A piedi o in mountain-bike al monte di Albosaggia, splendido belvedere sul gruppo del Bernina
Su YouTube: Meriggio (pizzo)
Panorama dall'alpe Meriggio (clicca qui per aprire)
DAI CAMPELLI AL PIZZO MERIGGIO
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Campelli-Pizzo Meriggio |
3 h |
1060 |
E |
SINTESI. Stacchiamoci dalla tangenziale
di Sondrio all'altezza dello svincolo per la via Vanoni (l'unico sulla destra per chi proviene da Milano) e, raggiunta
la via, dirigiamoci verso la località Porto di Albosaggia (alla rotonda, a destra per chi proviene da Milano), attraversando
su un largo ponte il fiume Adda. Invece di proseguire sulla Pedemontana
Orobica, deviamo a sinistra, per il centro di Albosaggia, e ad un bivio prendiamo a destra, ignorando le indicazioni per la Moia. Oltrepassato il poderoso muraglione che sorregge la chiesa parrocchiale di S. Caterina, ci portiamo al centro, dove si trova la piazza del Municipio. Senza salire alla piazza, proseguiamo, fino a trovare, subito dopo, l'indicazione per i Campelli (sulla sinistra). La strada sale con andamento e tornanti regolari fino ai Campelli (m. 1296), dove parcheggiamo. Dai Campelli di Sotto ci portiamo ai Campelli di Sopra (m. 1440) e ci mettiamo in cammino sulla pista sterrata che sale all'alpe Meriggio (sbarra), oppure sul sentiero che sale per più via diretta, verso sud-est e sud, tagliandola in diversi punti (troviamo la sua partenza nella parte alta dei prati che un tempo venivano usati come pista di sci). Per l'una o per l'altra via giungiamo ad una porta intorno a quota 2000,
un punto, riconoscibile per un cartello di divieto di caccia, nel quale
la strada passa fra il versante montuoso a sud ed un piccolo dosso a
nord, cominciando a scendere leggermente in direzione sud-ovest. Proseguiamo scendendo ed entrando nell'ampio catino dell'alpe Meriggio. Dopo il primo tratto in leggera discesa e qualche saliscendi, la pista porta ad una vasca in cemento per la raccolta dell'acqua, presso la quale da essa si stacca, sulla sinistra, una pista secondaria, che porta ad una baita sulla cui porta un cartello reca scritto Alpe Tromba. Alle sue spalle parte un sentiero, che volge leggermente sinistra ed attraversa una breve macchia di larici, sbucando alla fascia di prati che si stende proprio sotto la sella ad est del pizzo Meriggio, alla quale saliamo facilmente (m. 2131; in basso, alla nostra sinistra, vediamo la baita Meriggio; fin qui l'itinerario è anche un ottimo percorso di mountain-bike). Prendiamo a destra e saliamo sul sentiero del crinale che punta alla grande croce di vetta, verso sud-ovest; in breve siamo in cima al pizzo Meriggo (m. 2358). |
Clicca qui per aprire una panoramica a 360 gradi dalla cima del pizzo Meriggio
La salita al pizzo Meriggio è senz'altro
un itinerario classico fra i classici
dal momento che il pizzo è una delle mete preferite di
chi ama raggiungere, con una camminata di impegno medio, un
punto di osservazione di eccezionale valore panoramico, sia sul versante
retico che su quello orobico.
