
Prata Camportaccio e testata della Val Schiesone, con la punta Buzzetti e, a destra, il pizzo di Prata
Domenica
15 luglio 1934 ad Uschione, paesino adagiato su un bel poggio del versante
montuoso ad est di Prata Camportaccio e Chiavenna, è atteso, per
la funzione domenicale, don Giuseppe Buzzetti: ma la sua inconfondibile
figura, austera, schiva, claudicante, non compare.
Il sacerdote, forte tempra di alpinista, era partito da Chiavenna il giovedì
precedente e, compiuta una lunghissima traversata, aveva raggiunto la
bocchetta di Sceroia, che, a 2714 metri, congiunge la valle Alpigia (laterale
della Val Codera) alla Val Porcellizzo, in Val Masino, per poi scendere
al rifugio Gianetti. Questa sola notizia ci può far capire che
tempra d’uomo fosse: una camminata del genere, che comporta ben
più di 2000 metri di dislivello, richiede doti di resistenza a
dir poco fuor del comune.
Dopo il pernottamento, il giorno seguente sale al pizzo Badile, in solitaria,
come era uso fare: si trattava, infatti, anche di una figura di valente
alpinista, che aveva legato il suo nome ad imprese destinate ad essere
ignorate se non fossero state raccolte dal conte Bonacossa. La più
importante era stata la prima ascensione del pizzo di Prata (il Pizzasc,
o Pizzun, come lo chiamano a Chiavenna) per la temibilissima parete nord,
che incombe con il suo impressionante strapiombo sulla val Schiesone.
Anche il successivo sabato è dedicato ad un’ascensione, nonostante
il tempo volga al peggio. A nulla serve il tentativo di dissuasione del
gestore del rifugio: don Giuseppe raggiunge la vetta della punta Torelli
(m. 3137), e lì viene visto, dal rifugio, per l’ultima volta.
Poi, più nulla. Il furioso temporale che si è scatenato
sembra averlo inghiottito. Ad
Uschione, come detto, lo attendono invano, e subito vengono organizzate
le ricerche, senza esito.
Solo con notevole ritardo, circa un mese dopo (il 15 agosto), viene ritrovato,
alla bocchetta Torelli, un biglietto che permette di azzardare qualche
ipotesi su quanto accaduto. Il biglietto reca scritto: “Don Giuseppe
Buzzetti C.A.I. sez. di Chiavenna, da Bresciadiga, passo Sceroia, capanna
Gianetti, pizzo Torelli, bocchetto Torelli per Bresciadiga 14-VII-34”
(o, secondo altri, “11-VII-34”).
Due ipotesi, a questo punto, si impongono: la bocchetta si trova sulla
cresta che scende dalla punta Torelli, e da essa l’alpinista forse
tentò una discesa diretta verso l’alta Val Codera, per un
ripido canalone, oppure proseguì lungo la cresta fino al passo
Porcellizzo, la più facile via di discesa in Val Codera. Sia accaduta
l’una o l’altra cosa, quel che è molto probabile è
che, forse colpito da un fulmine, forse scivolato, sia caduto in un crepaccio,
probabilmente fra ghiacciaio e fronte roccioso, per essere poi ricoperto
dalla neve.
Quel che è certo è che il suo corpo non fu più ritrovato.
E’ come se, ancora nel pieno del suo vigore (aveva 48 anni, essendo
nato nel 1886), la montagna, quasi amante gelosa che vuole interamente
per sé coloro che la amano, l’avesse nascosto per sempre
agli uomini.
Il 10 agosto 2012 alcuni escursionisti appassionati di minerali della Val Masino hanno trovato ai piedi del Disgrazia (in Valle di Preda Rossa, quindi molto più ad est rispetto al punto nel quale venne per l'ultima volta avvistato, in Val Porcellizzo) uno scarpone chiodato (compatibile con i modelli in uso nella prima metà del secolo scorso) con le dita dei piedi mummificate. Vicino allo sarpone si trovano anche un'anca ed un avambraccio mummificati. L'ipotesi che si trattasse dei resti di don Buzzetti è stata subito formulata, ma non ha trovato riscontri definitivi. Se fossero i suoi, il prete avrebbe proseguito dalla Val Porcellizzo nella traversata delle valli del Ferro, Qualido, di Zocca, Torrone e Cameraccio per portarsi appunto ai piedi del Disgrazia. Cosa poco probabile, ma non impossibile.
Se non si trattasse dei suoi resti, forse un giorno, complice il ritiro dei ghiacciai, questi verranno ritrovati. Sicuramente quel che non si è mai perso,
soprattutto nel chiavennasco, è il suo vivido ricordo.
Se ci capita di passare per il rifugio Gianetti, volgiamo gli occhi a
sinistra del pizzo Badile: oltre la poco pronunciata punta S. Anna, riconosceremo
facilmente il bel cono della punta Torelli, alla cui sinistra si pone
il caratteristico promontorio roccioso che, per la sua forma, è
denominato Dente della Vecchia.
Fra
la punta ed il dente scorgeremo la bocchetta Torelli, e nello scorgerla
potremo vagare con l’immaginazione a quegli ultimi atti in cui don
Giuseppe potè vedere l’aspra roccia, scura nelle dense nebbie
del temporale, delle sue amate montagne.
Se, poi, ci capiterà di salire, da Prata Camportaccio o da Chiavenna,
in Val Schiesone, osserviamone, dal rifugio Il Biondo, la testata: il
lato destro è dominato dalla scura e minacciosa parete nord del
pizzo di Prata, vinta dal solitario sacerdote. Appena a sinistra della
parete, vedremo una modesta ed affilata punta, che reca il suo nome: egli
fu il primo, infatti, a scalarla, così come fu il primo a raggiungere
la punta Schiesone, alla sua sinistra.
A don Buzzetti, infine, è stata dedicata la croce collocata sulla cima del pizzo Damino, che sovrasta Uscione, nel 1966.
Per saperne di più, si può consultare il recente (2002)
volumetto intitolato "Il prete scomparso", curato da Guido Scaramellini,
Guglielmo Scaramellini, Paolo De Pedrini ed Alberto Benini, ed edito dal
CAI sezione di Chiavenna. |