Camminando alla scoperta dei segni del passato più o meno remoto nel comune di Sondrio
CARTA DEL PERCORSO - GALLERIA DI IMMAGINI - ESCURSIONI A SONDRIO
Sant'Anna
Un percorso lungo ma interessantissimo, denominato Sentiero della Memoria e segnalato con pannelli e cartelli, permette di incontrare i luoghi legati a segni del passato più remoto (Preistoria ed Età del ferro) nel territorio di Sondrio. Permette altresì di visitare molti altri luoghi legati ad un passato più recente ma non meno significativo.
Il percorso, infine, godibilissimo in primavera ed autunno, inanella una serie di luoghi che regalano scorci panoramici suggestivi. Per questo con u po' di allenamento e buona volontà non possiamo mancare di metterlo in programma.
Apri qui una fotomappa del Sentiero della Memoria
IL SENTIERO DELLA MEMORIA
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Sondrio-Castel Masegra-Gombaro-Maioni-Colombera-S. Anna-Pradella di Sotto-Colle di Triangia-Triasso-Ganda-Sassella-Sondrio |
5 h |
570 |
E |
Sondrio-Castel Masegra-Gombaro-Maioni-Colombera-S. Anna-Pradella di Sotto-Colle di Triangia-Colombera-Triasso-Ganda-Sassella-Sondrio |
6 h |
600 |
T |
SINTESI. Dal palazzo Sassi de' Lavizzari a Sondrio ci portiamo a via Rusca (vicino alla Collegiata, m. 307) ed a Piazza Quadrivio. Seguendo il Sentiero Rusca saliamo a Scarpatetti e, lasciato il Sentiero Rusca che impegna la salita Schenardi, percorriamo interamente via Scarpatetti fino all'ingresso del Castel Masegra. Torniamo poi indietro ridiscendendo per via Scarpatetti, fino a trovare a destra il punto di arrivo della salita Ligari, una lunga scalinata di oltre 200 gradini. La imbocchiamo scendendo verso ovest e ci portiamo alla parte settentrionale di Piazza Cavour. Percorso un tratto della via Lungomallero Cadorna, percorriamo il ponte del Gombardo e sul lato opposto del Mallero troviamo, indicata da un cartello, la partenza di un sentierino che con pochi tornanti risale un ripido versante ed esce dalla boscaglia ai prati ed agli orti a valle di Maioni, frazione di Mossini. Non ci portiamo, però, verso Mossini ma, seguendo un cartello, pieghiamo a sinistra seguendo un sentiero che traversa verso sud, raggiungendo la chiesetta di San Bartolomeo (m. 414). Ci portiamo poi alla strada provinciale della Valmalenco e procediamo per un breve tratto verso destra, superando il cimitero di Mossini e S. Anna e prendendo subito a sinistra. Saliamo così verso l'ex-convento di San Lorenzo, ma prestiamo attenzione a sinistra: appena possibile scendiamo lungo una stradella che confluisce in una seconda stradella che percorriamo verso destra. Ci innestiamo così nel sentiero dedicato alla memoria del tenente colonnello Edoardo Alessi. Saliamo gradualmente verso il nucleo di Colombera, alle cui spalle spicca il campanile della chiesetta della vicina S. Anna. Ad un bivio prendiamo a destra, salendo su una straina ripida che si innesta nella carrozzabile che dall'ex-convento di San Lorenzo porta a Colombera (quella che abbiamo lasciato poco prima). Prendendo a sinistra siamo alla frazione di Colombera (m. 471), posta in una posizione splendifdamente panoramica. La attraversiamo sulla via principale, superando una valletta e raggiungendo una fontana dove troviamo un cartello giallo della Comunità Montana di Sondrio ed un segnavia bianco-rosso con numerazione 320 (Sentiero Alessi). Andiamo a destra camminando fra le case, superiamo un piccolo piazzale con una seconda fontana ed oltrepassiamo un passaggio coperto fra le abitazioni. Lasciamo così alle spalle le ultime case ed imbocchiamo un sentiero che sale fra muretti a secco, passando per la lapide collocata nel punto in cui il tenente colonnello Alessi fu colpito a morte. Poco più avanti attraversiamo una carrozzabile e sul lato opposto saliamo su una stradella asfaltata che quasi subito lascia il posto ad un sentiero, Passiamo a lato di un’abitazione e saliti pochi scalini intercettiamo di nuovo la carrozzabile, alla parte bassa della frazione di S. Anna (m. 552). Non saliamo però verso la chiesa. Alla nostra sinistra vediamo, sul lato opposto, il consueto segnavia numerato 320 che indica la ripartenza del sentiero, che troviamo dopo qualche gradino in cemento. Saliamo fra prati e vigneti, passando a sinistra delle case della frazione Moroni e raggiungendo Pradella di Sotto (661). Intercettiamo così una stradella e la seguiamo verso destra, portandoci alle case di Pradella di Sotto. In corrispondenza di un nuovo