Sull'angolo nord-orientale della Val Fontana
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Strada Pian dei Cavalli-Alpe Campiascio- Alpe Arasè-Alpe Sareggio-Bocchetta dei Marci |
3 h e 30 min. |
1005 |
EE |
SINTESI. Dopo Sondrio lasciamo la ss 38 dello Stelvio all’altezza di San Carlo
di Chiuro (riconoscibile per la chiesa ed il ristorante S. Carlo), per
imboccare a sinistra non la strada che sale verso Chiuro, ma quella che parte alla
sua sinistra, a lato della chiesa di S. Carlo (la via S. Carlo), e che
sale verso la chiesa della Madonna di Campagna ed il cimitero di Ponte
in Valtellina. Poco oltre la chiesa, ad uno stop, proseguiamo nella
salita, imboccando la via Europa, volgendo a sinistra e raggiungendo
la chiesetta di san Gregorio Magno, sul limite occidentale di Ponte
in Valtellina. Qui dobbiamo svoltare a destra, immettendoci sulla strada
provinciale 21, Panoramica dei Castelli, che proviene da Tresivio e
prosegue per Castionetto di Chiuro; dopo un breve tratto, ignorata una
deviazione a destra, svoltiamo a sinistra, seguendo le indicazioni per
San Bernardo e la Val Fontana. Ad un bivio andiamo a destra ed entriamo in Val Fontana, passando per il ponte di Premelè e le località S. Antonio, Campello e Pian dei Cavalli. Poco oltre troviamo un ponte in legno >ed appena prima che la strada inizi un tratto in discesa imbocchiamo una pista che se ne stacca sulla destra. Una
piazzola poco prima della pista ci consente di lasciare l’automobile. Dopo pochi metri, troveremo un sentiero,
ben visibile (m. 1670 circa), che si stacca, a sua volta, sulla destra
dalla pista, e comincia a salire, con tornanti regolari, in un
bosco di conifere, fino all’alpe Arasè (1939 metri), chiusa,
sul limite inferiore, da un recinto. Poco a monte della baita più alta troviamo un
torrentello, seguito, a pochi metri da distanza, da un secondo. Pochi metri prima
del primo corso d’acqua siamo ad un bivio, al quale prendiamo a sinistra. Cominciamo a salire su
un sentiero sempre ben marcato, che guadagna quota con andamento regolare
ed ampi tornanti verso nord, sull’ampio versante di pascoli e macchie di larici
della bassa Val Sareggio. Dopo poco meno di un’ora di salita, raggiungiamo l’orlo dell’alpe,
a quota 2200 circa (grande ometto). La traccia
di sentiero si fa molto debole, ma non fatichiamo, procedendo a vista,
a raggiungere le due baite e lo stallone, diroccato, dell’alpe,
a quota 2238.
Poco oltre siamo al lago
di Sareggio, a quota 2244. Passimo a sinistra del lago e procediamo vers nord-est, seguendo il corso di un torrentello, in
direzione della bocchetta dei Marci, ben visibile sul lato settentrionale
della valle: si tratta di un largo canalone occupato da sfasciumi C’è
una debole traccia di sentiero che descrive un arco che, dal lato destro
della base, attraversato un nevaietto, porta molto gradualmente verso
il centro del canalone, su terreno faticoso per i sassi mobili ed il terriccio. Al termine della salita siamo alla bocchetta dei Marci (m. 2675), che si affaccia sulla Valle di Poschiavo. |
Apri qui una fotomappa dell'alta Val Fontana
La
terza valle di una certa ampiezza (dopo le valli Malgina e dei Laghi)
che incontriamo sulla nostra destra (est), salendo in Val Fontana, è
la Val Sareggio, che si sviluppa da ovest ad est, delimitata a sud dalla
costiera che scende dal pizzo Sareggio (m. 2779) e che la separa dalla Valle dei Laghi ed a nord da quella
che dal monte Saline (o Corno dei Marci, m. 2805) scende all’imponente
e scoscesa formazione rocciosa denominata “Passo del Cane”,
e che la divide dalla parte orientale del
bastione terminale della Val Fontana.
Fra le laterali orientali della Val Fontana, è probabilmente
quella che offre, almeno nella prima parte, quella dell’alpe Sareggio,
il volto più gentile. Anche qui, come nelle valli vicine, potremo
gustare fino in fondo quella caratteristica atmosfera di solitudine
propria delle valli alpine meno frequentate non perché meno belle,
ma perché meno conosciute, o maggiormente fuori mano: ci accoglierà
un silenzio profondo, rotto solamente dall’antichissima voce dello
scrosciare dell’acqua nel torrente, dagli improvvisi ed acuti
fischi delle marmotte, dal tonfo sordo di qualche masso che rotola sui
crinali, posto in movimento dal disgelo o dal transito dei veloci camosci.
