Treza tappa: da Frasnedo al rifugio Omio
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Frasnedo
Punti di partenza
ed arrivo
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Tempo necessario
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Dislivello in
altezza
in m. |
Difficoltà
(T=turistica, E=escursionistica, EE=per
escursionisti esperti)
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Frasnedo-Corveggia-Primalpia-Passo
Primalpia-Passo del Calvo-Rifugio Omio
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8 h
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1600
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EE
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SINTESI.
Lasciamo Frasnedo, in direzione
dell’alta valle, sfruttando prima un tratturo, poi
un sentiero che, rimanendo sulla destra orografica
della valle (sinistra, per chi sale), scende ai
prati di Corveggia (m. 1221). Ad
un successivo bivio prendiamo a sinistra
(indicazioni per il rifugio Volta). Dopo aver
superato una cappelletta, usciamo ai prati di Tabiate
(m. 1253), dove, su una baita, troviamo una
targhetta azzurra con il logo “Life”.
Addentrandoci ancor più nella media valle, intorno
ai 1400 metri incontriamo un nuovo bivio, al quale
prendiamo a destra, imboccando un sentiero che
scende ad un ponte sul torrente
della valle. Sul lato opposto della valle troviamo
una fascia di prati con alcune baite. Raggiunti i
prati, dobbiamo salire verso il limite superiore,
più o meno sulla verticale rispetto al ponte, dove
parte, segnalato dal cartello giallo del Sentiero
Life posto su un masso, il sentiero segnalato che,
dopo un primo traverso verso destra, piega a
sinistra, superando alcuni torrentelli, nella
cornice di un bel bosco di larici, e raggiunge l'alpe
di Primalpia bassa, a m. 1678,
caratterizzata da un grande larice solitario al
centro del prato. Approssimativamente sopra la
verticale del larice, leggermente a sinistra, il
sentiero riparte, e, dopo un breve tratto a
destra, riprende la direttrice verso sinistra
(est), sempre nella cornice del bosco di larici.
Attraversate alcune radure, incontriamo i primi
ruderi delle baite dell’alpe di Primalpia
(etimologicamente, la prima fra le alpi, l'alpe
per eccellenza) alta. Incontriamo, quindi, un
cartello che indica la deviazione per l’alpe Nave
e l’alpe Piempo, deviazione che ignoriamo.
Superato un ultimo torrentello, eccoci, infine, al
simpatico edificio del bivacco Primalpia,
a 1980 metri. Qui intercettiamo il sentiero Walter
Bonatti, che però lasciamo alla nostra destra.
Seguendo i segnavia bianco-rossi procediamo lungo
il sentiero, abbastanza evidente, che punta ad una
baita solitaria, sul lato opposto dell’alpe, a
nord-est rispetto a noi. Oltre la baita, il
sentiero prosegue, salendo leggermente e puntando
ad un crinale che separa l’alpe dal vallone che
dovremo sfruttare per salire al passo di
Primalpia. Raggiunto il crinale erboso, in
corrispondenza di un grande ometto, scendiamo, per
un breve tratto, sul crinale medesimo, fra erbe e
qualche roccetta, fino ad un masso, sul quale il
segnavia, accompagnato dalla targhetta azzurra con
il logo “Life”, indica una svolta a destra.
Dobbiamo, ora, prestare un po’ di attenzione,
perché il sentiero, volgendo decisamente a destra,
ci porta ad una breve cengia esposta, per la quale
scendiamo al canalone che adduce al passo. Le
corde fisse ci aiutano nella breve discesa, che
sfrutta dapprima uno stretto corridoio nella
roccia, poi una traccia di sentiero esposta. Con
le dovute cautele, eccoci sul fondo del canalone,
nel quale scorre il modesto torrentello alimentato
dai laghetti superiori. Seguendo i segnavia, lo
attraversiamo e cominciamo a risalire, sul lato
sinistro (per noi) del canalone, un ampio versante
erboso disseminato di massi, ricongiungendoci con
il Sentiero Italia Lombardia nord 3. Oltre la
soglia, ci appare il laghetto di Primalpia o lago
del Manzèl (m. 2296), a monte della
quale si trova la baita al Lago (m. 2351). Qui
intercettiamo per la seconda volta il sentiero
Walter Bonatti, che però di nuovo subito ci
lascia, salendo a sinistra, per via più breve,
alla bocchetta di Spluga (se siamo in ritardo con
il ruolino di marcia ci conviene seguirlo,
risparmiando un'ora buona di cammino). Passando a
sinistra del laghetto, puntiamo alla selletta che
imtroduce ad una conca di sfasciumi la quale
ospita un secondo e più piccolo laghetto (m.