segnavia bianco-rosso numerato 320 si piega a sinistra seguendo una stradella che porta alla sommità del lungo colle di Triangia, in corrispondenza delle grandi antenne dei ripetitori televisivi della RAI (m. 800). Siamo alla soglia orientale del terrazzo glaciale di Triangia e vediamo alla nostra destra il nucleo di Triangia. Proseguendo diritti e piegando leggermente a sinistra raggiungiamo il segnalato masso-altare con coppelle preistoriche (m. 755). Torniamo indietro dal masso-altare e, più o meno all’altezza della chiesa di San Bernardo a Triangia, seguiamo le indicazioni del cartello del Sentiero della Memoria (385) e pieghiamo a destra (sud). Procedendo nella direzione indicata dal cartello intercettiamo la pista sterrata che scende lungo il versante meridionale del terrazzo di Triangia, e la seguiamo fino alla piazzola alla quale termina. Da qui inizia la parte più impegnativa della discesa (attenziona massima ai segnavia per non perdere le svolte), che sfrutta il cosiddetto Sentiero della Sassa. Percorso un breve tratto di una stradina sterrata, imbocchiamo un sentiero che inizia a scendere verso destra fra vigneti ancora ben curati. Il sentiero poi assume una pendenza più marcata ed attraversa vigneti incolti, descrivendo una lunga diagonale verso destra (sud-ovest), attraversando una breve fascia di roverelle, dalla quale usciamo ad una nuova striscia di vigneti abbandonati. Siamo alla parte più delicata della traversata, perché inizia una discesa che sfrutta ripide scalette e ciglioni quasi intagliati nella roccia, con tratti protetti da corrimano, ma pur sempre insidiosi e del tutto sconsigliabili con terreno bagnato. Oltretutto l’impressione visiva è quella di essere sospesi sopra un salto del quale non vediamo il fondo, per cui le persone impressionabili si troveranno in difficoltà. Di scaletta in scaletta e di terrazzo in terrazzo scendiamo in vista della stradella che traversa fin qui da S. Anna. Per breve tratto invertiamo la direzione, volgendo bruscamente a sinistra, poi scendiamo poco sotto la piazzola alla quale termina la stradella con fondo in cemento. Il paesaggio si addolcisce e procediamo verso destra fra vigneti ben tenuti. Poi la traccia entra in un versante boscoso molto ripido, e procediamo, con tratti in piano e brevi salire, fra robinie e roverelle. Anche qui stiamo molto attenti a non scivolare. Usciti dal bosco, proseguiamo verso ovest attraversando terrazzi di vigneti abbandonati. Una ripida discesa ci porta ad un piccolo terrazzo di forma triangolare dal quale scendiamo ad un varco nella rete paramassi a monte di Triasso. Oltre la rete pieghiamo a sinistra attraversando l’ultima fascia di vigneti, accuratamente coltivati, fino a raggiungere le case di Triasso (m. 430). Possiamo scendere a Triasso anche per una variante più lunga e tranquilla. In questo secondo caso dal colle di Triangia ridiscendiamo a Colombera per la medesima via di salita. Dalla fontana di Colombera ridiscendiamo alla stradina che lascia la carrozzabile per S. Lorenzo scendendo ripida a destra. Intercettata la stradella già percorsa all’andata, la seguiamo questa volta verso destra, cioè nella panoramicissima traversa che, con qualche saliscendi, verso sud-ovest, con un ultimo tratto nella boscaglia termina proprio a Triasso. Proseguiamo ora sulla carrozzabile che da Triasso prosegue verso ovest, in direzione della località Moroni. Dopo qualche centinaio di metri ci raggiunge salendo da sinistra la stradella che sale dalla frazione Grigioni di Castione e passiamo sotto uno sperone roccioso sormontato da una casupola (la Ganda). Proseguiamo per diritti, salendo per breve tratto fino a raggiungere il punto in cui la strada per Moroni, nel punto in cui termina il fondo in asfalto, propone uno slargo. Alla sua destra parte una pista sterrata. La seguiamo salendo in una selva, superando una casa e terminando ad un piccolo slargo, dal quale parte una pista secondaria che sale ancora per breve tratto, ai vigneti superiori. Non percorriamo questa seconda pista, ma allo slargo, immediatamente a valle del quale è posto un rustico, cerchiamo verso valle un passaggio che ci introduce alle roccette ed ai vigneti che stanno proprio di fronte alla facciata del rustico. Sulla destra del primo tratto del sentiero che scende, verso sinistra, ai vigneti sottostanti sono poste due rocce sulle quali è facile individuare iscrizioni rupestri della Ganda. Tornati a Triasso, all’ingresso del nucleo troviamo i