Il punto di partenza, non lontano da Sondrio, è l'alpeggio
di Campelli, sopra Albosaggia (il termine viene spesso ricondotto all’etico “alpes agia”, cioè “alpe sacra”; probabilmente, però, deriva da una gens romana, l’Albutia). Stacchiamoci, dunque, dalla tangenziale
di Sondrio all'altezza dello svincolo per la via Vanoni e, raggiunta
la via, dirigiamoci verso la località Porto di Albosaggia, attraversando
su un largo ponte il fiume Adda. Invece di proseguire sulla Pedemontana
Orobica, deviamo a sinistra, per il centro di Albosaggia, e ad un bivio prendiamo a destra, ignorando le indicazioni per la Moia. Oltrepassato il poderoso muraglione che sorregge la chiesa parrocchiale di S. Caterina, ci portiamo al centro, dove si trova la piazza del Municipio. Senza salire alla piazza, proseguiamo, fino a trovare, subito dopo, l'indicazione per i Campelli (sulla sinistra). La strada per Campelli, larga ed in buone condizioni, sale, con andamento regolare e con una carreggiata larga e comoda, fino
ai 1296 metri dell'alpeggio, a 10 km dal centro, dove si trova anche un impianto di risalita dismesso.
Prima di incamminarci, soffermiamoci per pochi istanti ad ascoltare una storia di orsi, che ci riporta agli scenari dell’alpeggio sul finire dell’ottocento. Ce la racconta Bruno Galli Valerio, alpinista e naturalista che molto amò queste montagne: “Ed io, io continuai e li condussi sull'alpe dei Campelli, verso un'altro grande rifugio di orsi. Una sera, il Domenico aveva udito una delle sue capre gridare disperatamente. Si sentì trafiggere il cuore e non poté più rimanere nella baita. Prese una scure e andò a vedere. Un orso aveva buttato per terra una capra e la stava divorando. Il Domenico afferrò una gamba della capra e tentò di strapparla all'orso. L'orso teneva ben saldo e l'altro continuava a tirare. Al fine Martino trovò la farsa un po' troppo lunga: con un colpo di zampa, fece rotolare per terra il Domenico, la schiena squarciata, e se ne andò colla sua capra. Il Domenico porta ancora il segno della carezza dell'orso, ma da buon filosofo, dice: - Se avesse voluto, avrebbe potuto mangiarmi come ha mangiato la mia capra -. E poiché Martino non lo fece, il Domenico ha conservato un ottimo ricordo degli orsi.” (Bruno Galli Valerio, “Punte e passi”, a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998). Che i boschi a monte di Albosaggia fossero praticati spesso e volentieri da orsi è testimoniato da varie notizie; pare, fra l'altro, che ai primi del Novecento l'albergo Saffratti a S. Salvatore (ora rifugio) proponesse, fra le portate di maggior pregio, il ricercato prosciutto d'orso.
Ma lasciamo gli orsi alla loro lontanaza storica (anche se, in realtè, da qualche anno sono tornati a lasciare le loro impronte in Valtellina), e torniamo al racconto dell'escursione. Parcheggiata l'automobile, proseguiamo, dunque, a piedi fino a trovare la partenza della lunga pista che sale all'alpe Meriggio (una sbarra impedisce l'accesso ai veicoli non autorizzati).
A questo punto possiamo
scegliere fra il più riposante, ma più lungo itinerario che segue il
tracciato della strada e la più rapida ed anche ripida soluzione della
mulattiera che sale nel bellissimo bosco di larici, tagliando più volte
la carrozzabile.
In entrambi i casi raggiungeremo, intorno a quota 2000,
un punto, riconoscibile per un cartello di divieto di caccia, nel quale
la strada passa fra il versante montuoso a sud ed un piccolo dosso a
nord, cominciando a scendere leggermente.
Campelli
Se la seguiamo, raggiungeremo l'alpe Meriggio, che stende all'ombra dell'omonimo pizzo, e da qui potremo salire, seguendo una pista che si stacca verso sinistra dalla carrozzabile alla baita dell'alpe, salire, in direzione sud-est, all'evidente sella che separa il pizzo Meriggio (m. 2358), a destra, dalla punta della Piada (m. 2122), a sinistra. Alle medesima sella giungiamo anche proseguendo sulla mulattiera, che aggira la punta della Piada sul fianco orientale, con un tratto nel bosco, per uscire all'aperto in prossimità della sella medesima.
