CARTE DEL PERCORSO 1, 2, 3, 4, 5, 6


Apri qui una panoramica sulla valle ed il passo del Muretto

Alla figura dell'arciprete di Sondrio Nicolò Rusca, beatificato a Sondrio con solenne celebrazione il 21 aprile del 2013, è dedicato un sentiero che, ripercorrendo e ricucendo quanto resta dell'antica via di Valle, da Sondrio sale allo storico passo del Muretto (m. 2562), importantissima porta di comunicazione fra Valtellina ed Engadina, per secoli percorsa da mercanti ma anche da armati. La figura del Rusca si inserisce in uno dei più travagliati periodi della storia valtellinese, fra la fine del Cinquecento ed il primo ventennio del Seicento, quando nella valle la tensione era prossima ad un punto di rottura: i Riformati, appoggiati dalle Tre Leghe Grigie che in sostanza ne erano signore, cercavano di diffondere le idee luterane, incontrando la fiera opposizione della maggioranza cattolica, fermamente intenzionata a conservare quella fede che era vissuta anche come profonda radice storica. L'arciprete Rusca era considerato il principale punto di riferimento cattolico in questa guerra pastorale e teologica. Fu denominato per questo “martello degli eretici”, anche se si ricorda, a riprova del suo atteggiamento di comprensione umana, l’affermazione “Odiate l’errore, amate gli erranti”. Una figura dunque scomoda. Per questo le Tre Leghe Grigie finirono per considerarlo nemico di stato ed organizzarono un vero e proprio blitz militare: sessanta armati scesero in Valmalenco proprio dal passo del Muretto e lo sorpresero, nella notte fra il 24 ed il 25 luglio 1618, nella sua camera da letto. Gli viene concesso solo di vestire il suo abito talare, poi viene legato, a testa in giù, sotto il ventre di un mulo (o, secondo altra versione, di un cavallo) e portato, di nuovo attraverso il Muretto, in Engadina e di qui a Thusis, dove fu posto sotto processo e morì per le torture il 4 settembre successivo.


Chiesa collegiata di Sondrio

Il Sentiero Rusca ripercorre, dunque, la prima parte di questo viaggio di passione. Si sviluppa da Sondrio (m. 306) al passo del Muretto (m. 2562), lungo circa 32 chilometri (45 se si scende fino al passo del Maloja, in territorio elvetico). Percorrerlo è una sorta di pellegrinaggio nei santuari del tempo. Data la sua lunghezza ed il notevole dislivello in altezza (2270 metri), richiede (a meno di eccezionale allenamento fisico) un paio di giorni. La suddivisione più razionale e simmetrica prevede due tappe, da Sondrio a San Giuseppe e da San Giuseppe al Muretto (con ritorno a Chiareggio), con dislivello rispettivamente di 1140 e 1170 metri. In tal caso si debbono prevedere circa 5-6 ore di cammino per ciascuna giornata. Ovviamente si può optare per la suddivisione Sondrio-Chiesa in Valmalenco e Chiesa in Valmalenco-Passo del Muretto, caricando sulla seconda giornata il maggiore impegno altimetrico.


Passo del Muretto

DA SONDRIO A SAN GIUSEPPE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Sondrio-Torre di S. Maria-Chiesa in Valmalenco-San Giuseppe
5-6 h
1140
E
SINTESI. Da via Rusca di Sondrio (vicino alla collegiata, m. 307) ci portiamo a Piazza Quadrivio, saliamo a Scarpatetti ed al Convitto Piazzi e saliamo ad intercettare la strada per Ponchiera. Dopo un tornante sx imbocchiamo la mulattiera che se ne stacca sulla destra e porta a Ponchiera. Attraversiamo il paese e procediamo sulla pista che passa di S. Andrea Avelino. Tornati sulla carozzabile per Arquino, passiamo il mallero sull'antico ponte in pietra in località Caparè. Sul lato opposto, dopo breve tratto a sinistra, lasciamo la carozzabile prendendo l'antica strada di Turnichè, che intercetta dopo alcuni tornanti la provinciale della Valmalenco presso la località Valdone. Un cartello indica sulla destra la ripartenza del sentiero che corre parallelo e più in basso rispetto alla provinciale, e torna ad intercettarla appena prima del ponte di Spriana, che raggiungiamo dopo un tratto su passerella pedonale. Ci portiamo sul lato opposto (orientale) del ponte e a sinistra vediamo una piazzola e la ripartenza del sentiero, che procede verso nord. Un ponte in metallo ci fa passare da destra (per noi) a sinistra del Mallero, oltrepassiamo la località Tornadù (m. 708), passiamo sotto il ponte della provinciale e dopo breve salita siamo all'ingresso settentrionale di Torre di S. Maria (m. 772). Attraversata la strada, imbocchiamo la provinciale che sale a Chiesa (passerella pedonale), lasciandola per scendere a destra alla località S. Anna e proseguire fino alla località Basci, dove il sentiero si porta in prossimità del Mallero (che resta alla nostra destra) e lo segue fino a giungere in vista di Chiesa in Valmalenco. Passiamo sotto il ponte della provinciale e saliamo ad intercettare la strada che entra in Chiesa da nord-est (m. 960). Procediamo verso sinistra, oltrepassiamo il ponte del Curlo e saliamo ad intercettare la provinciale che da Chiesa sale a San Giuseppe e Chiareggio. La seguiamo. Oltrepassato il deposito della "Nuova Serpentino d'Italia" procediamo per 880 metri. Poi lasciamo la provinciale prendendo a sinistra (cartello) su stradella in cemento e poi tracciato che taglia gli sfasciumi dell'ex-cava del Giovello, innestandosi sul sentiero che proviene dalla pineta di Primolo. La mulattiera sale a sinistra (per noi) del Mallero, poi su un ponte si porta a destra. Saliamo subito alla piana di San Giuseppe su sentierino, oppure percorriamo verso sinistra una pista sterrata, fino al sentierino sulla destra che ci fa salire ad una spianata-parcheggio a monte della chiesetta di San Giuseppe (m. 1432).


