Traversata da Monastero di Dubino ai Bagni di Masino per la Val dei Ratti e la Valle di Spluga
Sarebbe semplicemente
irrispettoso voler riassumere in poche righe cosa abbia
rappresentato Walter Bonatti per l'alpinismo italiano ed
internazionale. In questo panorama la sua figura
giganteggia per tempra, determinazione ed inesauribile
spirito di avventura. Per molti anni, gli ultimi venti
della sua vita, scelse come dimora, insieme alla
compagna Rossana Podestà, Dubino.
Un sentiero non
difficile, ma molto impegnativo per lo sviluppo (oltre
25 km) ed i dislivelli da affrontare, dunque dedicato
agli escursionisti con ottimo allenamento, senso
dell'orientamento ed esperienza. I segnavia bianco-rossi
guidano ottimamente l'escursionista, anche se in alcuni
punti, con visibilità scarsa, bisogna prestare molta
attenzione per non perderli. PRIMA GIORNATA: DAL MONASTERO DI DUBINO AL BIVACCO PRIMALPIA
La prima parte della lunga traversata
si sviluppa sul lungo crinale che dai 2143 metri del monte Brusada, fra
Costiera dei Cech e Valle dei Ratti, scende fino a
Dubino, sul fondovalle, passando per il passo del
Culmine (m. 1818), per i monti Bassetta (m. 1746) e
Foffricio (m. 1258), per l’alpe Piazza (m. 980), sono
posti, più in basso, anche i prati di San Giuliano (m.
760). Fra gli aspetti interessanti del trekking c'è,
Del nucleo di S.
Giuliano parla anche il vescovo di Como, di origine
morbegnese, Feliciano Ninguarda, nel resoconto della sua
visita pastorale del 1589: "A due miglia sopra il
monte vi è un'altra famiglia di coloni del predetto
monastero (sc. di Dubino). Sono venti famiglie tutte
cattoliche. La chiesa è dedicata a S. Giuliano, da cui
prende il nome la frazione, ma raramente vi si celebra
la messa". S. Giuliano, poi, è, secondo
un'antichissima tradizione, uno dei sette eremiti legati
alla leggenda dei Sette Fratelli e disseminati in
altrettanti punti della bassa Valtellina.
In questo tratto, la nostra mitica Terra di Mezzo sembra avere la connotazione assai comune della fascia di castagneti di mezza montagna di cui sono ricche Valtellina e Valchiavenna. Ma resta il fascino dell’indeterminatezza: consultando la carta, non sapremmo stabilire con sicurezza quando abbiamo lasciato la terra di Valtellina ed a quale dei due regni appartenga quel sentiero che si inerpica con tanta risolutezza nel cuore del bosco. Anche questo sentiero ha un andamento piuttosto ripido, ed attraversa un bel bosco di castagni, fino a sbucare al limite interiore dei prati di S. Giuliano, più ad ovest (a sinistra) rispetto al poggio raggiunto dal sentiero più diretto. Del panorama che si apre da qui ha già detto la Guida del C.A.I.
Ora dobbiamo salire ad intercettare da San Giuliano la carozzabile Cino-Alpe Piazza, seguendo una pista sterrata. Raggiunta la carozzabile, scendiamo di pochi metri, verso destra, fino a trovare un cartello che segnala la partenza di un sentiero che salein un bosco di castagni, intercettando in più punti la carozzabile e portando al parcheggio appena sotto il limite inferiore dell’ampia alpe Piazza, i cui prati si dispongono ad una quota compresa fra i 960 ed i 1000 metri. L’alpe offre un aspetto davvero gentile: le numerose baite, ben curate, le conferiscono un volto ancor più accogliente. Qui la nostra Terra di Mezzo dischiude al nostro sguardo il suo angolo sicuramente più ameno. Un angolo di grande valore anche panoramico: la visuale sull’alto Lario, dalla parte alta dei prati, è ampia e sorprendente. Siamo in cammino da circa due ore, il dislivello superato in altezza è approssimativamente di 720 metri.
