Un giro degli alpeggi della Valle del Boco
ESCURSIONI A POSTALESIO - GALLERIA DI IMMAGINI - CARTA DEL PERCORSO
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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Pra Lone - Ciaz (Mangingasco) - Baita 1660 m. - Alpi Gorlo, Morscenzo, Pianette, Colina - Alpe Cigolosa - Pista |
6 h |
900 |
EE |
SINTESI. Da Postalesio saliamo sulla carozzabile che porta al maggendo di Pra Lone (m. 1028), dove parcheggiamo. Appena prima del tornante sinistrorso che introduce
alla pista per l’alpe Colina, ci incamminiamo sulla pista sterrata che si stacca dalla strada asfaltata,
sulla destra, e si addentra sul fianco occidentale della valle, dapprima
salendo, fino alla località Ginebrè (m. 1112). Poco prima di raggiungere Ginebrè possiamo individuare,
sulla sinistra, in corrispondenza di un larice le cui radici sono state
messe a
nudo dai lavori di sbancamento per tracciare la pista, una mulattiera
(1100 metri circa), che rimane leggermente a monte e guadagna progressivamente
quota rispetto alla pista medesima. Su alcune piante e massi possiamo
osservare segmenti e bolli blu. Per un buon tratto la mulattiera prosegue
diritta, poi, a quota 1280 metri circa, piega a sinistra (se ne stacca,
sulla destra, un sentierino che prosegue diritto), e propone un tratto
ripido, in cui la traccia sembra perdersi: in realtà una decina
di metri più in alto intercettiamo una nuova pista, e la seguiamo verso destra, fino al suo termine. Da qui la mulattiera riprende, sempre segnalata da segmenti e bolli blu, che ci portano ad ignorare, dopo
un primo tratto di salita, un sentiero che se ne stacca sulla destra. Proseguiamo sempre diritti, verso nord, fino a quota 1420, dove incontriamo
una coppia di tornantini ravvicinati; poco oltre, un tratto ripido passa
a monte di una roccia affiorante. Usciamo, quindi, alla parte inferiore
dei prati dell’alpe Ciaz (alpe Mangingasco sulla
carta IGM, m. 1500). Pieghiamo a sinistra, seguendo una traccia di sentiero,
e saliamo per un breve tratto, fino ad una seconda fascia
di prati, più a monte, separata dalla prima da una breve macchia.
Qui ci raggiunge, da sinistra, una traccia di sentiero, e troviamo una
pianetta ed una vasca per la raccolta dell’acqua.
Siamo ad una quota approssimativa di 1570 metri: procediamo in direzione del limite del bosco (verso il cuore della valle,
cioè verso nord), imboccando un sentiero che rientra nel bosco stesso
e prosegue con andamento quasi pianeggiante (di nuovo troviamo doppi
segmenti blu su alcune piante). Raggiunto e superato un valloncello,
affrontiamo, quindi, un breve strappo, prima di tagliare un dossetto,
sul quale la traccia si fa stretta e sembra perdersi; più avanti,
però, diventa nuovamente marcata e prosegue salendo gradualmente.
Dopo un tratto
nel quale il bosco sembra infittirsi, raggiungiamo il filo di un dosso
che scende dolcemente da sinistra, quasi invitante, e che precede una
prima pianetta, oltre la quale il sentiero si fa più stretto.
A quota 1630 giungiamo ad una seconda pianetta, dove il sentiero sembra
quasi terminare. In realtà prosegue, e dopo un breve tratto si
fa più visibile, attraversando anche un valloncello. Giungiamo, poi, subito dopo un dossetto,
ad un punto che crea quale perplessità. Lo riconosciamo perché
sul tronco largo di una pianta, sul lato destro, è segnato un
segmento blu. Siamo ormai prossimi al punto di guado della valle, ma il sentiero sembra
perdersi: una debole traccia sembra scendere a destra, una proseguire
diritta, una, infine, salire a sinistra. Dobbiamo proseguire diritti,
districandoci anche un po’ fra la vegetazione, prima di uscire
all’aperto nel cuore della valle.
Siamo leggermente a valle rispetto ad un grande masso, e guadiamo il
torrente senza strutture che ci siano d’aiuto. Oltre il guado, non
troviamo una vera e propria traccia di sentiero, ma dobbiamo salire,
districandoci fra i rami di fitti abeti, per un breve tratto, in diagonale,
fino a raggiungere il limite inferiore di una nuova fascia di prati. Saliamo, quindi, di qualche
metro, fino ad una pianetta (memorizziamola, come punto di riferimento,
nel caso intendessimo tornare per la medesima via di salita), alla quale
giunge, da destra, un sentiero.
Seguendolo, verso sinistra, ci affacciamo ad una più ampia fascia
di prati. Nella
parte alta, che raggiungiamo seguendo il sentiero, troviamo, sulla sinistra,
alcuni ruderi, mentre a destra ci appare una bella baita (la baita
quotata 1660 metri sulla carta IGM). A destra della baita troviamo un’apertura nel bosco, per la quale
la traccia di sentiero sale.
Seguendola, rientriamo nel bosco e, dopo pochi metri, troviamo un marcato
sentiero che procede verso destra. Si tratta di un sentiero ben marcato che inizia una lunga traversata verso est, passando per diversi valloni, fino al limite occidentale dell'alpe Gorlo (m. 1880). Lasciamo ora il sentiero che scende all'alpe Gorlo prendendo a sinistra e salendo al baitone dell’alpe Morscenzo (m. 2042).