Sondrio

La partenza è in via Rusca a Sondrio (m. 307), fra la chiesa collegiata di Sondrio e la casa arcipretale, dove troviamo due pannelli illustrativi. Di qui ci portiamo, procedendo verso est su via Maurizio Quadrio, in piazza Quadrivio e proseguiamo verso nord, fino alla caratteristica frazione di Scarpatetti. Qui la stradina comincia a salire. Troviamo ben presto alla nostra destra una scalinata che ci porta al terrazzo panoramico del Convitto Giuseppe Piazzi di Sondrio, con ottimo colpo d'occhio su Sondrio.
Saliamo ancora su una stradina che si immette nella carozzabile che da Sondrio sale a Ponchiera. La seguiamo per breve tratto: dopo un tornante sx, sulla destra vediamo la mulattiera (che qui coincide con l'antica via Cavallera per il Muretto) protetta da muretti a secco che sale per via più diretta a Ponchiera. Passiamo così accanto alla chiesa della SS. Trinità, dove le cronache del rapimento del beato Rusca narrano un episodio curioso.
Proprio mentre passava di qui, sul far del giorno, la schiera di armati incrociò il parroco di Lanzada, don Cilichini, che scendeva verso Sondrio travestito da “Magnàn” (calderaio), per timore di essere catturato dalle milizie dei Grigioni (la loro discesa lungo la Valmalenco non è passata inosservata, e lui era uno dei ricercati: sarebbe poi riuscito a mettersi in salvo nella bergamasca). Era stato, infatti, avvertito da un eretico del progetto dei protestanti di rapire anche lui (si narra che costui, combattuto fra il desiderio di salvare il prete, che stimava, e la promessa fatta ai correligionari di non rivelare nulla della congiura, si sia cavato d’impaccio con la coscienza recandosi da lui, picchiando con un bastone sopra la pietra del focolare e pronunciando queste parole: “Io dico a te, o pietra, che i Grigioni sono per condor via l’Arciprete di Sondrio e domani mattina, se non fuggirà in tempo, verranno a prendere anche il parroco di Lanzada”). Il Cilichini non difettava certo di prontezza di spirito e, alla domanda se avesse visto il parroco di Lanzada, la sua risposta fu pronta: “Sì, questa mattina ha già detto Messa”. Ebbe così modo di fuggire e non rivide più la valle.


Fiume Mallero in località Caparè

Proseguiamo sulla carozzabile che attraversa i nuclei di Ponchiera, vale a dire Morelli, Buglio, Pozzoni e Scherini. Qui troviamo sulla destra l'antica chiesetta di S. Andrea Avelino e lasciamo la carozzabile seguendo una pista sterrata, che si reimmette nella carozzabile più avanti. Procediamo verso Arquino e lasciamo la strada prendendo a sinistra, portandoci all'antico ponte in pietra sul Mallero in località Caparè (quello nuovo si trova poco più avanti). Se è piovuto di recente il Mallero scende “vestito a festa”, ovvero con la furia rabbiosa dei suoi tempi migliori (o più nefasti, tanto da giustificare l'etimologia “malus rivus”, fiume portatore di disgrazie”). Poco più a valle, infatti, precipita fragorosamente nelle profonde forre delle Cassandre. Sul lato opposto della bassa Valmalenco torniamo alla carozzabile, seguendola per breve tratto verso sinistra, fino a trovale la segnalata deviazione sulla destra. Imbocchiamo così la “strada di Turnichè”, cioè la sterrata ottocentesca (1845) che risale con diversi tornanti la bassa Val Valdone e termina alla provinciale che da Sondrio sale in Valmalenco. La seguiamo ed in breve ci ritroviamo, poco prima della località Valdone, ad uno slargo con pannello illustrativo, sul lato destro della strada.


Sentiero Rusca in località Tornadù

Qui troviamo un cartello del “Percorso ciclopedonale Sentiero Rusca”, con numerazione 304. Torre S. Maria viene data ad un'ora, Chiesa Valmalenco a due. Troviamo anche un ampio pannello che mostra una carta del percorso. Infine un terzo cartello riporta il regolamento di accesso al sentiero, riservato prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile. Vi si legge, fra l'altro:”E' vietato l'accesso e il transito, salvo specifica autorizzazione, a tutti i mezzi motorizzati, nonché ai mezzi trainati da animali”; “Il limite massimo di velocità, per qualsiasi mezzo, è di 20 km/h”; “I pedoni devono circolare, di regola, sul margine della carreggiata opposto al senso di marcia”.
Il sentiero riprende, dunque, sulla destra della carreggiata della provinciale, più in basso. Procediamo verso nord circondati da alberi che offrono qualche scorcio, alla nostra destra, sulla Val Dagua. Superato un traliccio e gli impianti di un depuratore, risaliamo alla provinciale. Per un breve tratto sfruttiamo una passerella pedonale a lato della carreggiata, poi ce ne allontaniamo nuovamente. Alla nostra destra vediamo il nucleo di Scilironi, in comune di Spriana, abbandonato perché interessato da un ampio movimento franoso noto da decenni, la frana di Spriana, monitorata per la possibile minaccia di ostruzione dell'alveo del torrente Mallero in caso di eventi meteorologici estremi. Dopo un breve tratto sterrato, raggiungiamo la località Prato (m. 655) e risaliamo sulla provinciale percorrendo un tratto di passerella pedonale fino al ponte di Spriana, che consente di lasciare la provinciale per salire al centro di questo paese.