2389), con un nevaietto che rimane anche a
stagione inoltrata. Salendo sul fianco destro del
canalino terminale, guadagniamo il passo
di Primalpia (m. 2476), che si
affaccia sull'alta Valle di Spluga. Non scendiamo
diritti, ma tagliando a sinistra e seguendo un
sentierino che scende per un tratto sul fianco
della testata della valle, per poi congiungersi
con una traccia che effettua la traversata alla
bocchetta di Spluga. Qualora perdessimo il
sentierino, scendiamo per un breve tratto lungo il
Sentiero Italia: troveremo, in basso rispetto al
sentiero, sulla sinistra, un masso, sul quale è
segnalata la scritta “Cap. Volta”, affiancata da
un segnavia bianco-rosso e dalla targhetta azzurra
con il logo “Life”: è questa la direzione da
prendere (a sinistra). Il sentierino taglia il
fianco dello sperone montuoso che separa i due
valichi. Superata una breve fascia di massi,
superiamo anche un masso che segnala un bivio al
quale prendiamo a sinistra, portandoci alla bocchetta
di Spluga (m. 2522), dove, su un masso,
ritroviamo la targa gialla del Sentiero Life e
dove per la terza volta intercettiamo il sentiero
Walter Bonatti, che ora non lasceremo più. Dobbiamo, ora, stare attenti
(soprattutto nell’eventualità, non remota, di
foschia e visibilità limitata) a non seguire le
indicazioni per la capanna Volta, che ci portano
a scendere dalla bocchetta verso sinistra.
Dobbiamo, invece, rimanere a destra: raggiunta,
sul lato opposto della bocchetta, una grande
placca di granito con un segnavia
rosso-bianco-rosso sulla sinistra, affiancato
dalla targhetta azzurra con il logo “Life” sulla
destra, troviamo il punto nel quale le due vie
si separano. Dobbiamo stare attenti a non
piegare a destra, sul sentierino che si porta al
passo di Primalpia, ma procediamo in direzione
opposta (nord), senza perdere quota, bensì
cominciando a salire a ridosso (alla nostra
sinistra) delle grandi placche di granito che
scendono dalla testata nord-occidentale
dell’alta Valle di Spluga. Incontriamo alcuni
segnavia rosso-bianco-rossi, poi un grande
quadrato bianco, e, ancora, segnavia
rosso-bianco-rossi sul fianco della testata. Il
sentiero sale decisamente, snodandosi fra gli
ultimi magri pascoli, per poi raggiungere la
sterminata e caotica zona di sfasciumi che
riempie interamente l’angolo nord-occidentale
dell’alta valle. Terminano i pascoli dobbiamo
districarci fra massi di ogni dimensione,
seguendo la direzione dettata dagli abbondanti
segnavia, in direzione del passo del Calvo. Se
guardiamo davanti a noi, vedremo una larga
depressione, apparentemente accessibile, dietro
la quale occhieggiano i Corni Bruciati. Non è
quello il passo. Si trova più a sinistra, ed è
costituito da un intaglio appena distinguibile
su una più modesta depressione, riconoscibile
per la grande e liscia placca giallastra
sottostante. Alla base del passo vediamo un
grande cerchio bianco contornato di rosso che
segnala che inizia un tratto esposto e
potenzialmente pericoloso. L’ultimo tratto della
salita, infatti, sfrutta una cengia a ridosso
del fianco roccioso di destra del versante (le
corde fisse assistono questo passaggio), poi uno
stretto e ripido corridoio erboso (anche qui le
corde fisse sono di grande aiuto), ed infine
un’ultima brevissima cengia (sempre corde
fisse), che ci porta non direttamente
all’intaglio del passo, ma ad uno stretto
corridoio che lo precede. Ora vediamo
l’intaglio, alla nostra sinistra (su una placca
rocciosa sono assicurate la targa gialla del
Sentiero Life ed una scatola metallica), ma
dobbiamo prestare attenzione anche nell’ultimo
passaggino, per evitare di cadere in un
singolare buco che si spalanca, improvviso, alla
nostra sinistra, sotto un grande masso. Il primo
tratto della discesa dal passo o
bocchetta del Calvo (m. 2700) sfrutta
la lunga ed esposta cengia del Calvo,
adeguatamente attrezzata ma pur sempre da
affrontare con la debita cautela e da evitare in
presenza di neve o dopo abbondanti
precipitazioni. Poi tocchiamo un terreno più
tranquillo e si scende lungo un facile dosso, in
direzione nord-nord-est, fino ad intercettare la
traccia del sentiero che congiunge il rifugio
Omio alla bocchetta della Mardarola. Seguendola
verso sinistra dopo qualche saliscendi siamo al
rifugio Omio (m. 2100).
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Apri qui una fotomappa dell'alta
Valle dei Ratti
Eccolo,
il tappone ammazzagambe: la terza giornata del Sentiero
Life è di quelle toste, e prevede la traversata da
Frasnedo al rifugio
Omio
in Valle dell’Oro, passando per il bivacco Primalpia
(etimologicamente, la prima fra le alpi, l'alpe per
eccellenza), il passo omonimo, l’alta valle di Spluga, il passo del Calvo
e la Val Ligoncio.
Si lascia, dunque, Frasnedo, in
direzione dell’alta valle, sfruttando prima un tratturo,
poi un sentiero che, rimanendo sulla destra orografica
della valle (sinistra, per chi sale), scende ai prati di Corveggia
(m. 1221), dai quali si gode di un buon colpo d’occhio
sull’alto Lario, ed ai quali giunge anche un sentiero più
basso, che passa per Moledana (dalla voce milanese
"moeula", mola).
