La cima sopra Teglio
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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Prato Valentino-Pista-Mulattiera per il passo del Meden-Bocchetta della Combolina-Pizzo Combolo |
4 h |
1150 |
EE |
SINTESI. Da Teglio saliamo a Prato Valentino, dove parcheggiamo (m. 1730), incamminandoci sulla pista sterrata che segue gli impianti di risalita. Ci portiamo dapprima alla sommità del dosso Laù (m. 2034), toccando poi la località Fontanacce (a 2100 m.) e l’edificio che rappresenta il primo punto di arrivo degli impianti di risalita di Prato Valentino (m. 2140). In corrispondenza di un’evidente rete rossa di contenimento, che troviamo a destra della pista, da essa si stacca, sulla destra, a quota 2291 m., la mulattiera per il passo del Méden. La seguiamo verso nord. Dopo qualche saliscendi, la mulattiera ci porta alla
conca dell’alpe Meden, dalla quale dominiamo le sottostanti baite,
poste a quota 2204. Alla nostra sinistra appare la pronunciata bocchetta
della Combolina.
Qui, invece di proseguire verso il passo, dobbiamo deviare a sinistra
e salire alla bocchetta, e per farlo cerchiamo, sulla mulattiera, un sasso
che indica il punto di partenza del sentiero che la raggiunge (sul sasso
troviamo una freccia bianco-rossa e la scritta “Combolo”).
Il sentiero, poco evidente all’inizio, ben marcato poi, rimane per
un tratto sul lato sinistro (per chi sale) del canalone che scende dalla
bocchetta, passando poi su quello destro, salendo un po’ sul fianco
erboso e puntando alla sella. Seguendolo, evitiamo la faticosa fascia
di sfasciumi che occupa buona parte del canalone. La bocchetta è
un corridoio erboso, a quota 2566, che si affaccia sull’alta Valle
del Combolo. Il cammino prosegue su un sentiero che troviamo alla nostra destra e che
prosegue in direzione nord, a mezza costa (attenzione ad eventuali sassi mobili che cadono dal versante), con andamento all’inizio
quasi pianeggiante, raggiungendo il limite di una fascia di magri pascoli. La traccia, labile, raggiunto il limite
del versante erboso piega a destra, seguendone il bordo. Se
la perdiamo, poco male: prendiamo come riferimento un grande masso, ben
visibile sul versante, che, raggiunto, si rivela uno spuntone di roccia
sormontato da erba, e saliamo, senza percorso obbligato, fino a raggiungerlo
(ci conviene però, per evitare il pericolo del precipitare di sassi,
salire seguendo bordo sinistro dei pascoli, sul confine con un’ampia
fascia di sfasciumi). Poco sopra il masso, su un sasso, troviamo un triangolo
rosso con bordo giallo. La traccia attraversa la
parte alta della fascia di sfasciumi e poi piega leggermente a destra,
portandosi proprio a ridosso del fianco roccioso del versante e sfruttando
una stretta cengia che passa tra esso ed una fascia di roccette poste
più a valle.
Questo tratto richiede grande prudenza, perché presenta un paio
di passaggi esposti, che possono diventare pericolosi con fondo bagnato.
Un’alternativa al sentiero è rappresentata da un canalino
di sfasciumi che si trova appena oltre la cengia (attenzione, però,
qui ai sassi mobili): entrambe le vie conducono, nei pressi di un evidente
ometto, al limite di una sella occupata da sfasciumi, e posta fra la cima
quotata 2847, alla nostra destra (cioè ad est-sud-est), ed il monte
Combolo, a sinistra.
La cima quotata 2847 si mostra come uno sperone roccioso che presenta una
singolare caratteristica, cioè una lunga spaccatura sul suo lato
sinistro, che dà l’impressione che questo si possa da un
momento all’altro staccare, precipitando sull’altipiano terminale
dell’alta Val Saiento. Il monte Combolo, invece, appare come un
panettone ricoperto da massi di tutte le dimensioni e sormontato dal treppiedi
dell’IGM.
Dobbiamo, ora, superare la sella, muovendoci con attenzione nel caso dei
massi ed effettuando una diagonale che ci porta sul suo lato opposto,
nei pressi del crinale che si affaccia sul territorio svizzero dell’alta
Val Saiento. Qui ritroviamo la traccia di sentiero, che, a fatica, serpeggia
fra i massi e, rimanendo nei pressi del crinale, effettua l’ultima
breve salita alla cima del monte Combolo (m. 2900). |
Apri una fotomappa dell'itinerario di salita al pizzo Combolo
Il
pizzo Cómbolo, o monte Combolo, rappresenta, con i suoi 2900 metri,
la massima elevazione della costiera che divide la Val Fontana, ad ovest,
dalla Val Saiento (laterale
della Valle di Poschiavo, in Svizzera) e dal versante retico che sovrasta
Teglio, ad est.