Sentiero Rusca verso Torre di S. Maria

Percorriamo il ponte e raggiunto il limite opposto ci portiamo a sinistra, dove si trova un ampio spiazzo. Qui troviamo un nuovo pannello con carta della Valmalenco ed un'area di sosta. Il Sentiero Rusca riparte, con fondo in asfalto, procedendo verso nord a destra del torrente Mallero. Il cartello del sentiero 304 dà Tornadù a 10 minuti, Torre S. Maria a 30 e S. Anna a 35. Procediamo, con andamento pianeggiante o pendenza modesta, in uno scenario tranquillo ed appartato. Siamo circondati da selve e davanti a noi, sulla sinistra, in alto, si profila il monte Braccia. Gli alberi si diradano e sulla sinistra rivediamo il Mallero. Una panchina solitaria sulla destra attende la sosta pensosa del viandante ed una baita solitaria lotta contro l'invadenza vegetale che ha già decretato il suo diroccamento. Volgendo le spalle notiamo una finestra dalla quale occhieggia, lontana, la testata della Val d'Arigna, sul versante orobico, con il pizzo del Diavolo di Malgina, a sinistra, ed il pizzo di Coca, massima elevazione di questa catena, a destra. Davanti a noi, invece, si comincia a vedere Torre di S. Maria. All'asfalto si sostituisce il cemento e siamo ad un ponte in metallo che ci fa ripassare da destra a sinistra il Mallero. Di acqua ne è passata sotto i ponti, ci verrebbe fatto di pensare, dai tragici tempi del beato Rusca. Sotto tutti i profili: lo spirito dei tempi, ma anche l'aspetto ambientale. Per quanto si ritagli qualche fugace immersione in una quiete sottratta al tempo, il Sentiero Rusca non può sottrarsi ai molteplici ed invadenti segni della modernità. Sul lato opposto, altra area di sosta e pannello che sintetizza in alcuni disegni la figura e la vicenda del Rusca. Avanti ancora, verso nord. E proprio la finestra che chiude l'orizzonte a nord mostra una delle icone della Valmalenco, il pizzo Malenco, appunto, circondato dai vassalli pizzo dal Tremoggia, a sinistra, e Sassa d'Entova, a destra.


Torre di Santa Maria

Siamo al nucleo di Tornadù (Turnadö, m. 708), alla nostra sinistra, sorvegliato da una mite chiesetta in pietra viva con un campaniletto che ospita una campanella in paziente attesa di un'anima pia che le permetta di far sentire la sua voce argentina. Il nome del nucleo pare che derivi dalla voce dialettale "tornadrö", che significa "tornitore" di legno o ferro. In un documento del 1414 è citato come "tornadurio". La disposizione del paese, poi, è divisa in due nuclei, quello più antico, fra la strada provinciale ed il Mallero, e quello più recente, sul lato opposto della strada. Il nucleo più antico è stato molto segnato dall'alluvione del luglio 1987, quando il Mallero esondò distruggendo o danneggiando parecchie case. La chiesetta (Gésa de Turnadö) è stata costruita nel 1995 sulle rovine di un mulino ed è dedicata a S. Francesco.
Dopo un ponticello proseguiamo, a destra di una fascia di prati, diritti, in direzione del ponte sul quale un ramo della provinciale di Valmalenco passa sul lato orientale della valle e sale verso Caspoggio, Chiesa Valmalenco e Lanzada. Sul lato occidentale Torre di S. Maria si annuncia invece ormai prossima. Il Sentiero Rusca passa sotto questo ponte e propone una nuova area di sosta, poi inizia una salita che, superato qualche tornante ed un ponte in legno sul torrente Torreggio, lo raccorda con la strada di accesso a Torre di S. Maria (Tór, m. 772).
Ad una piazzola troviamo un nuovo pannello illustrativo del Sentiero Rusca. Prendiamo a sinistra, approssimandoci all'ingresso settentrionale del paese, ed imbocchiamo la strada provinciale che prosegue verso nord, in direzione di Chiesa Valmalenco, camminando sulla passerella pedonale sul suo lato destro, fino ad un cartello che ci indirizza a destra: ci stacchiamo così dalla carozzabile e scendiamo alle case della frazione di Sant'Anna (Sant'Ana). Ci accoglie un nuovo cartello del sentiero 304, che dà la località Basci a 5 minuti, Chiesa Valmalenco a 50 e Chiareggio a 4 ore e 10 minuti. Passando fra le case, vediamo innanzitutto su una parete una meridiana. Appare quindi, con le sue forme armoniose, la chiesetta di S. Anna (m. 798), edificata nel 1719 per volontà dell'esponente di una delle più illustri famiglie malenche, Lorenzo Chiesa, su disegno di Pietro Ligari, il più famoso pittore tellino del Settecento. La chiesetta venne benedetta per la prima volta dal parroco Paolo Antonio Zarri il 10 agosto del 1719. Passiamo poi accanto ad una fontana datata 1903 e, sempre seguendo il cartello del Sentiero Rusca, lasciamo alle spalle il nucleo, prendendo a destra e procedendo fra la carozzabile ed il torrente Mallero.