Saliamo, ora, seguendo
un sentierino, verso destra, passando per una
cappelletta e raggiungendo le baite del limite superiore
di destra dei prati (m. 990 circa). Qui troviamo un
cartello del Sentiero Walter Bonatti, che ci manda a
sinistra, su un sentiero che percorre il limite alto
dell'alpe, passando per una fontana sulla quale è ben
visibile un grande segnavia rosso-bianco-rosso. Si
tratta del sentiero con numerazione 24 per il monte
Foffricio (segnavia rosso-bianco-rosso), che il Sentiero
Walter Bonatti segue.
Procediamo ignorando un sentierino che si stacca sulla sinistra: dopo un tratto quasi in piano, incontriamo una sorgente ed una radura; poi il sentiero, sempre molto largo, riprende a salire, piegando gradualmente a destra (nord), con una serie di quattro tornantini che ci porta sul limite di una luminosa fascia di betulle. Il sentiero piega leggermente a sinistra e, nella salita, vediamo su un tronco un segnavia rosso-bianco-rosso. Ignorati due sentierini che si staccano sulla destra, siamo ad una fascia di roccette, dove il sentiero sembra perdersi (ma i segnavia ci fanno procedere sicuri), e raggiungiamo uno splendido poggio di betulle, quotato 1109 metri (sul alcune carte questa piana viene identificata erroneamente con il monte Foffricio). Sul suo limite settentrionale ci affacciamo (con la dovuta prudenza) ad un salto sulla Val dei Ratti (e precisamente sulla minore Val di Fontana): la posizione è splendidamente panoramica, e da qui dominiamo il Lago di Novate e la bassa Valchiavenna.
Qui siamo ad un bivio:
un sentierino porta a destra, sul lato opposto del
poggio (segnavia) e procede tagliando il versante del
monte Foffricio, congiungendosi con la mulattiera che
sale alla sua cima dal lato opposto (anch'essa dal
limite alto di destra dell'alpe Piazza).
Qui troviamo altri cartelli, che indicano due varianti del Sentiero Walter Bonatti. Prendendo a sinistra e seguendo quindi il crinale fra Valtellina e Valchiavenna procediamo verso il monte Bassetta (dato ad un'ora e mezza) ed a Codogno (data a 2 ore e mezza). Procedendo diritti, invece, traversiamo ai Prati dell'O (dati a 40 minuti) ed ai Prati Nestrelli (dati ad un'ora e mezza), dai quali poi possiamo salire al monte Bassetta. Questa seconda variante è più lunga (anche se salendo direttamente dai Prati dell'O al monte Bassetta finisce per risultare equivalente alla prima). Descriviamo dunque prima la possibilità più diretta, con il sentiero che inizia da qui una lunga e splendida salita, sempre seguendo il crinale che culmine nel monte e nell’alpe Bassetta.
Cominciamo dunque a salire lungo il crinale, incontrando ben presto un secondo bivio: anche qui, seguendo i segnavia, dobbiamo prendere a sinistra, proseguendo sulla traccia meno marcata. Il crinale si restringe gradualmente, ed alla fine siamo veramente nel punto più suggestivo di quella sorta di Terra di Mezzo costituita dal crinale fra Valchiavenna e Valtellina: dopo un breve traverso a sinistra, una nuova svolta a destra ci porta proprio sul filo del crinale, un filo in molti punti esiguo, delimitato, sulla nostra destra, da una fascia di boscaglie e vegetazione disordinata, e, sulla nostra sinistra, da un versante assai ripido, coperto da ombrose pinete. Un crinale da evitare se c’è neve o ghiaccio, e da affrontare con la massima attenzione, perché uno scivolone sulla nostra sinistra potrebbe ci farebbe cadere per qualche centinaia di metri.