cartelli che segnalano la partenza del sentierino che scende alla Madonna della Sassella. Anche in questo caso seguiamo tracce di sentiero e percorsi fra vigneti e muretti a secco, prestando molta attenzione ai segnavia. A metà della discesa intercettiamo una stradella con fondo in cemento e proseguiamo nella discesa sul lato opposto, fino a giungere in vista del campanile della Madonna della Sassella. Anche in questo caso possiamo scegliere una soluzione più lunga e tranquilla, cioè scendere da Triasso verso Sondrio, sulla carrozzabile dalla quale, all’ultimo tornante sx, si stacca sulla destra la stradella che porta diritta alla Madonna della Sassella. Sul lato opposto rispetto al parcheggio di fronte alla chiesa, cioè ad est, verso Sondrio, parte una stradella (quella appena menzionata) con fondo in erba che procede con qualche saliscendi, fino al tornante più basso della carrozzabile che dalla periferia occidentale di Sondrio sale a Triasso. Inizia ora la parte terminale dell’anello: scendiamo ad imboccare la via Valeriana, la percorriamo interamente passando a sinistra dei campi di rugby e calcio di Sondrio, fino ad intercettare la provinciale della Valmalenco. Proseguendo diritti passiamo davanti alla chiesa del Rosario e, piegando a destra, raggiungiamo Viale Milano. Lo percorriamo interamente verso sinistra, proseguendo diritti fino al ponte sul Mallero che dà accesso a piazza Garibaldi. Da qui in breve siamo alla Collegiata di Sondrio ed al vicino Palazzo Sassi de’ Lavizzari, dove l’anello del Sentiero della Memoria termina. |
Il palazzo Sassi de' Lavizzari
Il percorso parte da palazzo Sassi de' Lavizzari, sede del Museo Valtellinese di Storia ed Arte. Da qui ci portiamo alla vicina chiesa Collegiata di Sondrio e ci portiamo in via Rusca a Sondrio (m. 307), fra la chiesa collegiata di Sondrio e la casa arcipretale, dove troviamo due pannelli illustrativi. Di qui, seguendo il Sentiero Rusca, ci portiamo, procedendo verso est su via Maurizio Quadrio, in piazza Quadrivio e proseguiamo verso nord, fino alla caratteristica frazione di Scarpatetti. Qui la stradina comincia a salire. Il Sentiero Rusca prosegue alla nostra destra su una scalinata, la cosiddetta salita Schenardi, che porta al terrazzo panoramico del Convitto Giuseppe Piazzi di Sondrio, con ottimo colpo d'occhio su Sondrio ed in particolare su Scarpatetti e sul colle del Castello Masegra. Noi però lo lasciamo e proseguiamo diritti fino al termine della via Scarpatetti, giungendo proprio all'ingresso del Castel Masegra (m. 370), prima significativa tappa di questo percorso della memoria.
Sondrio vista dal Castel Masegra
Lunga e travagliata la storia di questa fortificazione. Lo fece edificare nel 1048 Alberto Capitanei, che nel 1040 aveva ricevuto in feudo la Pieve di Sondrio da Enrico III di Franconia. Nel 1436 Jacopa Capitanei, ultima discendente dell’illustre famiglia guelfa, sposò Antonio Beccaria, alla cui famiglia passò il castello fino al 1595, quando venne ceduto alla famiglia grigionese dei Salis. Dopo l’unità d’Italia il castello passò al demanio ma conservò le sue funzioni militari, fino a diventare, in tempi più recenti, sede staccata del Distretto Militare di Como. Oggi è sede di un museo dedicato ai tre secoli di dominazione delle Tre Leghe Grigie sulla Valtellina, sulla contea di Chiavenna e su quella di Bormio (cfr. www.castelmasegra.org). Il castello è posto su un caratteristico colle morenico che ha rivelato, dopo recenti scavi, tracce di insediamenti databili all'Età del Ferro (V-II sec. a.C.).
Castel Masegra
Torniamo ora indietro ridiscendendo per via Scarpatetti, fino a trovare a destra il pnto di arrivo della salita Ligari, una lunga scalinata di oltre 200 gradini. la imbocchiamo scendendo verso ovest e ci portiamo alla parte settentrionale di Piazza Cavour, passando per il quartiere Fraccarolo, che in passato ospitava mulini che sfruttavano la forza del Mallero e magli per la lavorazione del ferro.
Da Piazza Cavour saliamo alla carrozzabile che da piazza Garibaldi sale a Ponchiera, seguiamo per un tratto la via Lungomallero Luigi Cadorna, verso destra, fino al ponte sul Gombaro, il nuovo ponte in ferro costruito dopo l'alluvione del 1987. Il nome della località Gombaro ha forse un'origine celtica, oppure allude all'ingombro dei detriti alluvionali che il Mallero nelle sue piene scaricava all'uscita dalle profonde gole della Cassandra (nome che a sua volta deriva probabilmente da "incassato", angusto).
