro, che lasciamo alla nostra destra,
superiamo qualche modesta roccetta e superiamo il torrentello della
valle, portandoci alla sua sinistra. Il passo è sempre là,
visibile quasi per l’intero percorso, e si fa, poco a poco, più
grande. In questo tratto passiamo a destra di uno sperone di roccia,
ovviamente dalla tonalità rossastra, non molto alto (m. 2621),
che però, visto da qui, fa la sua bella figura. Alle sue spalle
i Corni Bruciati, di cui però è difficile distinguere
la cima, perché, da questo angolo visuale, si mostrano assai
meno pronunciati di quanto non appaiano dalla Valle di Preda Rossa.
Lo scenario alla nostra destra è, invece, diverso: a sinistra
della tondeggiante cima di Vignone, un largo canalone, quasi interamente
occupato da sfasciumi, sale, con pendenza modesta, fino ad una depressione
sul crinale. La salita parrebbe agevole, ma la discesa sull’opposto
versante erboso, che guarda all’alpe Baric, è piuttosto
difficoltosa nel primo tratto, ripido ed esposto. A sinistra del canalone,
ecco, poi, la cima quotata 2643 metri, che una modesta sella separa
dal pizzo Bello, di cento metri più alto. Per la verità
quest’ultima cima si mostra, da qui, niente affatto bella: anzi,
il suo versante di nord-ovest è costituito da una parete verticale
di scura roccia, ben diversa dal ripido ma erboso versante opposto.
Ancora più a sinistra, una serie di guglie rocciose segna il
crinale fino al passo, sorvegliato da due torri guardiane.
Alta Val Terzana
Dai 2595 metri del passo di Scermendone ci affacciamo, alla fine, dopo un’ora e mezza circa di cammino da San Quirico, all’alta Valle di Postalesio, e vediamo subito il meno pronunciato passo gemello (quello di Caldenno), che permette di scendere al rifugio Bosio, in Val Torreggio (Val del Turéc') (Valmalenco). Oltre il crinale orientale della valle, possiamo individuare alcune cime assai distanti fra di loro: i corni di Airale, in Val Torreggio (Val del Turéc'), a sinistra, poi il lontano pizzo Varuna (o Verona), sulla testata della Valmalenco, ed ancora la cima Viola, fra Valle d’Avedo (da "avéd", cioè abete, val Grosina) e Valle Cantone di Dosdè, ed infine, sulla destra, il pizzo Scalino e la punta Painale. Volgendoci verso la Val Terzana, la dominiamo interamente, e scorgiamo il laghetto di Scermendone ed un bel tratto dell’omonima alpe, da cui siamo partiti.
Panorama dal passo di Caldenno
La discesa in alta Valle di Postalesio sfrutta un sentierino
ripido e molto marcato, che scende diritto per un tratto, piega a sinistra,
scende di nuovo diritto prima di puntare a destra, verso il pianoro
dell’alta valle, duecento metri circa più in basso rispetto
al passo. Dal passo in poi i segnavia sono bolli rossi con bordo giallo.
Nell’ultima parte della discesa, lasciamo alla nostra sinistra
una grande ganda, costituita da massi rossatri, così come rossastre
sono le cime che, sulla testata della valle, ci nascondono la vista
del Monte Disgrazia ("desgràzia"). L’incendio di Preda Rossa è giunto
fin qui? La leggenda non lo dice. C’è però un’altra
leggenda, che parla dei “cunfinàa”, cioè delle
anime che, per le loro colpe, sono state condannate a scalpellare eternamente
questi innumerevoli massi (e, se prestiamo attenzione, ne vediamo, effettivamente,
di tutte le dimensioni). Tuttavia il loro lavoro disperato inizia solo
sul far del tramonto: solo allora si possono udire i colpi sordi e sconsolati
del metallo sulla pietra.
Prima che ciò accada, portiamoci al solco del torrente e valichiamolo,
prendendo, poi, a sinistra e lasciando alla nostra destra i segnavia
che indicano il sentiero che scende in media Valle di Postalesio, all’alpe
Palù (toponimo assai diffuso, che deriva da "palude"). Il sentiero riprende quota e, dopo un traverso a sinistra,
punta a destra, in direzione del passo di Caldenno.
Dopo un ultimo traverso esposto sul fianco assai ripido dell’alta
valle, raggiungiamo anche questo secondo passo (m. 2517), dal quale
possiamo ammirare una veduta davvero suggestiva del Monte Disgrazia ("desgràzia").
Il panorama che si apre è molto interessante anche verso est,
dove si scorge l'elegante profilo del pizzo Scalino, che introduce all'inconfondibile
atmosfera della Valmalenco.
La salita è terminata: inizia ora una lunga discesa in Val Torreggio (Val del Turéc'),
inizialmente verso est e poi verso nord est.
Seguendo le segnalazioni, si raggiunge facilmente il rifugio
Bosio, posto in un incantevole pianoro al centro della valle
(m.2086), il cui sfondo è dominato dai Corni Bruciati.
La variante B (se partiamo dal rifugio Scotti) comporta un dislivello
in salita approssimativo di 1230 metri, e richiede circa 5 ore di cammino.
Apri qui una panoramica dal passo di Caldenno
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