La torre dei Basci

Passiamo così fra le baite di Ca' de Risc' e, superata una passerella, siamo ai prati del nucleo dei Basci, dove si vede ancora una casa-torre (Torre dei Basci, m. 822) che nei secoli passati si inseriva nel sistema delle fortificazioni e delle strutture di segnalazione della Valmalenco, storica porta di accesso alla Valtellina dall'Engadina e quindi esposta all'ingresso improvviso di armati, che andava prontamente segnalato. Ma questo sistema non era garanzia di segnalazione in tempo utile, come fu evidente nel luglio del 1618. Qui il Sentiero Rusca, che passa a valle della torre, si approssima al lato sinistro (per chi sale; il lato occidentale) del torrente Mallero, e lo segue per un lungo tratto, mentre la strada provinciale corre più in alto. La voce del torrente è signora di questi luoghi ombrosi ed il suo freddo respiro un po' inquieta. Procediamo verso nord superando tre passerelle in legno, prima di giungere in vista di luoghi più “domestici”. Passiamo sotto il ponte della strada che si stacca da quella per Caspoggio ed entra a Chiesa in Valmalenco (m. 960) dal lato di nord-est.


Chiesa in Valmalenco

Procedendo diritti, raggiungiamo anche noi il centro principale della Valmalenco, nella zona prossima alla stazione di partenza degli impianti sciistici del Palù. Prendiamo a sinistra, superiamo il ponte del Curlo ed al primo tornante sx vediamo un nuovo cartello del Sentiero Rusca e del sentiero 204, che ci indica di lasciare la carozzabile salendo per una marcata mulattiera che però si interrompe. Dobbiamo quindi ignorare quest'indicazione procedere sulla carozzabile che continua nella salita e si innesta nella provinciale che lascia Chiesa in Valmalenco per salire a San Giuseppe e Chiareggio.
Procediamo sulla provinciale per un buon tratto, passando a sinistra di uno slargo presso il deposito della ditta “Nuova Serpentino d'Italia”. Circa 900 metri più avanti troviamo, sulla sinistra, un cartello del sentiero Rusca ed un cartello del sentiero 304 che segnalano la partenza di una stradella con fondo in cemento che porta in 10 minuti alla località Giovello (Giuèl). San Giuseppe è dato ad un'ora e Chiareggio a 2 ore e 20 minuti. Dopo un breve tratto di salita siamo ad un passaggio suggestivo: il percorso passa fra i resti della cava abbandonata del Giovello. Il fondo è stato elegantemente scalinato dalle pietre di serpentino ed in un tratto passiamo proprio sopra l'ingresso di un cunicolo ipogeo che serviva per l'estrazione di questa pietra. Superiamo così l'ennesima area di sosta e, lasciati alle spalle gli sfasciumi dell'ex-cava, ci innestiamo in un tratto che conserva le caratteristiche della storica mulattiera, intercettando la mulattiera che proviene, alla nostra sinistra, dalla pineta di Primolo.


Mulattiera per San Giuseppe

Si tratta del percorso ancora oggi molto usato per le passeggiate che dalla pineta di Primolo, sopra Chiesa in Valmalenco, traversano a San Giuseppe. Lo scenario si ingentilisce. Sotto lo sguardo benevolo dell'ormai nota triade Tremogge-Malenco-Entova, il largo sentiero corre un po' rialzato rispetto al Mallero, che scende alla nostra destra. Dopo un tratto nel quale attraversiamo un corpo franoso, fra grandi blocchi rossastri, percorriamo un tratto rialzato rispetto ai prati sui due lati, che conserva intatto il suo aspetto originario. Percorriamo poi una sorta di corridoio, fra larici, abeti e placide placche arrotondate, prima di scendere ad un ponte in legno che ci fa passare sul lato di destra (orientale) del Mallero, che qui cade fragorosamente da una briglia di contenimento per la quale sembra mostrare il massimo disprezzo. Saliamo subito alla piana di San Giuseppe (a valle della chiesetta) sfruttando un breve sentierino, oppure seguiamo verso sinistra una pista sterrata verso sinistra, fino ad un sentierino alla nostra destra che ci porta ad un ampio spiazzo che funge da parcheggio, poco a monte della chiesetta di San Giuseppe (san giüsèf, m. 1432). Se abbiamo programmato di pernottare qui, possiamo sfruttare l'albergo-locanda San Giuseppe, sulla strada di fronte alla chiesetta di San Giuseppe, o il rifugio-albergo Sasso nero (m. 1520), al quale saliamo in una decina di minuti imboccando la carozzabile che si stacca dalla provinciale per Chiareggio salendo verso i Barchi. Lo raggiungiamo dopo un paio di tornanti, dx ed sx.


San Giuseppe

DA SAN GIUSEPPE AL PASSO DEL MURETTO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
San Giuseppe-Chiareggio-Alpe dell'Oro-Passo del Muretto
5-6 h
1170
E
SINTESI. Da San Giuseppe percorriamo la provinciale per Chiareggio per 1 km e 200 metri, poi scendiamo a sinistra seguendo la pista del Sabbionaccio fino a Carotte. Qui seguiamo il tracciato della mulattiera che risale alla carozzabile, poi imbocchiamo la pista che scende ad attraversare il torrente Forasco. Dopo una risalita, traversiamo al ponte sul torrente Nevasco e saliamo ad intercettare la carozzabile, entrando in Chiareggio (m. 1612). Ci portiamo al limite opposto del paese e ad un bivio andiamo a destra, procedendo su strada, larga e comoda, che sale in una bella pineta con diversi tornanti, nei cui pressi si trovano anche alcune aree di sosta attrezzata. Dopo circa un'ora di cammino, procedendo verso nord-ovest usciamo dalla pineta e guadagniamo il terrazzo dell'alpe dell'Oro (m. 2010). Ignorata la deviazione a destra per l'alpe dell'Oro, proseguiamo sulla larga strada e dopo un breve tratto si apre al nostro sguardo l'alta valle del Muretto, con il passo che si distingue chiaramente. Giunti al cartello che segnala la quota 2115, lasciamo per un tratto il percorso storico, interrotto più a monte da una frana, per seguire una pista più bassa. Ci portiamo, quindi, alla conca denominata "zòca granda" o "grènda", dove si trovava un nevaio permanente, ora ridotto a ben modeste proporzioni. Il tracciato guadagna quota sul lato destro (per noi), è interrotto in un punto per un breve tratto (lo ritroviamo salendo in verticale per una ventina di metri) e, dopo alcuni secchi tornanti, ci porta al breve corridoio terminale, che termina ai 2562 metri del passo del Muretto, posto sul confine italo-svizzero.