Apri qui una panoramica dall'alpe Tromba
Una terza possibilità, intermedia, è questa: percorriamo la pista che, dopo il primo tratto in leggera discesa e qualche saliscendi, porta ad una vasca in cemento per la raccolta dell'acqua, presso la quale da essa si stacca, sulla sinistra, una pista secondaria, che porta ad una baita sulla cui porta un cartello reca scritto "Alpe Tromba". Alle sue spalle parte un sentiero, che volge leggermente sinistra ed attraversa una breve macchia di larici, sbucando alla fascia di prati che si stende proprio sotto la sella ad est del pizzo Meriggio, alla quale saliamo poi facilmente.
Sentiero per l'alpe Meriggio
Poco sotto la sella, sul versante opposto, si può vedere la bella baita Meriggio. Annotiamo che fino a qui è possibile salire in mountain-bike (seguendo sempre la pista principale), per chiudere poi la giornata con la salita al pizzo che corona uno splendido percorso misto bike-cammino.
Apri qui una panoramica dall'alpe Meriggio
Volgiamo, ora, a destra, seguendo una traccia di sentiero che corre sul largo crinale. È, questo,
un tratto estremamente panoramico, in quanto ci permette di dominare
il grande complesso orobico delle valli di Scais e Venina, con i due
ben visibili bacini idroelettrici. Dopo un primo strappo, segue un tratto quasi pianeggiante, che adduce ai piedi del cocuzzolo erboso sul quale è posta, a 2358 metri, la grande croce del pizzo Meriggio, con una targa datata 2000 - Anno Santo e Giubileo della Montagna, collocata dall'Agesci Scout e dal CAI di Sondrio.
Dopo circa tre ore o poco più dalla partenza raggiungiamo la grande croce della
vetta.
Di prim’ordine il panorama. Da sinistra (nord-ovest) si intravedono le cime della Costiera dei Cech, in rapida infilata, seguite dal gruppo del Masino-Disgrazia, che propone la cima del Desenigo (m. 2845), alla cui destra si aprono i passi gemelli di Primalpia (pàs de primalpia, m. 2477) e della bocchetta di Spluga o di Talamucca (bochèta de la möca, m. 2532), che congiungono l’alta Valle di Spluga alla Valle dei Ratti. Procedendo verso destra, notiamo, poi, l’affilata cima del monte Spluga o Cima del Calvo (m. 2967), posto all’incontro di Valle di Spluga, Val Ligoncio e Valle dei Ratti.
Bocchetta del Meriggio
I più modesti pizzi Ratti (m. 2919) e della Vedretta (m. 2909) preparano l’arrotondata cima del pizzo Ligoncio (Ligunc’, m. 3038), che si innalza sopra una larga base di granito, nel catino glaciale che si apre sopra i Bagni di Masino (Val Ligoncio e Valle dell’Oro). Alla sua destra, la punta della Sfinge (m. 2802) precede la larga depressione sul cui è posto il passo Ligoncio (m. 2575), fra la valle omonima e la Valle d’Arnasca (Val Codera). A nord del passo si distinguono i modesti pizzi dell’Oro (meridionale, m. 2695, centrale, m. 2703 e settentrionale, m. 2576), seguiti dall’affilata punta Milano (m. 2610), che precede di poco la costiera del Barbacan, fra Valle dell’Oro e Val Porcellizzo, la quale culmina nella cima del Barbacan (m. 2738). Proseguendo verso nord, la testata della Val Porcellizzo propone le poco pronunciate cime d’Averta (meridionale, m. 2733, centrale, m. 2861 e settentrionale, m. 2947), alla cui destra si eleva il più massiccio pizzo Porcellizzo (il pèz, m. 3075), seguito dal passo Porcellizzo (m. 2950), che congiunge la valle omonima all’alta Val Codera. Ecco, poi, le più celebri cime della Val Porcellizzo: la punta Torelli (m. 3137) e la punta S. Anna (m. 3171) precedono il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195). Segue il secondo signore della valle, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367). Chiudono la testata i puntuti pizzi Gemelli (m. 3259 e 3221), il passo di Bondo (m. 3169), che dà sulla Val Bondasca, in territorio svizzero, ed il pizzo del Ferro occidentale o cima della Bondasca (m. 3267). Procedendo verso est, ecco il pizzo del Ferro centrale (m. 3287), il torrione del Ferro (m. 3070) ed il pizzo del Ferro orientale (m. 3200), che costituiscono la testata della Valle del Ferro (laterale della Val di Mello) e sono chiamati nel dialetto di Val Masino “sciöme do fèr”. Alla loro destra la poderosa cima di Zocca (m. 3175), sulla testata della valle omonima. Le altre cime della Valle di Zocca sono nascoste dai due Corni Bruciati (punta settentrionale, m. 3097, e punta centrale, m. 3114), dall’inconfondibile tonalità rossastra. Alla loro destra sbuca appena l’affilata ed esile cima del pizzo Torrone orientale (turùn orientale, m. 3333), seguita dalla cime più elegante, che spicca per la solitaria imponenza e per il profilo che, visto da qui, è singolarmente slanciato, il monte Disgrazia (m. 3678).