A differenza delle valli Malgina e dei Laghi, manca però, in
fondo a questa terza valle, un passo relativamente agevole che permetta
di transitare in Valle di Poschiavo, e, conseguentemente, non vi è
alcuna mulattiera militare. Ci
sono, però due bocchette che guardano su questa valle, la bocchetta
dei Marci, a sinistra (nord, m. 2675) e la bocchetta di Sareggio, a
destra (sud, m. 2679). La salita alle bocchette è piuttosto faticosa,
ma di grande fascino e suggestione, anche perché ci permette
di incontrare l’ambiente dell’alta Val Sareggio, che, a
differenza della media valle, dove è posta l’alpe, ci offre
un volto selvaggio, dove sembrano dominare scenari tratti da un remoto
passato (salendo, mi è capitato di sorprendere un’aquila
intenta a divorare i resti della carcassa di una pecora, scena cui ben
difficilmente si potrebbe assistere in altri scenari alpini).
L’escursione che ci permette di visitare la Val Sareggio ha come
punto di partenza una pista secondaria che si stacca sulla destra dalla
carrozzabile che percorre la Val Fontana, nel tratto Pian dei Cavalli-Alpe
Campiascio, appena oltre un bel ponte in legno ed appena prima che la
strada inizi un tratto in discesa. Una piazzola poco prima della pista
ci consente di lasciare l’automobile, prima di iniziare a percorrerla.
Dopo pochi metri, troveremo un sentiero, ben visibile (m. 1670 circa),
che si stacca, a sua volta, sulla destra dalla pista, e comincia a salire,
con tornanti regolari, in uno stupendo bosco di conifere, ricco di larici
e rododendri, fresco, suggestivo per gli scorci ed i chiaroscuri che
regala. Siamo
nella Valle dell’Arasé (termine probabilmente connesso con “rasura”, cioè terreno spianato, piano; così si chiama il solco
che, dalla confluenza di Val Sareggio e Valle dei Laghi, scende fino
al fondovalle), a sinistra del torrente che abbiamo superato sul ponte
di legno. Non c’è alcun cartello o segnavia, ma non possiamo
non vederlo, né possiamo perderlo. Il fondo del sentiero è
ottimo e riposante (lo apprezzeremo soprattutto quando tornando, stanchi,
sogneremo di toccare il fondovalle al termine della discesa).
Ignorata una traccia secondaria che lo intercetta da sinistra, approdiamo,
dopo aver incontrato un cartello che segnala il divieto di pesca e di
accesso con le moto, all’alpe Arasè (1939 metri), chiusa,
sul limite inferiore, da un recinto collocato per impedire la discesa
degli animali. Qui, sulla parte alta dei prati, troveremo una baita
più grande e due minori; nei prati, invece, o nella vicina boscaglia,
ci accoglieranno alcuni placidi cavalli, intenti al pascolo. L’alpe
è posta al punto di confluenza di due valli, la Valle dei Laghi,
a sud (destra) e la Val Sareggio a nord. Abbiamo superato i primi 270
metri di dislivello, con quaranta minuti circa di cammino; una sosta
ci permette di osservare, ad est, il crinale settentrionale della Val
Vicima, con il pizzo Calino (m. 3022), la cima di Forame (m. 3058) e
la punta Painale (m. 3428). A destra di queste più famose cime,
ma in primo piano, la più modesta cima Cigola (m. 2561). Volgendo
lo sguardo a destra, scorgeremo la parte occidentale della testata della
Val Fontana. Sulla
sua parte sinistra stenteremo a riconoscere, abituati come siamo al
suo profilo slanciato, il pizzo Scalino (m. 3323), che da qui appare
in una prospettiva curiosa e schiacciata.
Riprendendo la salita, dobbiamo prestare attenzione, per evitare di
imboccare il sentiero sbagliato, vale a dire quello che sale in Valle
dei Laghi, anche perché mancano del tutto le indicazioni. Poco
a monte dell’ultima baita, troviamo un primo corso d’acqua,
seguito, a breve distanza, da un secondo. I due sentieri si dividono
pochi metri prima rispetto al primo corso d’acqua: quello per
la Val Sareggio comincia a salire sul fianco di sinistra, mentre quello
per la Valle dei Laghi prosegue, alla sua destra, in direzione del solco
della valle. Prendiamo, dunque, a sinistra, e cominciamo a salire su
un sentiero sempre ben marcato, che guadagna quota con andamento regolare
ed ampi tornanti sull’ampio versante di pascoli e macchie di larici
della bassa Val Sareggio. Alla nostra destra, possiamo cogliere uno
scorcio della Valle dei Laghi, mentre alle nostre spalle ottima è
la visuale sul gruppo Calino-Forame-Painale. Guardando in alto, davanti
a noi, ad un certo punto scorgiamo, sul filo che segna il limite dell’ampio
dosso che stiamo risalendo, un grande ometto, posto all’ingresso
dell’alpe Sareggio.