Le due grandi valli, Valtellina e Valchiavenna, qui paiono davvero toccarsi, separate, come sono, solo dall’esile striscia che il sentiero, sempre ben visibile, segue con diligenza. Qualche masso erratico conferisce un aspetto ancor più enigmatico a questi luoghi, che meritano davvero di essere visitati. Anche per le sorprese panoramiche che riservano: ad un certo punto, ecco, alla nostra sinistra, aprirsi uno splendido scorcio sulla piana di Chiavenna, con una visuale di impagabile bellezza sull’inconfondibileprofilo del Sasso Manduino (m. 2888), la stupenda parete rocciosa posta fra Valle dei Ratti e Val Codera. Poi, poco al di sotto di
quota 1500, il crinale comincia ad allargarsi, il bosco
a diradarsi, compare una lunga fascia di prati, che
accompagna l’ultima parte della salita alla cima del monte Bassetta (m.
1746). Ci raggiunge da sinistra il sentiero che sale
dalla Foppaccia (data a 20 minuti). Un cartello del
Sentiero Walter Bonatti dà la Bassetta a 20 minuti.
Proseguiamo quindi diritti. La pendenza del sentiero è
sempre piuttosto pronunciata, per cui qualche sosta ci
scappa: volgendo lo sguardo, scopriremo che si tratta di
una sosta quanto mai opportuna, perché il colpo d’occhio
sul lago di Como lascia davvero senza fiato.
Teniamo presente questo
luogo: appena sotto il rudere parte un sentiero che
scende fino ai Prati dell’O (m. 1226), dove si trova la
pista che riconduce all’alpe Piazza, il che ci offre una
possibilità interessante per tornare all’alpe per una
via diversa, lasciando la Terra di Mezzo per immergerci
nella terra dei Cech.
Questo è, forse, il cuore rotondo della Terra di mezzo, il suo baricentro, il suo punto archetipico. Non siamo né di qua, né di là, ma nella rotonda sospensione di un luogo arcano. Poco oltre, e poco più in basso, due grandi baite ben ristrutturate sembrano rompere l’incanto, e ricordare che questo è anche un posto di uomini, con le loro vicissitudini, necessità ed occupazioni. A monte delle baite, un singolare e grande masso erratico, sospeso, come tutto, qui, nella Terra di Mezzo. Dalle baite parte un sentiero che punta verso est-nord-est, correndo poco al di sotto del crinale, che riprende a salire, alternando radi alberi, massi e piccole radure.
Prima di raccontare il
seguito della traversata dal monte Bassetta alla Val
Codogno, raccontiamo la variante monte
Foffricio-Prati dell'O-Monte
Bassetta: è assai meno suggestiva dal punto
di vista panoramico, ma ha il vantaggio di essere
decisamente più tranquilla e qindi raccomandabile a chi
soffrisse di vertigini. Oltretutto è pressoché
equivalente in termini di tempo ed impegno.
Nel primo tratto
incontriamo i pochi pini silvestri sopravvissuti ai
catastrofici incendi che hanno sfregiato il versante nel
secolo scorso. Poi lo scenario si fa più brullo, ma non
privo di fascino. Dopo un ultimo tornante sx, la
mulattiera porta al limite inferiore di una fascia di
prati. Lì si ferma, ma con breve salita siamo ad una
pianetta con i ruderi della Prima Baita, poche decine di
metri sotto il crinale, e quindi sotto il sentiero prima
descritto. Qui il sentiero riprende verso destra,
salendo tagliando in diagonale il versante appena sotto
l'alpe Piazza e terminando al baitone dell'alpe (m.
1720), appena sotto la cima del monte Bassetta (m.
1746), dove si congiunge con il sentiero Walter Bonatti.
CARTA DEL PERCORSO DA DUBINO AL PASSO DEL CULMINE sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la mappa on-line Dobbiamo ora
raggiungere la porta, la più agevole ed importante fra
le porte che congiungono i due mondi, le due grandi
valli, il passo del Culmine (m. 1818).