Media Valle dei Ratti
Addentrandoci ancor più nella valle, raggiungiamo, in breve, un bivio (anzi, trivio, considerando la direzione dalla quale veniamo: questo giustifica le tre frecce bianco-rosse in evidenza su un masso) con alcuni cartelli della Comunità Montana Val Chiavenna, che indicano sulla destra il sentiero A1, per l’alpeggio Nave (dato a 45 minuti), l’alpeggio Lavazzo (dato ad un’ora e 30 minuti) ed il passo del Culmine (dato a 2 ore e 15 minuti). I cartelli segnalano anche che il medesimo sentiero porta, in 2 ore e 25 minuti, al monte Bassetta (sul crinale fra Valle dei Ratti e Costiera dei Cech), dal quale si scende al maggengo di Foppaccia (dato a 3 ore e 25 minuti), per poi tornare, alla fine, a S. Fedele di Verceia (tempo complessivo: 4 ore e 30 minuti). Un ottimo circuito escursionistico, per chi parta da Verceia e sia ottimo camminatore.
Media Valle dei Ratti
Ma a noi, per ora, interessa l’altro sentiero, quello di
sinistra, che porta, in 3 ore, al rifugio Volta. Troviamo,
a questo bivio, anche un cartello dell’A.N.P.I., che
illustra la lunga traversata effettuata, per sfuggire
all'accerchiamento da parte delle forze nazifasciste, nel
tardo autunno del 1944
dalla 55sima brigata partigiana Fratelli Rosselli, da
Introbio, in Valsassina, alla Val Gerola
e di qui alla Costiera dei Cech, con successiva traversata
alla Valle dei Ratti ed alla Val Codera (da "cotaria" e
quindi da "cote", cioè masso) e conclusiva discesa a Bondo
(Svizzera) per la bocchetta della Teggiola. Nella seconda
giornata del Sentiero Life ed in questa terza, dunque,
ricalchiamo (in senso inverso) le orme di parte di questa
memorabile traversata (con la non lieve differenza della
buona stagione). All’alpe Primalpia (etimologicamente, la
prima fra le alpi, l'alpe per eccellenza) le direttrici si
separeranno: per salire al passo di Visogno, infatti,
bisogna salire diretti in direzione sud-est, mentre noi
proseguiremo in direzione nord-est. Ma intanto all’alpe
dobbiamo ancora arrivarci. Un cartello con la scritta
cancellata, sempre a questo bivio, sta ad indicare che la
direzione per la capanna Volta è, per ora, anche quella
per il bivacco Primalpia (etimologicamente, la prima fra
le alpi, l'alpe per eccellenza).
Di nuovo in cammino, dunque, prendendo a sinistra.
Apri qui una fotomappa della media Val dei Ratti
Dopo aver superato una cappelletta, eccoci ai prati di Tabiate
(m. 1253), dove, su una baita, troviamo una targhetta
azzurra con il logo “Life”. Addentrandosi ancor più nella
media valle, intorno ai 1400 metri incontriamo un nuovo
bivio, al quale bisogna prestare un po’ di attenzione. Dal
sentiero si stacca, sulla destra, un secondo sentiero che
scende ad un ponte sul torrente della valle. Su un masso
una freccia indica il bivio; in direzione del sentiero
principale è aggiunta la scritta, difficilmente leggibile,
“Volta”: l’indicazione va intesa nel senso che proseguendo
su questo sentiero, cioè rimanendo ancora per un lungo
tratto sul lato sinistro
(per noi) della valle, saliamo verso il rifugio Volta del
CAI di Como, posto, a 2212 metri, sul limite dell’alpe
Talamucca, nella parte centrale dell’alta valle. Un
cartello in legno chiarisce che il Sentiero Life si stacca
dal sentiero che sale verso la testata della valle e porta
al rifugio Volta.
Dobbiamo, infatti, scendere al ponte alla nostra destra,
che ci porta sul lato opposto della valle, dove troviamo
una fascia di prati con alcune baite. Un cartello che
punta in direzione del ponte ha la scritta cancellata (vi
si leggeva l’indicazione per il bivacco Primalpia.
Probabilmente in futuro le indicazioni saranno più chiare.
Intanto, raggiunti i prati, dobbiamo salire verso il
limite superiore, più o meno sulla verticale rispetto al
ponte, dove parte, segnalato dal cartello giallo del
Sentiero Life posto su un masso, il sentiero segnalato
che, dopo un primo traverso verso destra, piega a
sinistra, superando alcuni torrentelli, nella cornice di
un bel bosco di larici, e raggiunge l'alpe di Primalpia
bassa, a m. 1678, caratterizzata da un grande larice
solitario al centro del prato. Approssimativamente sopra
la verticale del larice, leggermente a sinistra, il
sentiero riparte, e, dopo un breve tratto a destra,
riprende la direttrice verso sinistra (est), sempre nella
cornice del bosco di larici.
Testata della Valle dei Ratti
Attraversate alcune radure, incontriamo i primi ruderi delle baite dell’alpe di Primalpia (etimologicamente, la prima fra le alpi, l'alpe per eccellenza) alta. Incontriamo, quindi, un cartello che indica la deviazione per l’alpe Nave e l’alpe Piempo, deviazione che ignoriamo. Superato un ultimo torrentello, eccoci, infine, al simpatico edificio del bivacco Primalpia, a 1980 metri.
Apri qui una videomappa del versante orientale
dell'alta Val dei Ratti
L’interno è accogliente: ci sono 18 brandine, disposte in
letti a castello, c’è l’acqua corrente, c’è una stufa a
gas ed un focolare, c’è la corrente generata da un
pannello fotovoltaico. C’è anche un simpatico cartello,
con una scritta che recita così: “Il pattume se si scende
a valle portarlo con sé, perché il camion non passa!