Sondrio vista dal Gombaro
Presso il ponte troviamo un segno che si intona perfettamente con il tema del sentiero e con la memoria della resistenza. E' stata infatti collocata una targa che commemora la figura del partigiano Andrea Graziadelli, il "Moro", ferito e catturato proprio qui nella notte fra il 15 e 16 marzo 1945, nel contesto del tentativo fallito di prelevare armi dal Castel Masegra. Fu colpito mentre copriva la ritirata dei suoi compagni. Torturato nella caserma del Distretto Militare perché denunciasse altri partigiani, resistette e ripetè solamente, fino alla morte,"mi chiamo Moro e sono partigiano".
Poco più avanti (verso le gole del Mallero) troviamo, segnalata da un cartello, la partenza di un sentiero (chiamato localmente "sentierino" che sale sul fianco orientale del terrazzo di Mossini e, dopo poche svolte, esce dalla boscaglia ai prati ed agli orti a valle di Maioni, frazione di Mossini.
Anche il nome di Maioni deriva probabilmente dai magli che un tempo erano attivi per la lavorazione del ferro. Siamo nella parte più ridente del verde pianoro che ospita Mossini, che vediamo davanti a noi raccolta intorno alla chiesa di San Carlo Borromeo. Non ci portiamo, però, verso Mossini ma, seguendo un cartello, pieghiamo a sinistra seguendo un sentiero che traversa verso sud, portando alla chiesetta di San Bartolomeo (m. 414).
Maioni
La chiesetta è posta su un poggio roccioso, in posizione caratteristica e dominante sopra Sondrio. La sua costruzione, nel 1413, su una rupe di proprietà dei Lavizzari, si deve alla vicina frazione di Maioni, o Maione. Era intitolata anche a Santa Domenica e venne ampliata nel 1684.
Durante il primo periodo della dominazione delle Tre Leghe Grigie, dalla seconda metà del Cinquecento al 1620, venne utilizzata, per le funzioni dei pastori protestanti. Il cosiddetto "Sacro Macello di Valtellina", cioè la rivolta della nobiltà cattolica e la conseguente caccia al protestante con diverse centinaia di vittime (luglio 1620) pose fine alla presenza dei Riformati in valle, ed anche la chiesetta tornò al culto cattolico.
Il fascino del luogo è arricchito dal fatto che nelle rocce appena a valle della chiesetta, sul versante che guarda Sondrio, sono state scoperte coppellature preistoriche. Interessante è anche una marmitta dei giganti utilizzata oggi per la raccolta dell'acqua piovana a servizio dei vigneti abbarbicati sul ripido versante. Anche qui siamo sulle "Rupi del vino", per parafrasare un recente documentario di Ermanno Olmi.
San Bartolomeo
Il Sentiero della Memoria prosegue traversando alla frazione di Colombera, verso ovest. Per farla ci portiamo alla strada provinciale della Valmalenco e procediamo per un breve tratto verso destra, superando il cimitero di Mossini e S. Anna e prendendo subito a sinistra. Saliamo così verso l'ex-convento di San Lorenzo, altro luogo denso di storia e suggestioni.
L'ex-convento di San Lorenzo
In origine castello di San Giorgio della famiglia dei Capitanei di Sondrio, divenne monastero quando venne donato nel 1100 all'abbadessa Boniza, alle monache e alla chiesa dei Santi Lorenzo e Giorgio, edificata "infra castrum quod dicitur castello Sancti Laurentii", insieme a terre e decime di due fondi recintati siti nelle vicinanze della medesima chiesa. Venne così fondato un monastero femminile di osservanza benedettina, che durò fino al 1805, con significativo numero di religiose. Nel 1624, per sempio, sono attestate ventuno professe e converse, più sette educande, mentre nel 1781 il cenobio era costituito da trentatré professe e sette converse.
A valle del monastero si stendevano (e si stendono ancora oggi) splendidi vigneti delle cui rendire le monache fruivano per il sostentamento.
Nel 1805 le disposizioni napoleoniche portarono alla chiusura del monastero, che passò al demanio diventando sede della guardia di finanzia, carcere, ricovero, caserma ed osteria, finché nel 1888 fu affidato alle suore dell'Ordine di Santa Croce di Metzingen, che vi aprirono un istituto feminile e successivaente un asilo. Dal 2008, infine, rimase inutilizzato ed è stato nel 2013 posto in vendita.