Siamo al poco evidente passo del Culmine e da qui parte, segnalato, alla nostra sinistra un sentiero che taglia, quasi in piano, il versante occidentale e settentrionale del monte Brusada. Superato un cancello, usciamo all'aperto, godendo di uno straordinario panorama sulla media e bassa Val dei Ratti, su un versante battuto dalle slavine, da evitare quindi in presenza di neve. Il sentiero non è largo ed è molto esposto: il versante alla nostra sinistra è ripido e privo di alberi, per cui una disattenzione ci farebbe cadere per diverse centinaia di metri. Dopo un primo tratto verso nord, attraversiamo un largo canalone, che scende ad ovest direttamente dalla cima del monte. Si tratta della parte alta della Val Priasca, tributaria della Val dei Ratti e nota localmente per essere covo di malefiche streghe. Attraversato un secondo canalone, pieghiamo a sinistra e tagliamo il filo di un ampio dosso, per poi volgere a destra, assumendo la direzione nord-est ed est. Procedendo su un versante di macereti e bassa vegetazione, ci affacciamo così alla Val Codogno, che si apre a valle del monte Sciesa (m. 2412) e confluisce da sud nella media Val dei Ratti. A quota 1804 il sentiero confluisce in quello che sale da sinistra, e precisamente dall'alpeggio di Lavazzo (se per qualsiasi necessità dobbiamo scendere al fondovalle, possiamo sfruttarlo).
Proseguendo diritti, ci portiamo alla croce ed alla baita di Codogno (m. 1880), dove, seguendo un nuovo cartello del Sentiero Walter Bonatti, pieghiamo a destra, salendo su un versante di pascoli e pietrame fino a circa quota 1900. Qui pieghiamo ancora a sinistra (andamento nord-est), continuando a salire su un largo dosso erboso, in vista dell'evidente sella del passo della bocchetta di Val Bassa (m. 2370), nel circo terminale della valle. La solitudine regna sovrana su questi luoghi, che conservano intatto il fascino della montagna come luogo dello spirito. Senza difficoltà ci portiamo alla sella che si apre fra il già citato monte Sciesa, alla nostra destra (visto da qui è un modesto dosso di rocce brune), ed il monte Erbea (m. 2430), sul crinale roccioso alla nostra sinistra.
Dalla bocchetta ci portiamo ad un ampio canalone di pietrame e scendiamo tenendo il suo lato, su chine erbose, in direzione nord-est, fino ad affacciarci alla parte alta del bacino di Piempo, uno degli alpeggi storici della Val dei Ratti. Qualche centinaio di metri sotto di noi vediamo la Casera Nuova (m. 1870). Scendiamo per un tratto, in direzione nord, fra pietrame e radi pascoli, fino a trovare un nuovo cartello che indica il sentiero che ci fa piegare a destra (quota 2020 metri circa). Il sentiero riprende quota, su chine erbose, con andamento ripido, in direzione est, portandosi ai piedi della costiera che separa il bacino di Piempo da quello di Primalpia. Il sentierino sale verso nord e raggiunge la Forcelletta, intaglio erboso sulla costiera, a quota 2000 metri circa, per poi scendere, in direzione est (piegando cioè a destra) sul versante opposto.
Attraversiamo un terreno di sfasciumi, pieghiamo a sinistra e percorriamo un corridoio erboso che ci introduce all'ampio circo dell'alpe Primalpia. Pieghiamo nuovamente a destra, superiamo una valletta e procediamo senza difficoltà passando dal rudere di baita quotato 2007 metri e puntando al bivacco Primalpia, che distinguiamo chiaramente. Perdendo gradualmente quota in direzione nord-est siamo finalmente alla bella struttura del bivacco Primalpia (m. 1980), posto quasi al centro del luminoso versante. Eccoci, dunque, giunti all'edificio bianco-rosso del bivacco. Si tratta di una struttura in muratura, inaugurata nel 1995 dalla sezione del CAI di Novate-Mezzola-Verceia. L’interno è accogliente: ci sono 18 brandine, disposte in letti a castello, c’è l’acqua corrente, c’è una stufa a gas ed un focolare, c’è la corrente generata da un pannellofotovoltaico. C’è anche un simpatico cartello, con una scritta che recita così: “Il pattume se si scende a valle portarlo con sé, perché il camion non passa! Grazie!” Non manchiamo, dunque, di ripagare la generosa iniziativa di chi ha voluto questo prezioso punto di appoggio con il massimo rispetto per la struttura e magari con un contributo riconoscente.
