CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
La
terza valle di una certa ampiezza (dopo le valli Malgina e dei
Laghi) che incontriamo sulla nostra destra (est), salendo in Val
Fontana, è la Val Sareggio, che si sviluppa da ovest ad est,
delimitata a sud dalla costiera che scende dal pizzo Sareggio (m.
2779) e che la separa dalla Valle dei Laghi ed a nord da quella che
dal monte Saline (o Corno dei Marci, m. 2805) scende all’imponente e
scoscesa formazione rocciosa denominata “Passo del Cane”, e che la
divide dalla parte orientale del bastione terminale della Val
Fontana. |
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Fra le
laterali orientali della Val Fontana, è probabilmente quella che
offre, almeno nella prima parte, quella dell’alpe Sareggio, il volto
più gentile. Anche qui, come nelle valli vicine, potremo gustare
fino in fondo quella caratteristica atmosfera di solitudine propria
delle valli alpine meno frequentate non perché meno belle, ma perché
meno conosciute, o maggiormente fuori mano: ci accoglierà un
silenzio profondo, rotto solamente dall’antichissima voce dello
scrosciare dell’acqua nel torrente, dagli improvvisi ed acuti fischi
delle marmotte, dal tonfo sordo di qualche masso che rotola sui
crinali, posto in movimento dal disgelo o dal transito dei veloci
camosci. A differenza delle valli Malgina e dei Laghi, manca però,
in fondo a questa terza valle, un passo relativamente agevole che
permetta di transitare in Valle di Poschiavo, e, conseguentemente,
non vi è alcuna mulattiera militare. |
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Ci
sono, però due bocchette che guardano su questa valle, la bocchetta
dei Marci, a sinistra (nord, m. 2675) e la bocchetta di Sareggio, a
destra (sud, m. 2679). La salita alle bocchette è piuttosto
faticosa, ma di grande fascino e suggestione, anche perché ci
permette di incontrare l’ambiente dell’alta Val Sareggio, che, a
differenza della media valle, dove è posta l’alpe, ci offre un volto
selvaggio, dove sembrano dominare scenari tratti da un remoto
passato (salendo, mi è capitato di sorprendere un’aquila intenta a
divorare i resti della carcassa di una pecora, scena cui ben
difficilmente si potrebbe assistere in altri scenari alpini).
L’escursione che ci permette di visitare la Val Sareggio ha come
punto di partenza una pista secondaria che si stacca sulla destra
dalla carrozzabile che percorre la Val Fontana, nel tratto Pian dei
Cavalli-Alpe Campiascio, appena oltre un bel ponte in legno ed
appena prima che la strada inizi un tratto in discesa. Una piazzola
poco prima della pista ci consente di lasciare l’automobile, prima
di iniziare a percorrerla. Dopo pochi metri, troveremo un sentiero, |
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ben
visibile (m. 1670 circa), che si stacca, a sua volta, sulla destra
dalla pista, e comincia a salire, con tornanti regolari, in uno
stupendo bosco di conifere, ricco di larici e rododendri, fresco,
suggestivo per gli scorci ed i chiaroscuri che regala. Siamo nella
Valle dell’Arasè (così si chiama il solco che, dalla confluenza di
Val Sareggio e Valle dei Laghi, scende fino al fondovalle), a
sinistra del torrente che abbiamo superato sul ponte di legno. Non
c’è alcun cartello o segnavia, ma non possiamo non vederlo, né
possiamo perderlo. Il fondo del sentiero è ottimo e riposante (lo
apprezzeremo soprattutto quando tornando, stanchi, sogneremo di
toccare il fondovalle al termine della discesa). |
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Ignorata una traccia secondaria che lo intercetta da sinistra,
approdiamo, dopo aver incontrato un cartello che segnala il divieto
di pesca e di accesso con le moto, all’alpe Arasè (1939 metri),
chiusa, sul limite inferiore, da un recinto collocato per impedire
la discesa degli animali. Qui, sulla parte alta dei prati, troveremo
una baita più grande e due minori; nei prati, invece, o nella vicina
boscaglia, ci accoglieranno alcuni placidi cavalli, intenti al
pascolo. |
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L’alpe
è posta al punto di confluenza di due valli, la Valle dei Laghi, a
sud (destra) e la Val Sareggio a nord. Abbiamo superato i primi 270
metri di dislivello, con quaranta minuti circa di cammino; una sosta
ci permette di osservare, ad est, il crinale settentrionale della
Val Vicima, con il pizzo Calino (m. 3022), la cima di Forame (m.
3058) e la punta Painale (m. 3428). A destra di queste più famose
cime, ma in primo piano, la più modesta cima Cigola (m. 2561).