L'ex-convento di San Lorenzo
Percorrendo la stradina verso l'ex-convento di San Lorenzo prestiamo attenzione a sinistra: appena possibile scendiamo lungo una stradella che confluisce in una seconda stradella che percorriamo verso destra. Ci innestiamo così nel sentiero dedicato alla memoria del tenente colonnello Edoardo Alessi, splendida figura di militare dell'Arma dei Carabinieri che si segnalò per eroico coraggio nella guerra d'Africa e poi nella guerra di resistenza in Valtellina. Due giorno prima che la Valtellina fosse liberata cadde per mano di un gruppo di camicie nere sbandate, il 26 aprile del 1946. Una targa che incontreremo più avanti, nel punto della tragedia, la ricorda.
Ex-concento di San Lorenzo
Saliamo gradualmente verso il nucleo di Colombera, alle cui spalle spicca il campanile della chiesetta della vicina S. Anna. Ad un bivio prendiamo a destra, salendo su una straina ripida che si innesta nella carrozzabile che dall'ex-convento di San Lorenzo porta a Colombera (quella che abbiamo lasciato poco prima). Prendendo a sinistra siamo alla frazione di Colombera (m. 471), posta in una posizione splendifdamente panoramica. La attraversiamo sulla via principale, superando una valletta e raggiungendo una fontana dove troviamo un cartello giallo della Comunità Montana di Sondrio ed un segnavia bianco-rosso con numerazione 320 (Sentiero Alessi). Andiamo a destra camminando fra le case, superiamo un piccolo piazzale con una seconda fontana ed oltrepassiamo un passaggio coperto fra le abitazioni.
Colombera
Lasciamo così alle spalle le ultime case ed imbocchiamo un sentiero che sale fra muretti a secco, raggiungendo la lapide collocata nel punto in cui il tenente colonnello Alessi fu colpito a morte. Vi leggiamo: "Qui sulla soglia del giorno prefisso la redenzione della valle il 26-4-1945 la morte accomunò nella gloria il comandante Marcello (Ten. Col. Alessi) e il fedelissimo Cesare (Adriano Cometti). Custodi del sacro olocausto gli abitanti di S. Anna e Mossini posero".
Colombera
Poco più avanti attraversiamo una carrozzabile e sul lato opposto saliamo su una stradella asfaltata che quasi subito lascia il posto ad un sentiero, Passiamo a lato di un’abitazione e saliti pochi scalini intercettiamo di nuovo la carrozzabile. alla parte bassa della frazione di S. Anna (m. 552). Non saliamo però verso la chiesa. Alla nostra sinistra, infatti, vediamo, sul lato opposto, il consueto segnavia numerato 320 che indica la ripartenza del sentiero, che troviamo dopo qualche gradino in cemento. Saliamo fra prati e vigneti, passando a sinistra delle case della frazione Moroni e raggiungendo Pradella di Sotto. Intercettiamo così una stradella e la seguiamo verso destra, portandoci alle case di Pradella di Sotto.
Salendo verso Pradella di Sotto
In corrispondenza di un nuovo segnavia bianco-rosso numerato 320 si piega a sinistra seguendo una stradella che porta alla sommità del lungo colle di Triangia, in corrispondenza delle grandi antenne dei ripetitori televisivi della RAI (m. 800). Siamo alla soglia orientale del terrazzo glaciale di Triangia, il più ampio ed alto nella media Valtellina. Alla nostra destra il nucleo di Triangia sorride felice per la sua posizione attorno alla bianca chiesetta di san Bernardo.
Triangia
Triangia è il borgo legato ad un'antica leggenda secondo la quale qui apparvero un giorno tre angeli, che indussero i contadini del luogo a chiamare il loro paese "Tri àngei", da cui poi "Triangia", appunto. Gli etimologisti però, assai refrattari alla suggestione delle leggende, suggeriscono una diversa origine del nome, forse da "triangula", con riferimento alla forma triangolare del terreno. In effetti nei documenti antichi la località viene menzionata con il nome di Triangola.
Apri qui una panoramica sul Colle di Triangia
Sia come sia, il paese è noto per l'ottima posizione panoramica e climatica sul medio versante retico a monte di Sondrio, ad una quota di 800 metri. L'Ecomuseo del monte Rolla, che ha contribuito significativamente alla realizzazione di questo sentiero, ha sede in casa Tocalli proprio a Triangia e ne cura e valorizza le biodiversità culturali.
Triangia
Parlando del “piccolo villaggio” di Triangia la Guida alla Valtellina edita dal CAI di Sondrio (1884, II edizione, a cura di Fabio Besta) evidenzia la figura del parroco Parolini, alla cui iniziativa si deve la costruzione della strada da S. Anna a Triangia, oltre che l’istituzione dell’asilo e della scuola mista: “Egli, ottenuti gratuitamente i progetti degli ingegneri, e dal comune qualche piccolo sussidio, spinse i propri parrocchiani a lavorare per la strada nei giorni festivi, dirigendoli e guidandoli egli stesso, e potè così vedere l’opera compiuta in breve tempo. Segnaliamo volentieri alla pubblica gratitudine questo ottimo e modesto sacerdote, al quale devesi anche l’istituzione dell’asilo e della scuola mista del villaggio”. All'inizio del secolo scorso vi si coltivava ancora la vite e vi era un'osteria molto frequentata.