Grazie!” Qualora fossimo nella necessità di fermarci
qui, ripaghiamo la generosa iniziativa di chi ha voluto
questo prezioso punto di appoggio con il massimo rispetto
per la struttura e magari con un contributo riconoscente.
Gettato un ultimo colpo d’occhio al circo terminale
dell’alta Valle dei Ratti (il panorama è davvero superbo),
dobbiamo rimetterci in marcia per raggiungere il passo di
Primalpia. Teniamo presente che al bivacco ci raggiunge il
Sentiero Walter
Bonatti, che poi procede per la medesima meta del
Sentiero Life (rifugio Omio), seguendo una via
parzialmente diversa (non transita per il passo di
Primalpia, ma sale direttamente alla bocchetta di Spluga).
Seguendo i segnavia bianco-rossi procediamo lungo il
sentiero, abbastanza evidente, che punta ad una baita
solitaria, sul lato opposto dell’alpe, a nord-est rispetto
a noi.
In realtà la solitudine dell’alpe è apparente più che
reale: d’estate viene ancora caricata, per cui
probabilmente ci sentirà di ascoltare il rallegrante
scampanio delle mucche, e magari anche il meno rallegrante
abbaiare del cane da pastore (chissà perché questi animali
considerano gli escursionisti dei nemici mortali dei capi
di bestiame che hanno imparato a sorvegliare: nel loro
immaginario, probabilmente, costoro ritemprano le forze
divorandosi innocenti vitelli rapiti alla loro mandria).
In breve, eccoci alla baita, che ospita gli
alpeggiatori, sempre disposti a scambiare qualche parola
con questi curiosi umani itineranti, e ad offrire preziose
indicazioni. Oltre la baita, il sentiero prosegue, salendo
leggermente e puntando ad un crinale che separa l’alpe dal
vallone che dovremo sfruttare per salire al passo di
Primalpia. Raggiunto il crinale erboso, in corrispondenza
di un grande ometto, si apre, di fronte ai nostri occhi,
di nuovo, più vicino, l’ampio scenario dei pascoli
dell’alpe Talamucca. Riconosciamo anche, facilmente, il
rifugio Volta, che è l’ultimo edificio, a sinistra, nel
circo dell’alta valle. Purché la giornata di buona, o
almeno discreta. Purtroppo la Valle di Ratti, per la sua
vicinanza al lago di Como, è spesso percorsa da correnti
umide, che generano nebbie anche dense, le quali ne velano
la bellezza davvero unica. Se, quindi, potremo godere di
una giornata limpida, consideriamoci fortunati.
Scendiamo, ora, per un breve tratto sul crinale, fra erbe
e qualche roccetta, fino ad un masso, sul quale il
segnavia, accompagnato dalla targhetta azzurra con il logo
“Life”, indica una svolta a destra.
L'incrocio fra il sentiero Bonatti
ed i sentieri LIFE/Italia al lago del Marzel
Dobbiamo, ora, prestare un po’ di attenzione, perché il sentiero, volgendo decisamente a destra, ci porta ad una breve cengia esposta, per la quale scendiamo al canalone che adduce al passo. Le corde fisse ci aiutano nella breve discesa, che sfrutta dapprima uno stretto corridoio nella roccia, poi una traccia di sentiero esposta. Con le dovute cautele, eccoci sul fondo del canalone, nel quale scorre il modesto torrentello alimentato dai laghetti superiori. Seguendo i segnavia, lo attraversiamo e cominciamo a risalire, sul lato sinistro (per noi) del canalone, un ampio versante erboso disseminato di massi, ricongiungendoci con il Sentiero Italia Lombardia nord 3. Il passo sembra lì, a pochi minuti di cammino.
Il Lago del Marzèl
Ma, come spesso accade in questi casi, quel che ci sembra
un valico è in realtà solo la soglia di un gradino
superiore. La delusione della scoperta, però, dura ben
poco, perché, oltre la soglia, ci appare, piccola perla di
immenso valore, il laghetto di Primalpia o lago del Marzèl
(m. 2296), a monte della quale si trova la baita al Lago
(m. 2351). Ecco uno di quegli angoli di montagna solitaria
e silenziosa che, da soli, ripagano di ogni fatica.
Passando a sinistra del laghetto, puntiamo alla selletta
che ci sembra essere, finalmente, il passo agognato. Ed
invece, per la seconda volta, raggiunta la selletta siamo
alle soglie di un ultimo gradino, una conca di sfasciumi
che ospita un secondo e più piccolo laghetto (m. 2389),
con un nevaietto che rimane anche a stagioneinoltrata.
Il passo, questa volta, è davvero davanti a noi: qualche
ultimo sforzo e, salendo sul fianco destro del canalino
terminale, eccoci, finalmente, al passo di
Primalpia (pàs de primàlpia, m. 2476). Un
passo che regala un’emozione intensa, perché apre un
nuovo, vasto ed inaspettato orizzonte: davanti a noi, in
primo piano, l’alta Valle di Spluga, ma poi, oltre, un
ampio scorcio della piana della media Valtellina,
incorniciato, sulla sinistra, dai Corni Bruciati
(protagonisti dell’ultima giornata del Sentiero Life), sul
fondo dal gruppo dell’Adamello e, sulla destra, dalla
catena orobica, che mostra le sue più alte vette della
sezione mediana. Valeva davvero la pena di giungere,
almeno una volta nella vita, fin qui: ecco un pensiero che
non potremo trattenere. Qui, di nuovo, Sentiero Life e
Sentiero Italia Lombardia
nord 3 si separano: il secondo, infatti, effettua la lunga
discesa della Valle di Spluga, passando per i suoi
splendidi laghetti (dal passo si vedono solo quelli più
piccoli, inferiori, mentre restanascosto il più grande
lago superiore, il “läch gränt”).