Volgendo lo sguardo a destra, scorgeremo la parte occidentale della
testata della Val Fontana. Sulla sua parte sinistra stenteremo a
riconoscere, abituati come siamo al suo profilo slanciato, il pizzo
Scalino (m. 3323), che da qui appare in una prospettiva curiosa e
schiacciata. |
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Riprendendo la salita, dobbiamo prestare attenzione, per evitare di
imboccare il sentiero sbagliato, vale a dire quello che sale in
Valle dei Laghi, anche perché mancano del tutto le indicazioni. Poco
a monte dell’ultima baita, troviamo un primo corso d’acqua, seguito,
a breve distanza, da un secondo. I due sentieri si dividono pochi
metri prima rispetto al primo corso d’acqua: quello per la Val
Sareggio comincia a salire sul fianco di sinistra, mentre quello per
la Valle dei Laghi prosegue, alla sua destra, in direzione del solco
della valle. Prendiamo, dunque, a sinistra, e cominciamo a salire su
un sentiero sempre ben marcato, |
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che
guadagna quota con andamento regolare ed ampi tornanti sull’ampio
versante |
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di
pascoli e macchie di larici della bassa Val Sareggio. |
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Alla
nostra destra, possiamo cogliere uno scorcio della Valle dei Laghi,
mentre alle nostre spalle ottima è la visuale sul gruppo
Calino-Forame-Painale. Guardando in alto, davanti a noi, ad un certo
punto scorgiamo, sul filo che segna il limite dell’ampio dosso che
stiamo risalendo, un grande ometto, posto all’ingresso dell’alpe
Sareggio. Dopo poco meno di un’ora di salita, raggiungiamo l’orlo
dell’alpe, a quota 2200 circa: |
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si
tratta di una conca verde ampia, luminosa, accogliente, dove ci
stupiamo di non trovare animali intenti al pascolo e pastori assorti
nel loro tranquillo lavoro. Chiude l’alta valle, sul fondo, ad est,
una testata dai profili poco marcati, quasi addolciti, dove
fatichiamo a individuare il profilo della massima elevazione, vale a
dire il pizzo Mürasc, o pizzo Murascio (m. 2762). Il versante alla
nostra sinistra, cioè a nord, in particolare, suscita l’impressione
di una montagna agevole, accogliente, con il pascolo che raggiunge
buona parte del crinale, e qualche roccia dalla tonalità rossastra
che genera un suggestivo contrappunto cromatico con l’azzurro
intenso del cielo. |
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È una
valle viva, che vive non più della vita di pastori ed armenti, |
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ma
della vita dei colori, che nelle giornate chiare armonizzano le
diverse tonalità del loro splendore. La traccia di sentiero si fa
molto debole, ma non fatichiamo, procedendo a vista, a raggiungere
le due baite e lo stallone, diroccato, dell’alpe, a quota 2238. |
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Proseguiamo oltre: a poca distanza, ecco la sorpresa, il tocco
finale che perfeziona la gentilezza del luogo, un grazioso laghetto,
il lago di Sareggio, a quota 2244. |
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L’escursione potrebbe terminare qui, in questi luoghi che sembrano
l’ambiente ideale per il riposo, la meditazione, l’oblio delle
preoccupazioni e degli affanni. Ma, se abbiamo tempo ed energie,
proseguiamo, su un sentiero che torna a farsi vedere, oltre il
laghetto, e risale l’ampio dosso che ci introduce all’alta valle. |
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Lo
scenario cambia: al verde dei pascoli si sostituisce
progressivamente la policromia dei massi di una vasta ganda.
Volgendo gradualmente a sinistra, su uno di questi massi, un masso
grande ed isolato, troviamo anche il segnavia dell’Alta Via della
Val Fontana, in triangolo rosso con bordo giallo. |
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Proseguiamo verso sinistra, seguendo il corso di un torrentello, in
direzione della bocchetta dei Marci, ben visibile sul lato
settentrionale della valle: si tratta di un largo canalone occupato
da sfasciumi, che scende da una bocchetta posta a destra del Corno
dei Marci, o monte Saline (m. 2805). Proseguendo a vista, portiamoci
ai piedi del canalone. |
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La
salita non si annuncia facile, ed in effetti non lo è. C’è una
debole traccia di sentiero che descrive un arco che, dal lato destro
della base, attraversato un nevaietto, porta molto gradualmente
verso il centro del canalone. Non è facile, però, guadagnare quota
su un terreno nel quale sassi mobili e terriccio impongono un
costante esercizio di equilibrio ed una moltiplicazione degli
sforzi, |
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sotto
lo sguardo severo e un po’ sprezzante del Corno dei Marci, che
incombe alla nostra sinistra e che, visto da qui, sembra un
inaccessibile covo di aquile. |
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Costanza, pazienza e determinazione sono le armi che alla fine,
tuttavia, l’anno vinta, e ci consentono di guadagnare i 2675 metri
della bocchetta, che si affaccia sulla Valle di Poschiavo. |
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Il
panorama, ampio e splendido, ripaga degli sforzi profusi: dominiamo
Poschiavo e buona parte della sua valle, |
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scorgiamo, a sinistra, la parte orientale della testata Valmalenco, |
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con i
pizzi Argient, Zupò, Palù e Varuna. |
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A
destra, invece, si distinguono le più alte cime della Val Grosina,
ed in particolare la cima di Val Viola ed il Corno di Dosdè. Davanti
a noi, infine, il ripido canalone che scende in direzione dei prati
e dei boschi dei Scioschini e dell’alpe Vartegna. Sono passate circa
tre ore e mezza-quattro dal momento della partenza, ed abbiamo
superato un dislivello di circa 1000 metri. |
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La discesa dal
canalone della bocchetta per tornare in Val Sareggio richiede uguale
attenzione, per evitare di pagare un attimo di disattenzione con una
storta alla caviglia: non dobbiamo avere fretta e rimanere
concentrati su ogni singolo movimento. Poi, un più tranquillo
tornare sui propri passi, magari nella luce perfetta del sole ormai
basso sull’orizzonte montano. |
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