CARTA
DEL PERCORSO DAL PASSO DEL CULMINE AL BIVACCO
PRIMALPIA sulla base della Swisstopo,
che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta
alcuni toponimi ed una traccia rossa continua
(carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere,
sentieri). Apri qui la mappa on-line Qui termina, di fronte allo splendido scenario della testata della Val dei Ratti, la prima giornata del sentiero Walter Bonatti, decisamente la più faticosa: il dislivello approssimativo in altezza è di 2350 metri ed il tempo di percorrenza oscilla fra le 8 e le 10 ore. Può essere,
dunque, un'idea spezzare questa tappa in due,
dedicando la prima gionata alla traversata al rifugio
Chianova alla Foppaccia (cfr. sopra) e la seconda alla
traversata Chianova-Primalpia. In questo caso la prima
giornata comporta un dislivello approssimativo di 1300
metri (diciamo 5-6 ore di percorrenza), la seconda un
dislivello approssimativo di 1570 metri (diciamo altre
5-6 ore di cammino).
SECONDA GIORNATA: DAL BIVACCO PRIMALPIA AI BAGNI DI MASINO
![]()
Questa seconda giornata
del sentiero Walter Bonatti coincide in parte con la terza giornata del
Sentiero LIfe delle Alpi Retiche (per questo
troveremo lungo parte del cammino anche il logo di
questa traversata).
Il Sentiero Life, lasciato il bivacco Primalpia, punta ad una baita solitaria, sul lato opposto dell’alpe, a nord-est rispetto a noi. In realtà la solitudine dell’alpe è apparente più che reale: d’estate viene ancora caricata, per cui probabilmente ci sentirà di ascoltare il rallegrante scampanio delle mucche, e magari anche il meno rallegrante abbaiare del cane da pastore.
In breve, eccoci alla baita, che ospita gli alpeggiatori, sempre disposti a scambiare qualche parola con questi curiosi umani itineranti, e ad offrire preziose indicazioni. Oltre la baita, il sentiero prosegue, salendo leggermente e puntando ad un crinale che separa l’alpe dal vallone che dovremo sfruttare per salire al passo di Primalpia. Raggiunto il crinale erboso, in corrispondenza di un grande ometto, si apre, di fronte ai nostri occhi, di nuovo, piùvicino, l’ampio scenario dei pascoli dell’alpe Talamucca. Riconosciamo anche, facilmente, il rifugio Volta, che è l’ultimo edificio, a sinistra, nel circo dell’alta valle. Purché la giornata dibuona, o almeno discreta. Purtroppo la Valle di Ratti, per la sua vicinanza al lago di Como, è spesso percorsa da correnti umide, che generano nebbie anche dense, le quali ne velano la bellezza davvero unica. Se, quindi, potremo godere di una giornata limpida, consideriamoci fortunati. ![]() Scendiamo, ora, per un breve tratto sul crinale, fra erbe e qualche roccetta, fino ad un masso, sul quale il segnavia, accompagnato dalla targhetta azzurra con il logo “Life”, indica una svolta a destra.
Dobbiamo, ora, prestare un po’ di attenzione, perché il sentiero, volgendo decisamente a destra, ci porta ad una breve cengia esposta, per la quale scendiamo al canalone che adduce al passo. Le corde fisse ci aiutano nella breve discesa, che sfrutta dapprima uno stretto corridoio nella roccia, poi una traccia di sentiero esposta. Con le dovute cautele, eccoci sul fondo del canalone, nel quale scorre il modesto torrentello alimentato dai laghetti superiori. Seguendo i segnavia, lo attraversiamo e cominciamo a risalire, sul lato sinistro (per noi) del canalone, un ampio versante erboso disseminato di massi, ricongiungendoci con il Sentiero Italia Lombardia nord 3. Il passo sembra lì, a pochi minuti di cammino.