Il Sentiero Life, invece, rimane in quota, effettuando una
traversata dell’alta Valle di Spluga che, passando per il
passo gemello della bocchetta di Spluga, sale al passo del
Calvo. Dobbiamo, quindi, innanzitutto portarci alla
bocchetta dello Spluga, prestando attenzione a non
imboccare il sentiero che scende sul fianco destro della
valle omonima, ma portandoci a sinistra del passo, dove un
sentierino scende per un tratto sul fianco della testata
della valle, per poi congiungersi con una traccia che
effettua la traversata alla bocchetta. Qualora perdessimo
il sentierino, scendiamo per un breve tratto lungo il
Sentiero Italia: troveremo, in basso rispetto al sentiero,
sulla sinistra, un masso, sul quale è segnalata la
triplice direttrice per Frasnedo (cioè per il passo di
Primalpia, che abbiamo appena lasciato), per la Val Masino
(Sentiero Italia) e per la capanna Volta (è la direttrice
che ci interessa, a sinistra). Nella medesima direzione,
troviamo, poi, un secondo masso, con una freccia nera, in
campo bianco, e con la scritta “Cap. Volta”, affiancata da
un segnavia bianco-rosso e dalla targhetta azzurra con il
logo “Life”: è questa la direzione da prendere (a
sinistra). Non possiamo, dunque, sbagliare.
Il versante orientale dell'alta Val dei Ratti
Il sentierino taglia il fianco dello sperone montuoso che separa i due valichi. Superata una breve fascia di massi, guadagniamo una posizione dalla quale è possibile ammirare un ampio scorcio del lago superiore di Spluga, che, purtroppo, dobbiamo lasciare qualche centinaio di metri più in basso rispetto a noi (è a 2160 metri, mentre noi stiamo oltrepassando la quota 2500), ma che, anche da qui, ci regala qualcosa del fascino profondo e selvaggio delle sue scure acque. Si tratta di un lago che merita un’attenta considerazione, anche perché è il più grande dell’intera Val Masino (valle ricchissima discenari alpini incomparabili, ma assai povera di laghi: menzionati il lago di Spluga, appunto, e quello, in Val Terzana, di Scermendone, li abbiamo praticamente menzionati tutti). Sullo sfondo, le più alte cime della catena orobica.
Oltrepassato un masso che segnala un bivio (a destra si scende alla baita Spluga, nei pressi del già citato lago, a sinistra si prosegue per la capanna Volta), al quale prendiamo a sinistra, eccoci, alla fine, alla bocchetta di Spluga o di Talamucca (bochèta dè la möca, m. 2522), dove, su un masso, ritroviamo la targa gialla del Sentiero Life. Qui ci raggiunge per la seconda volta il Sentiero Walter Bonatti, che fino al rifugio Omio coincide con il Sentiero Life. Amplissimo il panorama, non solo in direzione della media Valtellina, maanche, sul lato, opposto, in direzione della media Valle dei Ratti e dell’alto Lario. Dobbiamo, ora, stare attenti (soprattutto nell’eventualità, non remota, di foschia e visibilità limitata) a non seguire le indicazioni per la capanna Volta, che ci portano a scendere alla bocchetta verso sinistra (tali indicazioni – segnavia rosso-bianco-rossi - si giustificano in riferimento ad un percorso che, dalla bocchetta, scende in alta Valle dei Ratti e di qui al rifugio Volta).
Apri qui una fotomappa dei
sentieri LIFE e Bonatti visti dal passo o bocchetta di
Spluga o Talamucca
Dobbiamo,
invece, rimanere a destra: raggiunta, sul lato opposto
della bocchetta, una grande placca di granito con un
segnavia rosso-bianco-rosso sulla sinistra, in segnavia
bianco-rosso affiancato dalla targhetta azzurra con il
logo “Life” sulla destra, troviamo il punto nel quale le
due vie si separano.
Noi prendiamo a destra, senza però perdere quota, ma
cominciando a salire a ridosso delle grandi placche di
granito che scendono dalla testata nord-occidentale
dell’alta Valle di Spluga. Incontriamo alcuni segnavia
rosso-bianco-rossi, poi un grande quadrato bianco, e,
ancora, segnavia rosso-bianco-rossi sul fianco della
testata. Il sentiero sale decisamente, snodandosi fra gli
ultimi magri pascoli, per poi raggiungere la sterminata e
caotica zona di sfasciumi che riempie interamente l’angolo
nord-occidentale dell’alta valle.
Apri qui una fotomappa della
traversata dell'alta Valle di Spluga
Ora possiamo, guardando in basso, alla nostra destra, vedere il lago superiore di Spluga nella sua interezza. Ancora più suggestiva ci appare, sullo sfondo, la fuga di quinte delle valli orobiche (sezione centro-orientale). Terminano i pascoli e si fa meno accentuata, ma non meno faticosa, la salita: dobbiamo, infatti, ora districarci fra massi di ogni dimensione, con pazienza e cautela, seguendo la direzione dettata dagli abbondanti segnavia. La cautela è d’obbligo: siamo ormai stanchi, e la possibilità diprocurarci una storta, o peggio, anche su un terreno apparentemente non pericoloso è dietro l’angolo. Alle nostre spalle, intanto, si rende ora ben visibile, sull’angolo sud-occidentale della valle, la cima del Desenigo (m. 2845).