Si tratta del versante sul quale, scendendo dal Combolo, troviamo le cime
quotate 2814 e 2801 (quest’ultima punto di incontro del territorio
svizzero e di quello dei comuni di Teglio e Chiuro), la bocchetta della
Combolina o del monte Colombo (m. 2566, il più agevole valico fra
Valle del Combolo, laterale della Val Fontana, e versante retico tellino),
la cima quotata 2697, il monte Calighè (m. 2702) ed infine l’arrotondata
ed erbosa cima del monte Brione (m. 2542), posto poco più in alto
del punto di arrivo degli impianti di risalita di Prato Valentino, sopra
Teglio.
Il monte Combolo è anche la montagna di Teglio (dove si trova anche
un albergo ad esso dedicato), a sua volta cuore della Valtellina (il cui
nome deriva da Vallis Tellina, cioè valle di Teglio), nonostante
la cima si trovi nel territorio del comune di Chiuro (come gran parte
della Val Fontana). La salita a questa cima non presenta difficoltà
di carattere alpinistico, ma esperienza escursionistica ed adeguato allenamento,
oltre che quella buona dose di prudenza che non deve, peraltro, mancare
mai. Il
più agevole ed anche breve itinerario per effettuare l’ascensione
parte da Prato Valentino, l’amena località di soggiorno,
posta a 1700 metri, che si trova sopra Teglio.
Le Orobie viste da Prato Valentino
A Teglio (m. 900) si può salire dalla ss. 38 dello Spluga per tre
vie, sfruttando cioè la panoramica dei Castelli (che possiamo imboccare
salendo da Chiuro a Castionetto di Chiuro) oppure le due provinciali che
partono da San Giacomo di Teglio e da Tresenda. Raggiunto il centro di
Teglio, svoltiamo a destra, salendo per via Milano e proseguendo (guidati
dalle indicazioni per Prato Valentino) lungo via Sagli, fino ad intercettare
la strada per Prato Valentino. Percorsi 10 km da Teglio, raggiungiamo,
così, il limite inferiore della località, dove, poco oltre
la chiesetta dedicata a S. Valentino, la strada asfaltata termina in corrispondenza
dell’albergo-rifugio
Baita del Sole (m. 1730).
Appena prima del parcheggio dell’albergo, proseguiamo svoltando
a destra ed imboccando una stradina sterrata: al secondo tornante destrorso
troveremo il cartello di divieto di accesso ai mezzi non autorizzati.
Dobbiamo, quindi, lasciare l’automobile presso la piazzola che si
trova percorrendo per breve tratto una pista che si stacca dalla principale
proprio in corrispondenza di questo tornante.
Il Doss Laù
La salita a piedi inizia, così, da una quota di circa 1770 metri. Seguendo la pista, troveremo sulla nostra destra, dopo un primo tratto, un casello dell’acqua con un segnavia rosso-bianco-rosso: possiamo, qui, lasciare la pista e proseguire su traccia di sentiero che sale tagliando una radura fra macchie di conifere sempre più rade. Nulla vieta, però, di continuare sulla pista. Percorrendo quest’ultima o tagliando, su tracce di sentiero, i prati del versante montuoso, ci portiamo dapprima alla sommità del dosso Lau (m. 2034), toccando poi la località Fontanacce (a 2100 m., dove, sulla sinistra, in corrispondenza di un recinto e di un casello dell’acqua, parte il sentiero denominato Viale della Formica, che taglia l’alta Val Rogna e raggiunge il lungo filo del dosso denominato Costa di San Gaetano) e l’edificio che rappresenta il primo punto di arrivo degli impianti di risalita di Prato Valentino (m. 2140). La pista si fa ora più ripida, per cui guadagniamo quota con maggiore rapidità. Qualche sosta, nella salita, ci permette di ammirare un panorama ampio e suggestivo, che abbraccia l’intera catena orobica centro-orientale, e buona parte della media Valtellina.
Panorama occidentale dalla pista sopra Prato Valentino
In corrispondenza di un’evidente rete rossa di contenimento, che troviamo a destra della pista, da essa si stacca, sulla destra, a quota 2291 m., la mulattiera per il passo del Méden (m. 2417). Si tratta di un tracciato militare, che porta ad uno dei più agevoli valichi di confine fra territorio italiano ed elvetico, dopo una bella e panoramica traversata dei ripidi versanti erbosi dell’alta Valle di Boalzo (denominata Val dei Cavalli). Dopo qualche saliscendi, la mulattiera ci porta alla conca dell’alpe Meden, dalla quale dominiamo le sottostanti baite, poste a quota 2204. Alla nostra sinistra appare la pronunciata bocchetta della Combolina.