Ma, come spesso accade in questi casi, quel che ci sembra un valico è in realtà solo la soglia di un gradino superiore. La delusione della scoperta, però, dura ben poco, perché, oltre la soglia, ci appare, piccola perla di immenso valore, il laghetto di Primalpia (m. 2296, localmente chiamato lago del Marzèl), a monte della quale si trova il rudere della baita al Lago (m. 2351).
Qui i due sentieri si toccano di nuovo, per lasciarsi di nuovo subito, come vedremo. Intanto osserviamo che questo è uno di quegli angoli di montagna solitaria e silenziosa che, da soli, ripagano di ogni fatica. Passando a sinistra del laghetto, puntiamo alla selletta che ci sembra essere, finalmente, il passo agognato. Ed invece, per la seconda volta, raggiunta la selletta siamo alle soglie di un ultimo gradino, una conca di sfasciumi che ospita un secondo e più piccolo laghetto (m. 2389), con un nevaietto che rimane anche a stagione inoltrata.
Il passo, questa volta, è davvero davanti a noi: qualche ultimo sforzo e, salendo sul fianco del canalino terminale, eccoci, finalmente, al passo di Primalpia (pàs de primàlpia, m. 2476). Un passo che regala un’emozione intensa, perché apre un nuovo, vasto ed inaspettato orizzonte: davanti a noi, in primo piano, l’alta Valle di Spluga, ma poi, oltre, un ampio scorcio della piana della media Valtellina, incorniciato, sulla sinistra, dai Corni Bruciati (protagonisti dell’ultima giornata del Sentiero Life), sul fondo dal gruppo dell’Adamello e, sulla destra, dalla catena orobica, che mostra le sue più alte vette della sezione mediana. Valeva davvero la pena di giungere, almeno una volta nella vita, fin qui: ecco un pensiero che non potremo trattenere. Qui, di nuovo, Sentiero Life e Sentiero Italia Lombardia nord 3 si separano: il secondo, infatti, effettua la lunga discesa della Valle di Spluga, passando per i suoi splendidi laghetti (dal passo si vedono solo quelli più piccoli, inferiori, mentre restanascosto il più grande lago superiore, il “läch gränt”). Il Sentiero Life, invece, rimane in quota, effettuando una traversata dell’alta Valle di Spluga che, passando per il passo gemello della bocchetta di Spluga, sale al passo del Calvo. Dobbiamo, quindi, innanzitutto portarci alla bocchetta dello Spluga, prestando attenzione a non imboccare il sentiero che scende sul fianco destro della valle omonima, ma portandoci a sinistra del passo, dove un sentierino scende per un tratto sul fianco della testata della valle, per poi congiungersi con una traccia che effettua la traversata alla bocchetta. Qualora perdessimo il sentierino, scendiamo per un breve tratto lungo il Sentiero Italia: troveremo, in basso rispetto al sentiero, sulla sinistra, un masso, sul quale è segnalata la triplice direttrice per Frasnedo (cioè per il passo di Primalpia (etimologicamente, la prima fra le alpi, l'alpe per eccellenza), che abbiamo appena lasciato), per la Val Masino (Sentiero Italia) e per la capanna Volta (è la direttrice che ci interessa, a sinistra). Nella medesima direzione, troviamo, poi, un secondo masso, con una freccia nera, in campo bianco, e con la scritta “Cap. Volta”, affiancata da un segnavia bianco-rosso e dalla targhetta azzurra con il logo “Life”: è questa la direzione da prendere (a sinistra). Troviamo anche l'indicazione "Omio". Non possiamo, dunque, sbagliare.
Il sentierino taglia il
fianco dello sperone montuoso che separa i due valichi.