Apri qui una fotomappa della
Valle di Spluga
Ma dove andremo a finire? Dov’è il passo del Calvo che ci porterà alle soglie della Val Ligoncio? Se guardiamo davanti a noi, vedremo una larga depressione, apparentemente accessibile, dietro la quale occhieggiano, furbi ed un po’ impertinenti, i Corni Bruciati. Non è quello il passo. Si trova più a sinistra, ed è costituito da un intaglio appena distinguibile su una più modesta depressione, riconoscibile per la grande e liscia placca giallastra sottostante.
Apri qui una fotomappa della
traversata dell'alta Valle di Spluga
Se
poi queste indicazioni non bastassero a capire qual è la
meta, poco male: con un po’ di pazienza, seguendo i
segnavia ed alcuni grandi ometti, ci si arriverà. Dietro
la bocchetta dello Spluga appare, ad un certo punto, anche
l’inconfondibile corno del monte Legnone: ce
lo ricordiamo, ha dominato lo scenario della prima
giornata del sentiero. Alla nostra sinistra, le formazioni
gotiche e tormentate della testata nord-occidentale della
Valle di Spluga. Un’avvertenza: se, per qualunque motivo,
ci trovassimo nella necessità di scendere a valle, cioè di
scendere dalla Valle diSpluga, non scegliamo di scendere,
a vista, attraversando la fascia di sfasciumi in direzione
del lago: la fascia è, infatti, chiusa dal salto di
qualche centinaia di metri di rocce lisce, arrotondate e
ripidissime.
Dopo quasi un’ora di traversata, eccoci, infine, alla base
del passo: un grande cerchio bianco contornato di rosso ci
segnala che inizia un tratto esposto e potenzialmente
pericoloso. L’ultimo tratto della salita, infatti, sfrutta
una cengia a ridosso del fianco roccioso di destra del
versante (le corde fisse assistono questo passaggio), poi
uno stretto e ripido corridoio erboso (anche qui le corde
fisse sono di grande aiuto), ed infine un’ultima
brevissima cengia (sempre corde fisse), che ci porta non
direttamente all’intaglio del passo, ma ad uno stretto
corridoio che lo precede. Ora vediamo l’intaglio, alla
nostra sinistra (su una placca rocciosa sono assicurate la
targa gialla del Sentiero Life ed una scatola metallica),
ma dobbiamo prestare attenzione anche nell’ultimo
passaggino, per evitare di cadere in un singolare buco che
si spalanca, improvviso, alla nostra sinistra, sotto un
grande masso.
Apri qui una fotomappa del
Sentiero LIFE
Eccoci, infine, ai 2700 metri del passo del Calvo.
Se il passo di Primalpia (etimologicamente, la prima fra
le alpi, l'alpe per eccellenza) emoziona, quello del Calvo
toglie addirittura il fiato, perché spalanca, improvvisa e
sublime, di fronte a noi, l’intera compagine delle cime
del gruppo del Masino e del Monte Disgrazia ("desgràzia").
Da sinistra, l’occhio esperto riconosce, da sinistra, i
pizzi dell’Oro (m. 2695, 2703 e 2576), sulla testata
della valle omonima, la cima del Barbacan (sciöma dò
barbacàn, o Barbacane, da un termine di origine persiana
che significa "balcone", m. 2738), sulla costiera che
separa la Valle dell’Oro dalla Val Porcellizzo ("val do
porscelécc"), le cime d’Averta (dal dialettale "avert",
cioè aperto, m. 2778, 2861), il pizzo Porcellizzo (sciöma
dò porsceléc', m. 3075), la punta Torelli (m. 3137), i
pizzi Badile (m. 3308) e Cengalo (dal latino "cingulum",
da cui anche "seng" e "cengia", stretto risalto di roccia,
3367), che spiccano, per mole ed altezza, sulla testata
della Val
Porcellizzo,
i pizzi Gemelli (m. 3221 e 3259), i pizzi del Ferro
(sciöma dò fèr), occidentale (o cima della Bondasca, m.
3267), centrale (m. 3287) ed orientale (m. 3200), sulla
testata della valle omonima, la cima di Zocca (m. 3175),
la punta Allievi (m. 3123), la Cima di Castello ("castèl")
(m. 3386), la punta Rasica ("rèsga"m. 3305), le
celeberrime cime della Valle di Zocca ("val da zòca"), ed
ancora i pizzi Torrone occidentale (m. 3349), centrale (m.
3290) ed orientale (m. 3333, riconoscibile per il sottile
ago alla sua sinistra), sulla testata della valle omonima,
il Monte Sissone ("sisùn", in Val Masino, "còrgn de
sisùm", in Valmalenco; m. 3331), le cime di Chiareggio (da
"clarus", nel senso di spoglio di alberi;) m. 3203, 3107 e
3093) ed il monte Pioda (sciöma da piöda, m. 3431), sulla
testata della val
Cameraccio,
ed infine il Monte Disgrazia ("desgràzia") (m. 3678), che
signoreggia per mole ed eleganza su tutte le altre cime,
ed ancora loro, i Corni Bruciati (m. 3097 e 3114), sulla
testata della Valle
di Preda Rossa,
lo scenario conclusivo del Sentiero Life.