Procedendo in senso orario, distinguiamo la punta affilata del pizzo Ventina e, sul fondo, il monte del Forno. Dopo la triade dei pizzi Tremoggie, Malenco ed Entova, ecco la parata delle cime della testata della Valmalenco: si individuano, da sinistra (ovest) il pizzo Glüschaint (m. 3594), le gobbe gemelle della Sella (m. 3584 e 3564) e la punta di Sella (m. 3511), il pizzo Roseg (m. 3936), il pizzo Scerscen (m. 3971) il pizzo Bernina (m. 4049), la Cresta Güzza (m. 3869), i pizzi Argient (m. 3945) e pizzo Zupò (m. 3995), la triplice innevata cima del pizzo Palù (m. 3823, 3906 e 3882), a monte del ramo orientale della vedretta di Fellaria e, a chiudere la splendida carrellata, il più modesto pizzo Varuna (m. 3453). La serie delle cime malenche è chiusa dal pizzo Scalino (m. 3323), che occhieggia alle spalle della corna Mara. Più a destra, alle spalle del versante orientale della Val Fontana, si intravede la cima Viola. Ad est-nord-est, sul fondo, si scorge appena il gruppo Ortles-Gran Zebrù-Cevedale. Alla sua destra, ad est, il gruppo del Cevedale. Poi, in primo piano, si impongono le cime della sezione centrale delle Orobie, nella valle di Scais. Il pizzo di Rodes (m. 2829), dalle forme eleganti e regolari, seguito dal pizzo degli Uomini (m. 2788) e dal pizzo di Scotes (m. 2879). Sul crinale orobico vediamo due dei tre “Tremila” della catena orobica, la punta di Scais (m. 3038) ed il pizzo Redorta (m. 3038), che sorvegliano, dall’alto, l’invaso artificiale di Scais. Seguono il pizzo Brunone (m. 2724), la cima Soliva (m. 2710) ed il pizzo di Gro (m. 2663). In primo piano, a sud, l’elegante piramide arrotondata del pizzo del Diavolo di Tenda (m. 2926). Ancora più a destra si apre la gentile conca della Val Venina, al cui ingresso si trova l’omonima diga. Purtroppo il versante occidentale della Valle del Livrio chiude il panorama occidentale.
La discesa, oltre che per la via di salita, può avvenire per via diverse. Dalla cima del pizzo, infatti, si può scendere seguendo il ripido sentierino che perde rapidamente quota sul suo 'erboso crinale settentrionale, in direzione nord-nord-ovest. Quando il crinale si fa più stretto e dirupato, il sentierino si apporggia al suo fianco sinistro (occidentale), che taglia fino a scendere al passo di Portorella (m. 2127), piccola porta fra il pizzo Meriggio, a sud, e la punta Portorella a nord (m. 2150). Dal passo scendiamo verso destra (est), seguendo il sentiero che si porta al limite occidentale dell'alpe Meriggio e si congiunge con la pista sterrata. Passiamo quindi per la baita Meriggio (m. 2107) e seguendo la pista principale ci ricongiungiamo con l'itinerario seguito nella salita.