Superata una breve fascia di massi, guadagniamo una
posizione dalla quale è possibile ammirare un ampio
scorcio del lago superiore di Spluga, che, purtroppo,
dobbiamo lasciare qualche centinaio di metri più in
basso rispetto a noi (è a 2160 metri, mentre noi stiamo
oltrepassando la quota 2500), ma che, anche da qui, ci
regala qualcosa del fascino profondo e selvaggio delle
sue scure acque. Si tratta di un lago che merita
un’attenta considerazione, anche perché è il più grande
dell’intera Val Masino (valle ricchissima di scenari
alpini incomparabili, ma assai povera di laghi:
menzionati il lago di Spluga, appunto, e quello, in Val Terzana, di
Scermendone, li abbiamo praticamente menzionati tutti).
Sullo sfondo, le più alte cime della catena orobica.
Raccontiamo ora come giunge sin qui il Sentiero Walter Bonatti, con un tracciato più breve e, soprattutto in presenza di neve, più sicuro. Torniamo al bivacco Primalpia. Nel primo tratto il sentiero Bonatti coincide con la traccia che sale in direzione est-nord-est, verso il bivacco Bottani-Cornaggia sulla parte alta della Costiera dei Cech (la traversata sfrutta il passo alto di Visogno). A quota 2100 metri circa, però, i due sentieri si separano: mentre quello per il bivacco prosegue a destra, il sentiero Bonatti piega decisamente a sinistra (nord e nord-nord-ovest).
Seguendo i segnavia superiamo un terrazzo erboso ed alcuni avvallamenti e puntando alla parte superiore dei pascoli, a ridosso delle prime formazioni rocciose. Qui, seguendo l'indicazione di una freccia, pieghiamo a sinistra ed in breve imbocchiamo una cengia un po' esposta, che taglia il lato destro di un canalone e ci porta al limite occidentale del lago di Primalpia o del Marzèl (m. 2296). Qui i cartelli segnalano un trivio: a sinistra si scende verso il centro della valle per poi risalire al rifugio Volta, a destra (Sentiero LIFE e Sentiero Italia) si sale al passo di Primalpia passando per un laghetto più piccoli, proseguendo diritti si sale lungo una ripida china fra strisce di pascolo. Procediamo diritti (anche se potremmo anche salire a destra e dal passo di Primalpia tagliare a sinistra per la bocchetta di Spluga), seguendo la traccia di sentiero ed i segnavia che fra strisce di pascolo si districano fra i roccioni, fino ad approdare all'ampio ripiano che introduce alla bocchetta di Spluga o bocchetta di Talamucca ( quest'ultima è forse la denominazione più corretta, visto che localmente era chiamata bochèta dè la möca, m. 2522), dove incrociamo il sentiero per il rifugio Volta (che scende verso sinistra) e dove sentiero Bonatti e Sentiero Life si ritrovano per la seconda volta, per non lasciarsi più.
Dal pianoro della
bocchetta il panorama è molto ampio e suggestivo, non
solo in direzione della media Valtellina, ma anche, sul
lato, opposto, in direzione della Valle dei Ratti e
dell’alto Lario. In particolare, possiamo da qui vedere
la traversata alta dalla Bocchetta di Val Bassa al
bivacco Primalpia.
Non seguiamo il sentierino che volge bruscamente a destra e che si porta al passo di Primalpia, ma procediamo in direzione opposta (nord), senza perdere quota, ma cominciando a salire a ridosso delle grandi placche di granito che scendono, alla nostra sinistra, dalla testata nord-occidentale dell’alta Valle di Spluga. Incontriamo alcuni segnavia rosso-bianco-rossi, poi un grande quadrato bianco, e, ancora, segnavia rosso-bianco-rossi sul fianco della testata. Il sentiero sale decisamente, snodandosi fra gli ultimi magri pascoli, per poi raggiungere la sterminata e caotica zona di sfasciumi che riempie interamente l’angolo nord-occidentale dell’alta valle. Ora possiamo, guardando in basso, alla nostra destra, vedere il lago superiore di Spluga nella sua interezza. Ancora più suggestiva ci appare, sullo sfondo, la fuga di quinte delle valli orobiche (sezione centro-orientale).