Valle del Muretto

Il Sentiero Rusca prosegue risalendo l'alta Valmalenco con meta Chiareggio. Lo ritroviamo percorrendo un buon tratto di strada (1km e 200) verso Chiareggio, fino a trovare sulla sinistra la pista che scende alla località Sabbionaccio. Qui inizia un sistema di piste utilizzato dai bikers e d'inverno da chi pratica lo sci di fondo. Siccome del nucleo storico della Cavallera resta poco, il tracciato in parte sfrutta queste piste. Dopo un tratto sulla pista, procediamo su una traccia della Cavallera fra due muretti a secco. Ripresa la pista, saliamo alla località Carotte (o Carotto: caròt, m. 1458). Il nome non ha nulla a che vedere con fantomatici edifici diroccati, ma è legato alle formazioni rocciose a monte delle baite, roccioni con diverse marmitte e cavità, che ricordano, quindi, i “caròti”, colini usati per colare le ricotte. Di qui passa anche la carozzabile per Chiareggio.


Carotte

Qui il Sentiero Rusca lascia di nuovo la pista salendo verso la strada carozzabile. Poco oltre torniamo sulla pista di fondo e scendiamo per buon tratto a superare su un ponte in metallo il torrente Forasco. La pista, sostenuta da robuste murature, torna a salire, con diversi tornanti e raggiunge il piano realizzato sulla condotta forzata che serve l'impianto idroelettrico sul torrente Mallero. Seguendo la nuova pista giungiamo al ponte che scavalca il torrente Nevasco, oltre il quale la pista sale gradualmente fino ad intercettare la provinciale per Chiareggio, poco prima dell'ingresso in paese. Siamo infine alle case della nota località di soggiorno dell'alta Valmalenco (m. 1620) e, attraversandone le case, passiamo per la chiesetta di Sant'Anna e la ristrutturata osteria del Bosco, dove gli armati delle Tre Leghe Grigie sostarono per passare la notte fra il 25 ed l 26 luglio del 1612, con l'arciprete Rusca loro prigioniero. Oggi la struttura è denominata “Tròna”. Una targa posta vicino all'ingresso ricorda la sosta dell'arciprete: “In questo limite di pieve, in questa osteria del bosco il Ven. Arciprete di Sondrio Nicolò Rusca da faziosa milizia rapito nella mattina del 25 luglio 1618 iniziò la sua passione per la Fede Cattolica e per iniqua sentenza del Tribunale di Thusis la consumò il 4 sett. 1618”.
Il paese viene denominato localmente cirècc, cirécc o ciarécc, e, in un documento del 1544, “gieregio”. In una mappa del 1816 risultava costituito dalla chiesetta di S. Anna, dall’Osteria del Bosco, dal baitone di fronte alla chiesa e da sei piccole costruzioni lungo il Mallero.


Carotte

L'ultimo lungo segmento del Sentiero Rusca parte da qui e sale al passo del Muretto, sfruttando in gran parte il tracciato storico della Cavallera risistemato come pista militare.
Sul limite occidentale del paese la strada che lo attraversa porta ad un bivio: proseguendo diritti ci dirigiamo verso la pineta di Pian del Lupo (cattiva trasposizione in italiano di cià lla lòp, o ciàn de la lòp, vale a dire il piano della loppa, o lolla, materiale di scarto derivato dalla cottura del ferro: niente a che fare con i lupi, dunque!), mentre prendendo a destra saliamo alla volta dell'alpe dell'Oro (alp de l'òor, nel 1544 alpis de loro: niente a che vedere con il nobile metallo, ma con la radice che significa "bordo, ciglio su salto o dirupo"; chiamata anche curt de l’òor, in una mappa del 1816 risultava costituita da 22 baite) e della valle del Muretto (o val Muretto), che, insieme alla val Ventina (val de la venténa) ed alla Val Sissone (val de sisùm) costituisce l'estrema propaggine dell'alta Valmalenco. Scegliamo, seguendo le chiare indicazioni di un grande cartello, questa seconda possibilità, dopo aver parcheggiato l'automobile in uno dei parcheggi disponibili nel paese o nei suoi pressi. La strada, larga e comoda, sale in una bella pineta con diversi tornanti, nei cui pressi si trovano anche alcune aree di sosta attrezzata.  