Dopo
poco meno di un’ora di salita, raggiungiamo l’orlo dell’alpe,
a quota 2200 circa: si tratta di una conca verde ampia, luminosa, accogliente,
dove ci stupiamo di non trovare animali intenti al pascolo e pastori
assorti nel loro tranquillo lavoro. Chiude l’alta valle, sul fondo,
ad est, una testata dai profili poco marcati, quasi addolciti, dove
fatichiamo a individuare il profilo della massima elevazione, vale a
dire il pizzo Mürasc, o pizzo Murascio (m. 2762). Il versante alla
nostra sinistra, cioè a nord, in particolare, suscita l’impressione
di una montagna agevole, accogliente, con il pascolo che raggiunge buona
parte del crinale, e le rocce dalla tonalità rossastra che generano
un suggestivo contrappunto cromatico con l’azzurro intenso del
cielo. È una valle viva, che vive non più della vita di
pastori ed armenti, ma della vita dei colori, che nelle giornate chiare
armonizzano le diverse tonalità del loro splendore. La traccia
di sentiero si fa molto debole, ma non fatichiamo, procedendo a vista,
a raggiungere le due baite e lo stallone, diroccato, dell’alpe,
a quota 2238.
Fotomappa della Val Sareggio
Proseguiamo oltre: a poca distanza, ecco la sorpresa, il tocco finale
che perfeziona la gentilezza del luogo, un grazioso laghetto, il lago
di Sareggio, a quota 2244. L’escursione potrebbe terminare qui, in
questi luoghi che sembrano l’ambiente ideale per il riposo, la
meditazione, l’oblio delle preoccupazioni e degli affanni.
Ma, se abbiamo tempo ed energie, proseguiamo, su un sentiero che torna
a farsi vedere, oltre il laghetto, e risale l’ampio dosso che
ci introduce all’alta valle. Lo scenario cambia: al verde dei
pascoli si sostituisce progressivamente la policromia dei massi di una
vasta ganda. Volgendo gradualmente a sinistra, su uno di questi massi,
un masso grande ed isolato, troviamo anche il segnavia dell’Alta
Via della Val Fontana, in triangolo rosso con bordo giallo.
Proseguiamo verso sinistra, seguendo il corso di un torrentello, in
direzione della bocchetta dei Marci, ben visibile sul lato settentrionale
della valle: si tratta di un largo canalone occupato da sfasciumi, che
scende da una bocchetta posta a destra del Corno dei Marci, o monte
Saline (m. 2805). Proseguendo a vista, portiamoci ai piedi del canalone.
La salita non si annuncia facile, ed in effetti non lo è. C’è
una debole traccia di sentiero che descrive un arco che, dal lato destro
della base, attraversato un nevaietto, porta molto gradualmente verso
il centro del canalone. Non è facile, però, guadagnare
quota su un terreno nel quale sassi mobili e terriccio impongono un
costante esercizio di equilibrio ed una moltiplicazione degli sforzi,
sotto lo sguardo severo e un po’ sprezzante del Corno dei Marci,
che incombe alla nostra sinistra e che, visto da qui, sembra un inaccessibile
covo di aquile.
Costanza,
pazienza e determinazione sono, tuttavia, le armi che alla fine l’anno
vinta, e ci consentono di guadagnare i 2675 metri della bocchetta, che
si affaccia sulla Valle di Poschiavo. Il panorama, ampio e splendido,
ripaga degli sforzi profusi: dominiamo Poschiavo e buona parte della
sua valle, scorgiamo, a sinistra, la parte orientale della testata Valmalenco,
con i pizzi Argient, Zupò (che significa “nascosto”, da “zuper”, nascondere), Palù e Veruna. A destra, invece,
si distinguono le più alte cime della Val Grosina, ed in particolare
la cima di Val Viola ed il Corno di Dosdè. Davanti a noi, infine,
il ripido canalone che scende in direzione dei prati e dei boschi dei
Scioschini e dell’alpe Vartegna.
Sono passate circa tre ore e mezza-quattro dal momento della partenza,
ed abbiamo superato un dislivello di circa 1000 metri. La discesa dal
canalone della bocchetta per tornare in Val Sareggio richiede uguale
attenzione, per evitare di pagare un attimo di disattenzione con una
storta alla caviglia: non dobbiamo avere fretta e rimanere concentrati
su ogni singolo movimento. Poi, un più tranquillo tornare sui
propri passi, magari nella luce perfetta del sole ormai basso sull’orizzonte
montano.
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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