Se
però disponiamo di due automobili, oppure se programmiamo un pernottamento
al rifugio Saffratti, dal passo di Portorella possiamo scendere sul versante opposto, cioè verso ovest, raggiungendo
l'incantevole conca dei laghi delle Zocche (m. 2061). Qui intercettiamo la pista sterrata che prosegue
in direzione sud-ovest, e conduce alla conca sul cui limite inferiore
è adagiato il lago della Casera (m. 1920). Se vogliamo abbreviare l'itinerario,
possiamo scendere al laghetto e trovare facilmente, nei pressi della
sua riva settentrionale, un sentierino che scende in un largo vallone,
si addentra in un bel bosco di larici e conduce al limite settentrionale
dell'alpeggio. Se invece preferiamo continuare a seguire la strada,
che ci impone qualche saliscendi, giungeremo all'alpeggio di Camp Cervè
(m. 1954), dal quale poi cominceremo a scendere, con diversi tornanti,
alla volta di san Salvatore.
Qui possiamo scendere,
seguendo una pista carozzabile che si presenta assai ripido nel primo tratto,
per poi allargarsi a strada asfaltata e farsi più dolce nel prosieguo. Dopo lunga discesa, sempre su strada carrozzabile, torniamo al centro di Albosaggia.
Il pizzo meriggio si specchia nel lago delle Zocche
Vale la pena di ricordare, infine, che gli itinerari proposti
sono ottimi anche per gli amanti dell'alpin-bike, a condizione, ovviamente,
che si segua sempre (tranne che nell'ultimo tratto di salita al pizzo)
il tracciato della pista e si sia ben allenati (la salita, infatti, ha un andamento piuttosto irregolare e propone diversi tratti in forte pendenza). In particolare, seguendo la pista sterrata che congiunge tutti gli alpeggi a monte di Albosaggia, si può descrivere un bellissimo anello, che potremmo chiamare Meriggio-bike. Eccone la descrizione.
Procedendo sulla pedemontana orobica Fusine-Cedrasco-Caiolo-Albosaggia, raggiungiamo la località Porto di Albosaggia e la rotonda che precede il ponte sull'Adda. Qui non andiamo a sinistra, verso Sondrio, ma procediamo diritti e, al primo bivio, ignorando le indicazioni per la Moia prendiamo a destra, salendo verso il centro di Albosaggia. Oltrepassato il poderoso muraglione che sorregge la chiesa parrocchiale di S. Caterina, ci portiamo al centro, dove si trova la piazza del Municipio. Senza salire alla piazza, proseguiamo, fino a trovare, subito dopo, l'indicazione per i Campelli (sulla sinistra). La strada per Campelli, larga ed in buone condizioni, sale, con andamento regolare e con una carreggiata larga e comoda, fino
ai 1296 metri dell'alpeggio, a 10 km dal centro, dove si trova anche un impianto di risalita dismesso.
Il lago delle Zocche
Qui saliamo alla parte alta del maggengo, dove parte la pista sterrata degli alpeggi, che ora seguiamo interamente, senza deviazioni. Dalla porta di quota 2000 la pista entra nel bacino dell'alpe Meriggio, e lo taglia interamente, procedendo in direzione sud-ovest e passando sotto la baita Meriggio (m. 2107).
Il rifugio Baita Lago della Casera
Taglia poi il dosso che scende a nord della punta Portorella, affacciandosi al bacino delle valli della Chiesa e della Casera e procedendo verso sud-sud-est. Passiamo così appena sotto il rifugio Baita Lago della Casera (m. 1966), ed a monte del lago della Casera (m. 1920). Poi la pista volge a destra, assume per un tratto la direzione nord-ovest e pega di nuovo a sinistra tagliando il dosso boscoso del lungo crinale che scende verso nord dal pizzo Campaggio. Procedendo verso sud la pista scende alle baite dell'alpe di Camp Cervè (m. 1930), e di qui, con diversi tornanti, perde rapidamente quota scendendo verso nord allo splendido nucleo di San Salvatore (m. 1311), antichissima porta di accesso alla Valle del Livrio.