Chiareggio

La maggior parte del suo tracciato è sostenuto, nel versante verso valle, da un muretto ben tenuto. Alcune soste ci permettono di ammirare buona parte della testata della val Sissone, dal monte omonimo, a destra (m. 3330), all'impressionante parete nord del monte Disgrazia (m. 3678), alla cui sinistra si distingue il pizzo Cassandra (piz Casàndra o Casèndra, m. 3226). Dopo circa un'ora di cammino usciamo dalla pineta e guadagniamo il bellissimo terrazzo dell'alpe dell'Oro (m. 2010), che costituisce un eccellente belvedere dal quale ammirare la parete nord del monte Disgrazia, con il severo e tormentato ghiacciaio. Non è questa, però, l'unica cima degna di essere osservata con attenzione: alla sua sinistra si distinguono, oltre al citato pizzo Cassandra, il pizzo Ventina ("piz de la venténa", immediatamente a destra dell'omonimo passo) ed il pizzo Rachele; alla sua destra, invece, sono ben visibili le cime di Vazzeda (m. 3301) e di Val Bona (m. 3033), che delimitano il piccolo ghiacciaio di Vazzeda, e l'elegante monte del Forno (fùren, o fórn, ma anche munt rus, m. 3214), a destra dell'omonimo valico. Il percorso da Chiareggio all'alpe costituisce anche una variante della prima parte della quarta tappa dell'Alta Via della Valmalenco (da Chiareggio al rifugio Palù); l'Alta Via, però, si stacca sulla destra dalla strada per il passo (un cartello che segnala il rifugio Longoni è posto proprio nel punto in cui i due percorsi si dividono).


Strada per il passo del Muretto

Ignorata la deviazione a destra, proseguiamo sulla larga strada: improvvisamente, dopo un breve tratto, si apre al nostro sguardo l'alta valle del Muretto ed il passo appare, là in fondo, inconfondibile. Sembra che non manchi molto prima di raggiungerlo, ma è un'impressione ingannevole: ci vuole ancora un'ora e tre quarti circa. Tuttavia la salita non è monotona e permette di ammirare, fra l'altro, lo splendido versante nord-orientale, con le cime che vanno dal monte dell'Oro al monte Muretto. Se la giornata è buona, siamo immersi in un vero e proprio bagno di luce (ma teniamo presente che nella prima metà di novembre, periodo in cui la salita regala colori stupendi, il sole ci abbandona intorno alle due del pomeriggio).
Superata la "trincea", punto nel quale la pista (tracciata dal genio militare fra il 1935 ed il 1940) propone una sorta di trincea-posto di osservazione verso l'alta valle del Muretto, giungiamo al cartello che segnala la quota 2115, e qui dobbiamo lasciare per un tratto il percorso storico, interrotto più a monte da una frana, per seguire una pista più bassa.


Verso il passo del Muretto

Ci portiamo, quindi, alla conca denominata "zòca granda" o "grènda", ad una ventina di minuti dalla meta: un tempo qui si trovava un nevaio permanente, ora ridotto a ben modeste proporzioni. Davanti a noi è ben visibile il passo, a destra della caratteristica formazione rocciosa che, per la sua forma tondeggiante, è stata chiamata "bàla del mürèt". Poi giungiamo allo strappo finale: il tracciato guadagna quota sul lato destro (per noi), è interrotto in un punto per un breve tratto (lo ritroviamo salendo in verticale per una ventina di metri) e, dopo alcuni secchi tornanti, ci porta al breve corridoio terminale, che termina ai 2562 metri del passo del Muretto, posto sul confine italo-svizzero.
Sul lato opposto si apre lo scenario, non molto ampio, ma grandioso, delle Alpi retiche svizzere. Scenario che però non ebbe certamente modo di gustare l'arciprete che, quasi quattro secoli fa, fu costretto a valicare il passo per trovare in terra svizzera la morte.


Passo del Muretto

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

SONDRIO-ARQUINO

ARQUINO-TORRE DI S. MARIA

TORRE DI S. MARIA-CHIESA IN VALMALENCO

CHIESA IN VALMALENCO-SAN GIUSEPPE

SAN GIUSEPPE-CHIAREGGIO

CHIAREGGIO-PASSO DEL MURETTO

APPENDICE STORICA

Tarcisio Salice, in un articolo sul castello di Malenco pubblicato sul Bollettino della Società Storica Valtellinese del 1979, così inquadra il rilievo storico del passo del Muretto:
“Nell'alto Medioevo la «via» della Valmalenco o del Muretto — inteso questo termine nel senso voluto da Cassiodoro — servì soprattutto per trasportare al piano i minerali e il legname, di cui la zona era particolarmente ricca; nel secolo XI, però, essa riprese importanza anche come naturale prolungamento verso i paesi transalpini delle mulattiere che dalla Bergamasca conducono alla media Valtellina attraverso la Valmadre e la convalle di S. Salvatore. Ne è prova la chiesa di S. Giacomo, menzionata per la prima volta nel Liber censuum della Chiesa romana, compilato nel 1192 dal cardinale Cenzio Savelli, poi papa Onorio III. Significativo è pure il fatto che tra i diritti feudali della famiglia De Capitani di Sondrio ci sia stato anche il pedaggio sul traghetto di Albosaggia.
Quella chiesa, sorta quando più frequenti divennero i pellegrinaggi dalle regioni germaniche al santuario di S. Giacomo di Compostella, sta ad indicare che all'interno dell'ansa del Mallero — e quindi ben protetto —andava già sviluppandosi quello che diverrà il paese principale della valle, anzi il suo capoluogo amministrativo e religioso. Alla fine del '200 la chiesa dei santi Giacomo e Filippo di Malenco appare già provvista di un proprio clero beneficiato e precisamente di un prete di nome Cressio Della Pergola e di un chierico (Ruggero Capitani) che era anche canonico di Sondrio. Nel 1343 la contrada di Chiesa mandava già quattro rappre­sentanti al consiglio generale del comune di Sondrio, come Ponchiera.
Il Duby ritiene che in casi consimili siano stati gli stessi signori feudali a decidere di organizzare il popolamento delle valli alpine, mossi molte volte da considerazioni politiche. «Si trattava — egli scrive — di rafforzare la sicurezza di una strada popolando le foreste che attraversava, oppure di consolidare la frontiera [del loro dominio] insediando nelle marche boscose e deserte che finora gli avevano formato intorno un largo spalto protettivo, forti comunità contadine costrette al servizio militare».
Che tale possa essere stato anche il caso della Valmalenco lo indica, a mio parere, il termine anziano, col quale veniva designato il capo amministrativo di quella quadra. Nei documenti chiavennaschi della seconda metà del '200 il titolo di anziano viene dato normalmente al vicino preposto a un drappello di soldati per distinguerlo dal nobile, al quale spettava quello di capitano. E' possibile, quindi, che il responsabile amministrativo della comunità di Malenco abbia avuto, almeno in origine, anche
compiti militari connessi col castello. Il periodo che va dall'XI al XIII secolo si distingue appunto per un notevole incremento demografico con conseguente espansione delle antiche zone agricole, per lo sfruttamento dei grandi erbai degli alpeggi e per l'intensificarsi del commercio di prodotti dell'allevamento, della lana, delle pelli e del legname da costruzione.