Bocchetta della Combolina
Qui, invece di proseguire verso il passo, dobbiamo deviare a sinistra
e salire alla bocchetta, e per farlo cerchiamo, sulla mulattiera, un sasso
che indica il punto di partenza del sentiero che la raggiunge (sul sasso
troviamo una freccia bianco-rossa e la scritta “Combolo”).
Il sentiero, poco evidente all’inizio, ben marcato poi, rimane per
un tratto sul lato sinistro (per chi sale) del canalone che scende dalla
bocchetta, passando poi su quello destro, salendo un po’ sul fianco
erboso e puntando alla sella. Seguendolo, evitiamo la faticosa fascia
di sfasciumi che occupa buona parte del canalone. La bocchetta è
un corridoio erboso, a quota 2566, che si affaccia sull’alta Valle
del Combolo, costituita da una vasta conca in gran parte occupata da sfasciumi.
Si può raggiungere la bocchetta anche partendo dalla località
Campello in Val Fontana (m. 1400), dove si trova il rifugio
A.N.A. Massimino Erler, ma questo percorso incrementa di oltre 300
il dislivello ed avviene su un sentiero
che in molti punti è poco visibile e che, sopra la baita del Combolo,
a 1994 metri, si perde.
Valle del Combolo
Dalla
bocchetta, guardando verso ovest, cioè davanti a noi, distinguiamo
facilmente, in primo piano, la vetta di Rhon (m. 3137); alla sua sinistra
distinguiamo le meno pronunciate punte della Corna Brutana, della Corna
Nera e della Corna Mara, mentre
sullo sfondo fa capolino la cime del Desenigo e si distingue facilmente
il corno del monte Legnone. Guardando, invece, alla nostra sinistra vediamo
i profili aspri della cima quotata 2697 e del monte Calighè. Sulla
nostra destra, infine, si apre l’altrettanto selvaggio versante
settentrionale della valle, che culmina, a sinistra, con la cima del monte
Combolo. Quel che vediamo, qui, al di sotto della linea corrugata delle
rocce, è l’alternarsi di magri pascoli e di estese gande.
Il cammino prosegue su un sentiero che troviamo alla nostra destra e che
prosegue in direzione nord, a mezza costa, con andamento all’inizio
quasi pianeggiante, raggiungendo il limite di una fascia di magri pascoli.
La traccia, qui, tende a perdersi, ma ciò non costituisce un grande
problema. Problema assai grave potrebbe, invece, essere rappresentato
dalla presenza di un gregge di capre a monte di questo versante. Racconto
quanto mi è capitato di vedere durante la salita.
Valle del Combolo
Un gregge, dai pascoli di mezza costa, stava salendo al crinale che separa la Valle del Combolo dall’alta Val Saiento. La salita, prima ancora che vista, poteva essere udita, attraverso il suono argentino dello scampanellio prodotto dalle capre. All’improvviso, un rumore ben più forte, sordo e cupo, il sinistro rumore del battere violento di pietra contro pietra: il tempo di volgere lo sguardo verso destra, ed ecco apparire un grosso sasso, del diametro di circa 40 cm., che precipitava, come un proiettile, verso la conca dell’alta valle. Una capra lo aveva messo in movimento, e la ripida pendenza del crinale ne aveva aumentato rapidamente la velocità. Il sasso passò a qualche decina di metri dal punto in cui mi trovavo: se mi fossi trovato sulla sua traiettoria, avrei avuto probabilmente il tempo di evitare l’impatto, ma, appunto, si trattava di una probabilità, non di una sicurezza, sia per la velocità del sasso, sia per l’imprevedibilità della traiettoria, che poteva essere modificata da irregolarità del terreno. Morale: se ci avviene di attraversare versanti e di cogliere la presenza, a monte, di capre, scegliamo una via diversa o, se questa non c’è, muoviamoci il più rapidamente possibile, tendiamo le orecchie e procediamo con sguardo vigile, soprattutto nei punti di più accentuata pendenza ed in corrispondenza di canalini.
Panorama orientale del crinale del Combolo
Ma torniamo alla salita al Combolo. La traccia, labile, raggiunto il limite
del versante erboso piega a destra, seguendone il bordo. Se
la perdiamo, poco male: prendiamo come riferimento un grande masso, ben
visibile sul versante, che, raggiunto, si rivela uno spuntone di roccia
sormontato da erba, e saliamo, senza percorso obbligato, fino a raggiungerlo
(ci conviene però, per evitare il pericolo del precipitare di sassi,
salire seguendo bordo sinistro dei pascoli, sul confine con un’ampia
fascia di sfasciumi). Poco sopra il masso, su un sasso, troviamo un triangolo
rosso con bordo giallo: si tratta del segnavia dell’Alta Via della
Val Fontana, di cui stiamo percorrendo un tratto, ed indica il punto nel
quale il sentiero torna a farsi ben visibile. La traccia attraversa la
parte alta della fascia di sfasciumi e poi piega leggermente a destra,
portandosi proprio a ridosso del fianco roccioso del versante e sfruttando
una stretta cengia che passa tra esso ed una fascia di roccette poste
più a valle.