Apri qui una fotomappa della
discesa dal Passo del Calvo al rifugio Omio ed al Pian
del Fango
È, questo, il punto più alto ed emotivamente più forte dell’intero sentiero. Resta l’ultima discesa, in Val Ligoncio e Valle dell’Oro, che ha come meta il rifugio Omio, dove si conclude questa terza giornata. Il rifugio venne edificato nel 1937 dalla Società Escursionisti Milanesi ed intitolato alla memoria di Antonio Omio, una delle sei vittime della tragica ascensione alla punta Rasica (in Valle di Zocca) del 1935. Incendiato dalle forze nazifasciste nel 1944, perché veniva utilizzato come punto di appoggio dalle forze partigiane, venne ricostruito nel 1948 e ristrutturato nel 1970 e nel 1997.
Apri qui una panoramica del
gruppo del Masino visto dal passo del Calvo
Siamo stanchi, una certa tendenza alla rilassatezza si può
fare subdolamente strada, complice il pensiero
ingannevole: “il più è fatto!” Invece dobbiamo rimanere
concentrati ed attenti, perché il primo tratto della
discesa sfrutta la lunga ed esposta cengia del Calvo
(battuta da cacciatori, molto prima che da escursionisti),
adeguatamente attrezzata ma pur sempre da affrontare con
la debita cautela e da evitare in presenza di neve (che
purtroppo può anche in estate ricoprire le catene,
rendendo assolutamente sconsigliabile la discesa) o dopo
abbondanti precipitazioni (tanto per
fare un paragone forse familiare a diversi lettori,
assomiglia un po’ alla discesa dal passo del Barbacan sud-
est (o Barbacane, da un termine di origine persiana che
significa "balcone") in Val
Porcellizzo,
lungo il Sentiero Risari, da molti utilizzato come prima
trappa di un abbreviato Sentiero Roma).
Ma dove ci troviamo esattamente? Ora, guardando una
cartina ci accorgiamo che sul punto di incontro fra le
valli di Spluga, Ligoncio e dei Ratti è posta la cima del
Calvo (sciöma del munt Splüga), o monte Spluga (m. 2967),
che resta, nascosto, alla nostra sinistra. In realtà le
cime del Calvo sono due: la già citata è quella
occidentale, e ve n’è una seconda, orientale (m. 2873).
Ebbene, la cengia che sfrutteremo taglia, in diagonale,
proprio in fianco nord-orientale di questa seconda cima,
dalla base massiccia. Dopo questi chiarimenti geografici,
cominciamo a scendere.
La traccia di sentiero segue la lunga cengia, in gran
parte assistita da corde fisse, sempre molto utili.
Scendiamo con calma, assicurandoci alle corde fisse. Sulla
nostra destra si apre il selvaggio circo terminale della
Val Ligoncio (la sezione meridionale di quella che
genericamente viene denominata Valle dell’Oro), segnata
dai repulsivi salti delle cime che la incorniciano.
Distinguiamo anche, più a sinistra, la spaccatura della
bocchetta di Medaccio (da "meda", mucchio, quindi monte,
in forma dispregiativa), a destra della punta omonima, per
la quale si può passare dalla Val Ligoncio alla Valle
della Merdarola ("val da merdaröla"). Dopo un ultimo
canalino di terriccio scivoloso ed una brevissima
risalita, eccoci, alla fine, alla base del passo. Alla
nostra sinistra vediamo un nevaietto che rimane per
l’intera stagione (può servire come punto di riferimento per
chi voglia riconoscere la cengia del Calvo guardando dalla
Omio). Proseguiamo al discesa, un po’ faticosamente e
senza allentare l’attenzione, superando una fascia di
grandi massi. Alle nostre spalle si fa più riconoscibile
il poderoso fianco roccioso della cima del Calvo (sciöma
del munt Splüga) orientale. Alla sua destra, dopo una
curiosa sequenza di irti spuntoni, defilata, la cima del
Calvo occidentale, sulla verticale del nevaietto.
La discesa prosegue, seguendo i segnavia
rosso-bianco-rossi, fino ai primi pascoli. Dopo un masso
che presenta anche una croce rossa, attraversiamo un
torrentello che scende dal nevaietto e proseguiamo nella
discesa, in diagonale, verso sinistra. Dopo un buon tratto
di discesa, fermiamoci e volgiamo lo sguardo: le due cime
del Calvo sono ancora più riconoscibili, e si distingue
anche, sul fianco di quella orientale, la cengia che
abbiamo sfruttato scendendo dal passo del Calvo. In
direzione opposta, al centro della valle, si distingue il
rifugio
Omio.
Ed è lì che, alla fine, ci porta il sentiero, che si snoda
fra i pascoli della Val Ligoncio (val dò ligùnc'),
superando diversi torrentelli (àquè do ligùnc’, che
confluiscono, più in basso, nel fiöm do ligunc’ o fiöm da
caséna di lüsèrt) e balze. Nell’ultimo tratto il sentiero
intercetta i due rami del sentiero Dario di Paolo, che
salgono ai passi della Vedretta, per il quale si scende
nell’alta Valle dei Ratti, e Ligoncio, per il quale si
scende in valle d’Arnasca (uno dei più antichi toponimi
valtellinesi, dalla radice ligure o celtica "arn", che
significa "acqua").