L'importanza militare del passo del Muretto aumentò specialmente durante l'interminabile contesa tra le due fazioni dei Rusca (ghibellini) e dei Vittani (guelfi) per la signoria di Como. Passarono sicuramente per quel passo i tre uomini che, fuggiti dalla Valtellina nel 1289 chi per Malenchum e chi per vallem Malenchi, furono catturati dai chiavennaschi e condotti a Como. Fu attraverso quel passo che nel 1326 i guelfi sondraschi fecero «una grande andata in servizio del signor Giorgio di Vicosoprano» e nell'anno successivo Egidio De Capitani, zio di Tebaldo, «mandò in soccorso del vescovo di Coira cinquanta uomini».
Sotto gli Sforza la via del Muretto fu considerata così importante per la difesa militare della Valtellina da essere compresa nel piano di revisione generale della viabilità valligiana voluto da Ludovico il Moro. Attraverso il Muretto i devoti di S. Gaudenzio martire pellegrinavano fino a Casaccia. in Valbregaglia, a venerarne le reliquie, mentre i De Vizzola e i Beccaria, loro successori nel capitaneato delle pievi di Sondrio e di Berbenno, allacciavano nodi matrimoniali coi Marmorera e i Castelmuro. Eppure, a detta del Lavizzari che cita in proposito il cronista Stefano, a Merlo, il passo del Muretto — o della Montagna dell'Oro, com'era anche chiamato — era transitabile soltanto in alcuni mesi estivi; solo eccezionalmente, nel 1540, era rimasto aperto tutto l'anno perché «dalle Calende di ottobre del 1539 non [era] caduta neve od acqua alcuna sino al 15 aprile dell'anno seguente»”

Ecco, infine, quanto scrive Nemo Canetta in un articolo del medesimo Bollettino della Società Storica Valtellinese, nel numero del 1978:
“Però non furono certamente solo considerazioni geografiche a far scegliere il passo del Muretto come via di comunicazione principale tra la media Valtellina ed il Nord, certo notevole peso ebbe il fatto che ai due capi delle valli che adducono al passo, vi siano Sondrio, capitale della Valtellina, e il passo della Maloggia. Il tragitto risulta particolamente breve e, a quanto ci consta, nel 1500 le carovane, che portavano nei Grigioni vino e «piode» di Valmalenco, impiegavano solo un giorno e mezzo dalla metropoli valtellinese al passo della Maloggia, con evidente risparmio di tempo rispetto ai lunghi giri sugli itinerari principali, inoltre l'itinerario attraversava la Valmalenco che, con i suoi oltre trecento kmq e le sue grandi ricchezze in boschi, pascoli e minerali, costituiva e costituisce tuttora una delle principali convalli della Valtellina, tanto che in essa sono compresi ben cinque comuni (Spriana, Torre Santa Maria, Chiesa, Caspoggio e Lanzada) oltre a larghi tratti del comune di Sondrio e Montagna. Pertanto la strada del Muretto non attraversava sterili lande ma territori relativamente ricchi e che anzi potevano concorrere ai commerci, ad esempio con le già citate «piode». A questo punto riteniamo che non vi sia bisogno di aggiungere altro sull'importanza di questo valico. ... Già parlando in generale del passo del Muretto è stata citata la strada che ad esso adduceva, sarà però opportuno chiarire che non si trattava di un solo itinerario ma di una serie di mulattiere che percorrevano i due fianchi della valle, almeno nella sua parte medio-inferiore. L'itinerario più antico, secondo alcuni avrebbe addirittura origine pre-romana, partiva dall'attuale abitato di Mossini passava per il borgo di Gualtieri e da qui si alzava a Cagnoletti e dopo un tratto a mezza costa portava a Bondoledo (Ca' Bianchi) ed al Castello di Torre, al di là del quale il percorso si confondeva in gran parte con le strade moderne fino a Chiesa. Qui con ogni probabilità l'itinerario si divideva in due: uno superiore che passando da Sasso portava a Primolo e da qui a S. Giuseppe e uno inferiore, forse più importante, che transitando dall'attuale centro di Chiesa conduceva al ponte di Curlo ed al Castello di Malenco e per la stretta del Giovello anch'esso a S. Giuseppe. Di qui la strada proseguiva con un tracciato più basso dell'attuale sino a Chiareggio e al passo. Verso la fine del Medio Evo la parte inferiore di questo itinerario doveva essere, almeno parzialmente, caduta in disuso con la costruzione del ponte di Arquino e la successiva stradetta che porta sotto Cagnoletti, prosegue poi per Tornadù ricongiungendosi con la precedente all'altezza di Torre.
Questo itinerario rimase il principale sino all'epoca della dominazione austriaca quando, sotto Bedoglio, venne costruito il ponte della Luisa; fu questa la prima vera strada carreggiabile della valle, tuttavia sia il ponte di Arquino che le tracce successive di strada sotto Cagnoletti dimostrano che questo itinerario già aveva la possibilità di essere percorso, almeno in parte, da qualche leggero traino locale. E' probabile che più o meno nello stesso periodo prendesse forma anche un altro itinerario, totalmente alternativo ed ancor oggi in gran parte percorribile se non fosse per la frana di Bedoglio. Sempre dal ponte di Arquino, ma tenendosi sul lato sinistro orografico della valle, una bella mulattiera si alza a Cucchi e da qui a Bedoglio, per Spriana e Marveggia ci si porta poi a Zarri e da qui a Cristini e a Milirolo. Da Milirolo il tracciato si confonde in gran parte con l'attuale strada provinciale, ma allora portava senza dubbio al Castello di Caspoggio e da qui all'omonimo borgo. Passando poi per Lanzada, Vassalini ed il Curlo ci si ricollegava alla strada principale…
Da quanto prima esposto risulta evidente che in un paio di giorni di marcia un esercito invasore poteva piombare dal cuore dei Grigioni su Sondrio, la capitale. Inoltre tale esercito, ed è proprio ciò che successe all'epoca del «Sacro Macello», una volta discesa la Valmalenco non aveva di fronte più nessun ostacolo naturale e pertanto poteva prendere sul rovescio tutte le forze di difesa dell'alta Valtellina. E infatti nell'agosto del 1620, quando le forze grigione, bloccate lungo gli itinerari principali, riuscirono a forzare il passaggio al Castello di Valmalenco non solo conquistarono Sondrio ma misero anche in crisi tutto lo schieramento degli insorti provocando l'intervento diretto degli Spagnoli.