Triangia
Triangia è collocata sul lato settentrionale di un ampio corridoio che delimita un ancor più ampio altipiano ondulato, unico per ampiezza e conformazione nelle montagne della media Valtellina. Unico per diversi motivi. La panoramicità eccellente, innanzitutto: dal Culmine di Dazio nella cornice delle cime della Val Gerola e dalla cima del Desenigo (avamposto del gruppo del Masino), a destra (ovest), al passo dell'Aprica ed al gruppo dell'Adamello, a sinistra (est), lo sguardo a sud raggiunge l'intera catena orobica nella sezione centro-orientale. L'estensione e la morfologia, poi: un piccolo altipiano esteso circa 35 ettari, con la forma ondulata e modulata da 12 dossi dall'altezza media di una decina di metri. Lungo l'avvallamento che separa il colle dal versante di Triangia corre da est ad ovest la geologicamente importante Linea Insubrica, che separa la zolla austroalpina delle alpi Retiche, appartenente alla zolla europea, da quella sudalpina delle Orobie, appartenente alla zolla africana. Forzando un po’, siamo geologicamente a cavallo fra Europa ed Africa.
La media Valtellina occidentale fino al Culmine di Dazio vista dal colle di Triangia
Ma siamo anche a cavallo fra la più recente modernità, ben rappresentata dal recinto dei ripetitori, e la lontana preistoria, che ha lasciato traccia di sé, ad ovest, nella "Zòca di mort", dove si trova infine un grande masso con numerose coppelle risalenti probabilmente all'Età del Bronzo. Evidentemente questo luogo, per la sua posizione, assunse in quel periodo una grande importanza cultuale. Questo il significato più probabile delle coppelle, corroborato dal toponimo "Zòca di mort" che rimanda a significati di sacrifici culturali di animali ("masso-altare"). Non è esclusa però anche una valenza astronomica, di riproduzione-richiamo, cioè, della disposizione degli astri osservabili dal colle.
Il Colle di Triangia
Il masso-altare (m. 755) rappresenta il punto culminante del Sentiero della Memoria, ma non l’ultima tappa. La seconda parte dell’anello ridiscende a Sondrio passando per Triasso (con una puntata alla Ganda) e la Sassella. Ciò può avvenire per due vie, una più “avventurosa” e breve, l’altra più tranquilla e lunga. La via diretta scende sul dirupato versante meridionale del colle di Triangia, e richiede esperienza escursionistica, perché alcuni passaggi sono esposti e con terreno bagnato o scarsa attenzione il rischio di scivolate pericolosissime è concreto. Bisogna inoltre stare attenti ai segnavia, perché il percorso si districa in un mosaico di roccioni e vigneti, e in diversi tratti se non si sa esattamente dove passare si rischia di finire nel vicolo cieco di quale poggio o muretto a secco.
Media Valtellina orientale e gruppo dell'Adamello visti dal colle di Triangia
Se vogliamo percorrerla torniamo indietro dal masso-altare e, più o meno all’altezza della chiesa di San Bernardo a Triangia seguiamo le indicazioni del cartello del Sentiero della Memoria (385), che classifica la discesa con "EE", perché si richiedono esperienza escursionistica ed attenzione per affrontarne alcuni passaggi.
Procedendo nella direzione indicata dal cartello intercettiamo la pista sterrata che scende lungo il versante meridionale del terrazzo di Triangia, e la seguiamo fino alla piazzola alla quale termina. Da qui inizia la parte più impegnativa della discesa (attenziona massima ai segnavia per non perdere le svolte), che sfrutta il cosiddetto Sentiero della Sassa. Percorso un breve tratto di una stradina sterrata, imbocchiamo un sentiero che inizia a scendere verso destra fra vigneti ancora ben curati.
Il sentiero della Sassa |
Il sentiero della Sassa |
Il sentiero poi assume una pendenza più marcata ed attraversa vigneti incolti, descrivendo una lunga diagonale verso destra (sud-ovest), attraversando una breve fascia di roverelle, dalla quale usciamo ad una nuova striscia di vigneti abbandonati. Siamo alla parte più delicata della traversata, perché inizia una discesa che sfrutta ripide scalette e ciglioni quasi intagliati nella roccia, con tratti protetti da corrimano, ma pur sempre insidiosi e del tutto sconsigliabili con terreno bagnato. Oltretutto l’impressione visiva è quella di essere sospesi sopra un salto del quale non vediamo il fondo, per cui le persone impressionabili si troveranno in difficoltà. Di scaletta in scaletta e di terrazzo in terrazzo scendiamo in vista della stradella che traversa fin qui da S. Anna. Per breve tratto invertiamo la direzione, volgendo bruscamente a sinistra, poi scendiamo poco sotto la piazzola alla quale termina la stradella con fondo in cemento. Il paesaggio si addolcisce e procediamo verso destra fra vigneti ben tenuti.