Apri qui una fotomappa della
Valle dell'Oro
Al rifugio
Omio
(m. 2100) ci godiamo, alla fine, il meritato riposo, dopo
8 ore di cammino: il dislivello in altezza superato è,
infatti, ragguardevole (m. 1600 circa), come lo è lo
sviluppo (km. 18 circa).
Prima di chiudere questa relazione, vale la pena di
suggerire una possibile variante del
Sentiero Life, utile per chi disponga di soli cinque
giorni, invece dei sei necessari. Questa variante prevede
che la prima giornata sia dedicata alla salita al bivacco
Primalpia (etimologicamente, la prima fra
le alpi, l'alpe per eccellenza) da Verceia,
e la seconda alla traversata Primalpia (etimologicamente,
la prima fra le alpi, l'alpe per eccellenza)-Omio
(sfruttando l’itinerario già descritto). È necessario,
quindi, solo illustrare come effettuare la salita al
bivacco da Verceia. Una premessa, però: questa variante
non tradisce lo spirito del Sentiero Life, perché parte
pur sempre da un paese che si affaccia sul lago di
Mezzola, non lontano dal Pian di Spagna. Oltretutto, il 3
e 4 settembre 2005 la Carovana di Legambiente, percorrendo
una versione “ridotta” del sentiero in due sole giornate,
ha scelto di articolarle così: Verceia-Bivacco Primalpia
(etimologicamente, la prima fra le alpi, l'alpe per
eccellenza) e Bivacco Primalpia (etimologicamente, la
prima fra le alpi, l'alpe per eccellenza)-Rifugio Omio.
Dopo questa excusatio non petita, vediamo come procedere.
Portiamoci, con l’automobile, alla parte alta di Verceia,
sul lato sinistro, cercando le indicazioni per la Valle
dei Ratti. La strada porta alla frazione di Vico, appena
sopra il paese. Qui termina il traffico libero ed inizia una strada-pista sterrata che ha raggiunto
al momento la Motta (m. 850 circa). La pista
agro-silvo-pastorale è chiusa al traffico dei veicoli
non autorizzati, ma è possibile acquistare il permesso
di transito giornaliero nei bar Val di Ratt, Pinki,
Milky, Circolo "Al Sert"; presso gli uffici Comunali
(tel. 0343 44137; www.comune.verceia.so.it)
è possibile anche acquistare un permesso annuale. Dal
termine della pista si imbocca la storica mulattiera per
Frasnedo.
Verceia
Si tratta di una mulattiera molto bella, riposante, che taglia, a quota 900, il Tracciolino, passa appena sotto il bel nucleo di Càsten e porta, alla fine, a Frasnedo. Come proseguire da Frasnedo al bivacco Primalpia (etimologicamente, la prima fra le alpi, l'alpe per eccellenza) lo abbiamo già raccontato. Chi volesse guadagnare una quarantina di minuti può, però, scegliere questo itinerario alternativo, che rimane più basso e taglia fuori Frasnedo. Giunto al tracciolino, lo imbocca verso destra, fino alla diga di Moledana (dalla voce milanese "moeula", mola; attenzione al trenino a scartamento ridotto!). Qui attraversa il camminamento della diga posta a monte dell’impressionante ed orrida forra del torrente ed imbocca il sentiero sul lato opposto della valle. Giunto ben presto ad un trivio, segue le indicazioni per Moledana (dalla voce milanese "moeula", molasinistra), ignorando quelle per Verceia (destra) e per la Foppaccia (destra, salendo).
Strada per la Valle dei Ratti
Giunto alle poche case di Moledana,
controlla il tempo, sfruttando un simpaticissimo
termometro a corda (funziona così: corda secca = bel
tempo, corda bagnata = pioggia, corda rigida = freddo,
corda mossa = vento, corda invisibile = nebbia o bere
meno, no corda = ce l’hanno rubata). Poi, ignorando il
cartello che segnala, sulla destra, il sentiero per l’alpe
Nave, prosegue diritto, fino ad un ponte, sfruttando il
quale torna sul
lato sinistro (per chi sale) della valle, in
corrispondenza di alcune baite. Di qui prosegue nella
salita e, ignorata una deviazione a sinistra per Frasnedo
ed una deviazione a destra, raggiunge, alla fine, ai prati
di Corveggia. L’itinerario successivo è
il medesimo descritto sopra.
Questa variante comporta un dislivello in salita di circa
1400 metri, e richiede 4-5 ore di cammino. Il suo
vantaggio non è solo quello di abbreviare di un giorno il
Sentiero Life, ma anche quello di rendere decisamente meno
faticosa la seconda (terza) giornata, che si conclude al
rifugio Omio.
Chi volesse ulteriori informazioni o
aggiornamenti, può rivolgersi all’ERSAF, a Morbegno (SO),
tel. 02 67404.581, fax 02 67404.599, oppure all’Infopoint
ERSAF, tel. 02-67404451 o 02-67404580; può anche scrivere
a oscar.buratta@ersaf.lombardia.it,
oppure a life@ersaf.lombardia.it.
Risulta utile anche la consultazione del sito Internet www.lifereticnet.it/italiano/home.htm
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
BASSA VAL DEI RATTI
MEDIA VAL DEI RATTI
ALTA VAL DEI RATTI
Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere
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