Poco sotto la chiesetta parte, verso nord, una ripida stradella in cemento (nel primo tratto la pendenza è davvero marcata) che più in basso diventa strada asfaltata e che, toccando i nuclei di Cantone (m. 990), Ca' dei Pesc' m. 893) e Sant'Antonio (m. 775). La strada, ora più larga, prosegue nella discesa verso nord-est, fino al bivio alle Foppe (m. 679), dove stiamo sulla destra, procedendo ancora verso nord-est. Dopo un ultimo tratto nel quale la strada si fa più stretta, raggiungiamo il centro di Albosaggia, presso la caratteristica Casa Paribelli. Prendendo a destra passiamo sotto il municipio e proseguiamo nella discesa che si conclude al Porto di Albosaggia.
BRUNO GALLI VALERIO AL PIZZO MERIGGIO
È interessante leggere, infine, la relazione dell’escursione al Meriggio effettuata il 2 agosto 1888 dal già citato Bruno Galli Valerio: “Cominciammo a salire il Meriggio con una grandine sottile e rada, col cupo mormorio del tuono ancora in lontananza. Mano mano si saliva, il cielo andava facendosi più oscuro; la grandine si faceva più fitta; il vento cominciava a soffiare, il tuono si rendeva più distinto, si avvicinava. Toccammo la cima e l'uragano si scatenò. Colpi fragorosi di tuono, che morivano in un sordo brontolio, si udivano verso la valle del Livrio; dalle valli d'Agneda, d'Ambria e di Venina usciva ululando il vento, si confondeva in un vortice che s'innalzava verso il Meriggio portando violentemente una grandine fittissima che copriva di uno strato bianco tutta la cima. Ogni albero dei boschi vicini mandava la sua voce: Quale acuta, stridula; quale cupa, lamentevole, e tutte quelle voci si univano col mugghiare del tuono in un lungo ululato. Laggiù in fondo alla valle Venina, il vento furioso giuocava nelle acque del lago e sollevava cavalloni che si inseguivano, si superavano, si ammonticchiavano verso la cascata, troppo stretta per loro, per cui erano costretti a rovesciarsi sui lati. Più in su, lungo i fianchi del monte, una lunga fila di vacche pascolava tranquillamente sotto l'infuriare del vento e della grandine, mentre i pastori, immobili nei loro lunghi mantelli verdi, appoggiati sui loro robusti bastoni, volgevano all'intorno lo sguardo come per scrutare se quelli erano i prodromi di una tempesta ancora più violenta o se essa era già giunta al suo apice. Dopo aver vagato alcun poco lungo la cresta del Meriggio, ci appoggiammo all'ometto e assistemmo muti a quello spettacolo stupendo che si svolgeva all'intorno di noi, spettacolo la cui imponenza veniva aumentata dalla sconfinata altezza a cui l'immaginazione vedeva elevarsi le cime, a metà perdute in mezzo alla nebbia, del gruppo Coca-Redorta. Ma a poco a poco quella furia di tuoni e di vento andò rallentandosi. Soltanto la grandine continuò a cadere e volle seguirci nel ritorno, lasciando campo libero alla neve che in breve cadde, silenziosa, tranquilla a coprire la cima di un candido velo. - Lo spettacolo di questo uragano starà sempre scolpito a forti linee. Giammai, nemmeno sul mare, ho potuto rimanere colpito dalla lotta degli elementi come là, sul Meriggio. Lo confesso: ho provato maggior impressione nell'assistere a quella grandinata che non alla vista di tanti panorami.” (Bruno Galli Valerio, “Punte e passi”, a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998).
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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