Apri qui una panoramica su Sondrio dalla piazzola dove termina la pista che viene da S. Anna
Poi la traccia entra in un versante boscoso molto ripido, e procediamo, con tratti in piano e brevi salire, fra robinie e roverelle. Anche qui stiamo molto attenti a non scivolare. Usciti dal bosco, proseguiamo verso ovest attraversando terrazzi di vigneti abbandonati. Una ripida discesa ci porta ad un piccolo terrazzo di forma triangolare dal quale scendiamo ad un varco nella rete paramassi a monte di Triasso. Oltre la rete pieghiamo a sinistra attraversando l’ultima fascia di vigneti, accuratamente coltivati, fino a raggiungere le case di Triasso (m. 430), piccolo borgo rannicchiato a 430 metri, in un corridoio che interrompe la discesa del versante roccioso al fondovalle.
Triasso
Dal paese dei tre angeli a quello dei tre assi (tri às)? Di nuovo l'etimologia dice no, perché ipotizza, con l'Olivieri, l'origine da "trigaccio", cioè "luogo di sosta". E di certo è questo un luogo nel quale si sosta volentieri, anche se la sua storia non è priva di momenti tragici.
Sul muro di una casa sul limite orientale del borgo (a destra della strada, in uscita dal paese) viene commemorato uno dei più foschi episodi che segnarono tragicamente le ultime settimane della seconda guerra mondiale in Valtellina.
Apri qui la targa su una casa di Triasso
Il 6 aprile 1945 alcuni reparti delle Brigate Nere repubblichine, guidati da Cazzola, De Angelis e Canova, incendiano le frazioni di Sassella e di Triasso e fucilano tre giovani di Triasso, Carlo Dell'Agostino, Carlo Stangoni e Silvio Melè, come rappresaglia per l'uccisione di alcuni militi della Brigata Nera “Garibaldi” ad opera delle Squadre di Azione Partigiana presso il Santuario della Sassella il giorno prima. Sulla targa si legge: "La sera del 6 aprile 1945 per terroristica azione fascista vennero incendiate queste case e barbaramente qui fucilati Dell'Agostino Carlo, Stangoni Carlo, Melè Silvio". Anche questa memoria appartiene dolorosamente alla storia di Sondrio.
Triasso
Vediamo ora come scendere a Triasso per la variante della via più lunga ma anche tranquilla. In questo secondo caso dal colle di Triangia ridiscendiamo a Colombera per la medesima via di salita. Dalla fontana di Colombera ridiscendiamo alla stradina che lascia la carrozzabile per S. Lorenzo scendendo ripida a destra. Intercettata la stradella già percorsa all’andata, la seguiamo questa volta verso destra, cioè nella panoramicissima traversa che, con qualche saliscendi, verso sud-ovest, con un ultimo tratto nella boscaglia termina proprio a Triasso.
Colpo d'occhio su Sondrio dalla strada Colombera-Triasso
Il Sentiero della Memoria prevede ora, prima della discesa da Triasso alla Madonna della Sassella, una puntata al sito della Ganda, dove sono state scoperte interessanti incisioni rupestri. Per farlo percorriamo la carrozzabile che da Triasso prosegue verso ovest, in direzione della località Moroni, frazione di Castione Andevenno. Dopo qualche centinaio di metri ci raggiunge salendo da sinistra la stradella che sale dalla frazione Grigioni (Grisùn) di Castione e passiamo sotto uno sperone roccioso sormontato da una casupola (la Ganda). Proseguiamo per diritti, salendo per breve tratto fino a raggiungere il punto in cui la strada per Moroni, nel punto in cui termina il fondo in asfalto, propone uno slargo.
Panorama occidentale dalla Ganda
Alla sua destra parte una pista sterrata. La seguiamo salendo in una selva, superando una casa e terminando ad un piccolo slargo, dal quale parte una pista secondaria che sale ancora per breve tratto, ai vigneti superiori. Non percorriamo questa seconda pista, ma allo slargo, immediatamente a valle del quale è posto un rustico, cerchiamo verso valle un passaggio che ci introduce alle roccette ed ai vigneti che stanno proprio di fronte alla facciata del rustico. Sulla destra del primo tratto del sentiero che scende, verso sinistra, ai vigneti sottostanti sono poste due rocce sulle quali è facile individuare iscrizioni rupestri della località Ganda, scoperte negli anni novanta del Novecento. Si tratta di 80 figure antropomorfe, di armati e di donne oranti, oltre a numerose coppelle e cataletti, risalenti all’Età del Bronzo medio-tarda. Secondo l’interpretazione di U. Sansoni le iscrizioni rappresentano un’intera comunità, con sacerdoti, guerrieri (compresa la figura posta in maggiore evidenza), donne ed adolescenti. Le ore serali, quando la luce è radente alla roccia, sono le più propizie per apprezzarne le figure.