Questo tratto richiede grande prudenza, perché presenta un paio
di passaggi esposti, che possono diventare pericolosi con fondo bagnato.
Un’alternativa al sentiero è rappresentata da un canalino
di sfasciumi che si trova appena oltre la cengia (attenzione, però,
qui ai sassi mobili): entrambe le vie conducono, nei pressi di un evidente
ometto, al limite di una sella occupata da sfasciumi, e posta fra la cima
quotata 2847, alla nostra destra (cioè ad est-sud-est), ed il monte
Combolo, a sinistra.
Salendo alla cima del pizzo Combolo
La cima quotata 2847 si mostra come uno sperone roccioso che presenta una
singolare caratteristica, cioè una lunga spaccatura sul suo lato
sinistro, che dà l’impressione che questo si possa da un
momento all’altro staccare, precipitando sull’altipiano terminale
dell’alta Val Saiento. Il monte Combolo, invece, appare come un
panettone ricoperto da massi di tutte le dimensioni e sormontato dal treppiedi
dell’IGM (la cima è, infatti, punto di riferimento trigonometrico
per le carte dell’Istituto Geografico Militare).
Dobbiamo, ora, superare la sella, muovendoci con attenzione nel caso dei
massi ed effettuando una diagonale che ci porta sul suo lato opposto,
nei pressi del crinale che si affaccia sul territorio svizzero dell’alta
Val Saiento. Qui ritroviamo la traccia di sentiero, che, a fatica, serpeggia
fra i massi e, rimanendo nei pressi del crinale, effettua l’ultima
breve salita alla cima del monte Combolo. Si tratta di una modesta piazzola
dove, oltre al già citato treppiedi, troviamo segnato, su un masso,
il confine fra Italia e Svizzera.
Apri qui una panoramica occidentale dal pizzo Combolo
Quel che, però, catalizza la nostra attenzione è il panorama,
davvero molto ampio e suggestivo, che si apre davanti ai nostri occhi,
a 360 gradi. Verso nord-ovest ci appare, sullo sfondo, la testata della
Valmalenco, mentre, in primo piano,
distinguiamo tre cime principali, cioè, da destra, il pizzo Scalino,
la punta Painale e la vetta di Rhon. Alle
spalle di questa cima fanno capolino i Corni Bruciati (e, ancora più
sullo sfondo, il pizzo Ligoncio e la cima del Desenigo), mentre ancora
più a sinistra, cioè verso est-sud-est, si apre un suggestivo
scorcio sulla media e bassa Valtellina, chiuso dal corno del monte Legnone.
A sud si dispiega l’intera catena orobica, alla cui sinistra appaiono
le cime dell’alta Val Camonica. Ancora più a sinistra si
distingue il gruppo dell’Adamello.
Guardando verso est vediamo, sotto di noi, l’altipiano dell’alta
Val Saiento, con il lago del Matt; alle sue spalle, il versante orientale
della bassa Valle di Poschiavo. Un po’ più a sinistra appaiono
le più alte cime della Val Grosina, fra le quali si distingue,
a sinistra della cima Piazzi, il corno della cima Viola. Un panorama che
ripaga le circa 4 ore di cammino necessarie per salire fin qui,
superando circa 1150 metri di dislivello.
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È interessante, infine, leggere la relazione dell’escursione al pizzo Combolo effettuata da Bruno Galli Valerio, alpinista e naturalista che molto amò queste montagne, il 16 agosto 1909: “…raggiungiamo la gran ganda che sale alla vetta del Combolo. Alla una e quaranta, siamo sulla cima, accolti da un branco di pecore affamate. La psicologia di questi animali è curiosa: si arrampicano in luoghi impossibili, là dove non c'è un solo filo d'erba e vi rimangono a lungo senza sapere perchè. Queste del Combolo ci rubano il pane, intrufolano i loro musi nei nostri zaini, rosicchiano la corda delle nostre picozze. Il panorama che si gode dal Combolo e molto esteso. Sgraziatamente, oggi le cime sono coperte di nuvole. Alle due e un quarto, scendiamo per la parete ovest, prima per gande, poi per canali di roccia o di erba e raggiunta l'alpe Combolo, un ripido sentiero ci conduce a Campello e di là a S. Antonio.” (Bruno Galli Valerio, “Punte e Passi”, a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998).
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