Terminano i pascoli e si fa meno accentuata, ma non meno faticosa, la salita: dobbiamo, infatti, ora districarci fra massi di ogni dimensione, con pazienza e cautela, seguendo la direzione dettata dagli abbondanti segnavia. La cautela è d’obbligo: siamo ormai stanchi, e la possibilità diprocurarci una storta, o peggio, anche su un terreno apparentemente non pericoloso è dietro l’angolo. Alle nostre spalle, intanto, si rende ora ben visibile, sull’angolo sud-occidentale della valle, la cima del Desenigo (m. 2845).
Ma dove andremo a
finire? Dov’è il passo del Calvo che ci porterà alle
soglie della Val Ligoncio? Se guardiamo davanti a noi,
vedremo una larga depressione, apparentemente
accessibile, dietro la quale occhieggiano, furbi ed un
po’ impertinenti, i Corni Bruciati. Non è quello il
passo. Si trova più a sinistra, ed è costituito da un
intaglio appena distinguibile su una più modesta
depressione, riconoscibile
CARTA
DEL PERCORSO DAL BIVACCO PRIMALPIA AL PASSO DEL
CALVO sulla base della Swisstopo, che ne
detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni
toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili,
piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Eccoci, infine, ai 2700
metri del passo del Calvo. Se il passo
di Primalpia (etimologicamente, la prima fra le alpi,
l'alpe per eccellenza) emoziona, quello del Calvo toglie
addirittura il fiato, perché spalanca, improvvisa e
sublime, di fronte a noi, l’intera compagine delle cime
del gruppo del Masino e del Monte Disgrazia
("desgràzia"). Da sinistra, l’occhio esperto riconosce,
da sinistra, i pizzi dell’Oro (m. 2695, 2703 e 2576),
sulla testata della valle omonima, la cima del Barbacan
(sciöma dò barbacàn, o Barbacane, da un termine di
origine persiana che significa "balcone", m. 2738),
sulla costiera che separa
È,
questo, il punto più alto ed emotivamente più forte
dell’intero sentiero Bonatti. Resta l’ultima discesa, in
Val Ligoncio e Valle dell’Oro, che ha come meta il rifugio
Omio, dove si conclude questa terza giornata. Il
rifugio venne edificato nel 1937 dalla Società
Escursionisti Milanesi Scendiamo con calma, assicurandoci alle corde fisse. Sulla nostra destra si apre il selvaggio circo terminale della Val Ligoncio (la sezione meridionale di quella che genericamente viene denominata Valle dell’Oro), segnata dai repulsivi salti delle cime che la incorniciano. Distinguiamo anche, più a sinistra, la spaccatura della bocchetta di Medaccio (da "meda", mucchio, quindi monte, in forma dispregiativa), a destra della punta omonima, per la quale si può passare dalla Val Ligoncio alla Valle della Merdarola ("val da merdaröla").
Dopo un ultimo canalino
di terriccio scivoloso ed una brevissima risalita,
eccoci, alla fine, alla base del passo. Alla nostra
sinistra vediamo un nevaietto che rimane per l’intera
stagione (può servire come punto di riferimento per chi
voglia riconoscere la cengia del Calvo guardando dalla
Omio). Proseguiamo al discesa, un po’ faticosamente e
senza allentare l’attenzione, superando una fascia di
grandi massi. Alle nostre spalle si fa più riconoscibile
il poderoso fianco roccioso della cima del Calvo (sciöma
del munt Splüga) orientale. Alla sua destra, dopo una
curiosa sequenza di irti spuntoni, defilata, la cima del
Calvo occidentale, sulla verticale del nevaietto.
Questa seconda giornata comporta circa 7 ore di cammino, mentre il dislivello approssimativo in salita è di 750 metri (1570 metri circa, invece, il dislivello in discesa).
CARTA DEL PERCORSO DAL PASSO DEL CALVO AL RIFUGIO OMIO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la mappa on-line CARTE DEL PERCORSO SULLA BASE DI GOOGLE EARTH (FAIR USE)
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