Incisioni rupestri della Ganda
Da questo tuffo nel passato profondo, che ci riporta alle suggestioni del mass-altare di Triangia, torniamo a Triasso. All’ingresso del nucleo troviamo i cartelli che segnalano la partenza del sentierino che scende alla Madonna della Sassella. Anche in questo caso seguiamo tracce di sentiero e percorsi fra vigneti e muretti a secco, prestando molta attenzione ai segnavia. A metà della discesa intercettiamo una stradella con fondo in cemento e proseguiamo nella discesa sul lato opposto, fino a giungere in vista del campanile del Santuario della Madonna della Sassella.
Anche in questo caso se mal sopportiamo l’idea di dover zigzagare con percorso non chiaro, possiamo scegliere una soluzione più lunga e tranquilla, cioè scendere da Triasso verso Sondrio, sulla carrozzabile dalla quale, all’ultimo tornante sx, si stacca sulla destra la stradella che porta diritta alla Madonna della Sassella.
Scendendo da Triasso alla Sassella
Il Santuario della Sassella, dedicato alla Beata Vergine Maria Annunciata, è una delle icone più caratteristiche di Sondrio e sorge sull’omonima rocca alle porte occidentali della città, ben visibile dalla strada Statale per chi proviene da Milano. Si tratta di un luogo molto caro ai Sondriesi, l’unico santuario della città, la meta di una classicissima passeggiata delle domeniche primaverili. Secondo un'antica leggenda, la chiesa venne costruita nel 932 sul fondovalle, ma una mattina non la si trovò più. Superato lo sgomentò, non ci volle molto per verificare che la chiesa non era scomparsa, ma sorgeva sullo sperone roccioso monte del fondovalle, dove, evidentemente, era stata spostata dalla Beata Vergine Maria, che la voleva in quel luogo più elevato e visibile. Fin qui la leggenda. Dal punto di vista della storia le prime notizie certe risalgono al secolo XV. La prima data sicura è quella della consacrazione, avvenuta nel 1521 per opera del vescovo di Lodi Francesco Ladino.
Il Santuario della Beata Vergine della Sassella
La devozione alla Madonna della Sassella fu sempre vivissima, ed a lei si attribuivano numerosi miracoli. Il sacerdote Luigi Casati scrive che già nel 1320 “le grazie e i prodigi operati dalla Madonna nel suo tempio erano tali e tanti che richiamavano sempre più gente che lasciava ricche offerte in beni e in denaro..." Il miracolo più famoso fu certamente quello del 1736, che il medesimo sacerdote definisce "miracolo ottenuto da Dio per l’invocazione dalla B.V. della Sassella il 18 giugno 1736 da due boni Religiosi Capuccini, che con altre nove persone traghettando l’Adda oltre modo gonfia sul Porto d’Albosaggia, di questo spezzatosi la grossa catena, et infrantesi le navi, tutti trovaronsi giù naufragati ... e chi nel piano di Castione, chi in quello di Caiolo, e chi finalmente fino al ponte di S.Pietro tutti undici … portentosamente salvati.” Ed in effetti dal sagrato della chiesetta il colpo d’occhio sul conoide di Albosaggia, su Caiolo e su Castione è ottimo. Come è ottimo il colpo d’occhio su Sondrio sulla media Valtellina orientale.
La stradella che dalla Sassella scende alla via Valeriana
Torniamo ora a Sondrio per il percorso della classica passeggiata domenicale primaverile dei Sondriesi. Sul lato opposto rispetto al parcheggio di fronte alla chiesa, cioè ad est, verso Sondrio, parte una stradella con fondo in erba che procede con qualche saliscendi, passando per una delle 4 cappelle rimaste sul percorso che dal Santuario porta a Sondrio. La stradella termina al tornante più basso della carrozzabile che dalla periferia occidentale di Sondrio sale a Triasso. Inizia ora la parte terminale dell’anello: scendiamo ad imboccare la via Valreriana, la percorriamo interamente passando a sinistra dei campi di rugby e calcio di Sondrio, fino ad intercettare la provinciale della Valmalenco. Proseguendo diritti passiamo davanti alla chiesa del Rosario e, piegando a destra, raggiungiamo viale Milano. Lo percorriamo interamente verso sinistra, proseguendo diritti fino al ponte sul Mallero che dà accesso a piazza Garibaldi. Da qui in breve siamo alla Collegiata di Sondrio ed al vicino Palazzo Sassi de’ Lavizzari, dove l’anello del Sentiero della Memoria termina.
Triangia
CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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