Versante nord del monte Disgrazia dalla mulattiera per il Muretto

Su un piano militare bisogna inoltre tener conto di altri due fattori: innanzitutto la strada del Muretto non è costituita da un singolo itinerario che, come tale, può essere facilmente interrotto o sbarrato da esigue forze, ma da un fascio di mulattiere che a partire dall'alpestre borgo di S. Giuseppe scendono verso Sondrio tenendosi talora a notevole distanza l'una dall'altra. Inoltre esistono alcuni valichi, già citati, tra la Valmalenco orientale e l'alta valle di Poschiavo, territorio quest'ultimo che fu praticamente sempre sotto controllo grigione.
Questa via di penetrazione era importante in quanto permetteva di aggirare completamente la stretta del Giovello, fortificata dal castello di Malenco, e la cosa è comprovata dal fatto che durante la rivolta valtellinese furono inviati su questi confini dei guastatori per interrompere le comunicazioni.
Da quanto sopra esposto risulta evidente che chi aveva il controllo di Sondrio, se voleva guardare i confini settentrionali, non poteva limitarsi a presidiare un castello in Valmalenco, anche se in posizione strategica (castello di Malenco), ma doveva fortificare tutta la valle facendo sì che le varie opere fossero in comunicazione ottica una con l'altra. In tale modo, come da noi sperimentato tempo fa, Sondrio poteva essere avvertita del pericolo ai confini, in poco più di mezz'ora, quando le truppe nemiche fossero state ancora all'altezza di S. Giuseppe, a distanza cioè di più di mezza giornata di marcia dal capoluogo valtellinese.
Vi sarebbe perciò stato tutto il tempo, mentre le fortificazioni della valle trattenevano l'esercito invasore, non solo di approntare la difesa della città ma anche di reagire controffensivamente. Va tuttavia detto che non vi sono prove certe che questo sistema sia stato effettivamente utilizzato. Probabilmente all'epoca del cosidetto «Sacro Macello» era già caduto in disuso o perlomeno i vari autori non ne fanno parola.Dobbiamo però notare che la tradizione di queste comunicazioni ottiche, da un fortilizio all'altro, si è tenacemente perpetuata sino ai giorni nostri e che anzi ci è sovente capitato di incontrare anziani valligiani che ne parlavano con assoluta sicurezza e cognizione di causa. Lo schema delle fortificazioni della Valmalenco è pertanto il seguente:
Alta valle del Mallero: nessuna fortificazione; vi è però qualche vaga tradizione di posti di avvistamento nella zona di S. Giuseppe, il che è perfettamente plausibile.
Castello di Malenco: a sbarramento della stretta del Giovello, più o meno fiancheggiato da trinceramenti nella zona di Primolo.
Castello di Caspoggio: su di un dosso di fronte a Chiesa Valmalenco, al di là del Mallero.
Torre di q. 822 (detta anche di Basci): lungo l'attuale provinciale Torre Santa Maria - Chiesa.
Torri di Milirolo: complesso fortificato situato sulla parte anteriore dell'omonimo borgo.

Castello di Torre Santa Maria: si trattava probabilmente di una residenza castellata, è situata in località Volardi.
Torre nel comune di Spriana: di incerta localizzazione ma ricordata da numerose tradizioni orali.
Torre di Gualtieri: sita nei pressi dell'omonima frazione di Sondrio.
Castel Masegra.”

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