Da qui saliamo alla vicina pista e la seguiamo verso sinistra, passando per le graziose baite gemelle dell’alpe
Pianette, salendo fino a quota 2100 per poi iniziare la discesa
finale che porta al baitone dell’alpe Colina (m.
2079). Scendiamo ora sulla pista passando per la sbarra e la baita di Galibio (m. 1700). Scendiamo ancora per un lungo tratto, fino a quota 1500 circa, cioè
finché, dopo un tornante destrorso, troviamo, sulla sinistra,
uno slargo lastricato in pietra, in corrispondenza di una pista sterrata
che si stacca dalla pista principale. Lasciamo, quindi, quest’ultima
e seguiamo la pista secondaria, che termina dopo un breve tratto, lasciando
il posto ad un sentierino, anch’esso breve, che ci porta alla
parte alta dei prati dell’alpe Cigolosa.
Scesi, quindi, alle baite poste sul limite inferiore dei prati (m. 1422),
cerchiamo, a destra, l’evidente partenza di un sentiero ben marcato,
che effettua una lunga diagonale in discesa, con andamento costante,
fino ad intercettare di nuovo la pista che scende dall’alpe Colina
in direzione di Pra’ Lone. Seguendola torniamo a Pra Lone. |
Apri qui una panoramica della Valle del Boco dalla pista che parte da Pra' Lone
La valle del Boco (o Bocco: il termine deriva da “sbocco” o, più probabilmente, da “bocc”, ariete) è il solco che scende, ripido, dall’alto versante retico ai piedi del Sasso Bianco e del monte Arcoglio (termine connesso con “arco”, in riferimento alla forma della valle) fino al fondovalle valtellinese, immediatamente ad ovest dell’abitato di Castione. Una valle densa di suggestione, fascino e mistero. Ma anche di curiosità, a cominciare da quella del nome. Sì, perché da Boco si passa a Bosco sulle carte IGM e Kompass! Non che di boschi non ce ne siano, in questa valle, anzi: sono stupendi, ricchi di colori, atmosfere e profumi intensi. Anche il torrente che la percorre ha una doppia denominazione, Vendolo (termine che deriva da una voce preariana che significa “frana”) e Boco.
Apri qui una fotomappa del versante retico di Postalesio e Castione Andevenno
La valle stessa ha una conformazione particolare: è costituita
da un asse principale, ad ovest, rappresentato dal solco che si approfondisce
gradualmente a valle dell’alpe Colina, scendendo diritto da nord
a sud. In questo asse confluiscono, da est, alcune valli secondarie,
soprattutto quella a valle dell’alpe Morscenzo e quella scavata
sul versante sud-occidentale del monte Rolla. Anche se dal fondovalle
non si vedono, diversi sono i maggenghi e gli alpeggi nascosti dietro
il fitto manto dei boschi di castagno e delle peccete. Gli amanti delle
lunghe escursioni nei boschi troveranno
di che soddisfare la loro profonda sete di silenzio e di incanti chiaroscurali.
Proponiamo un lungo anello che tocca i suoi luoghi più belli,
nel comune di Postalesio e di Castione, ma le varianti sono davvero
molteplici e tutte di sicuro impatto emotivo. Punto di partenza è
il primo tratto della pista che da Pra’ Lone sale verso l’alpe Colina. Saliti a Pra’ Lone da Postalesio,
proseguiamo, dunque, sulla pista il cui fondo da asfaltato si fa sterrato.
Dopo un tornante destrorso ed uno sinistrorso, raggiungiamo il punto
nel quale dalla pista principale si stacca, sulla destra, una pista
secondaria (su una pianta, a sinistra dell’imbocco della pista,
troviamo un segmento blu con il numero 9).
Sentiero Pra Lone-Ciaz
Siamo ad una quota di circa 1200 metri e possiamo parcheggiare qui l’automobile,
incamminandoci sulla pista, che sale, molto gradualmente, in direzione
nord-est, nella splendida cornice di un bosco di faggi. Dopo un lungo
tratto, la pista termina ad uno slargo (1290 metri), lasciando il posto
ad una mulattiera che effettua una lunga diagonale sul fianco occidentale
della Valle del Boco.
Prima di raccontare questa diagonale, diamo brevemente conto di come
si può giungere a questo slargo salendo a piedi da Pra’
Lone. In questo caso si deve impegnare la nuova pista che dal limite
orientale del maggengo, appena prima del tornante sinistrorso che introduce
alla pista per l’alpe Colina, si stacca dalla strada asfaltata,
sulla destra, e si addentra sul fianco occidentale della valle, dapprima
salendo, fino alla località Ginebrè (m. 1112), poi con
andamento quasi pianeggiante, fino al torrente Boco. La pista è
stata tracciata per servire una centralina costruita per sfruttare le
acque del torrente.
Apri qui una panoramica dall'alpe Ciaz
Ebbene, poco prima di raggiungere Ginebrè possiamo individuare,
sulla sinistra, in corrispondenza di un larice le cui radici sono state
messe a
nudo dai lavori di sbancamento per tracciare la pista, una mulattiera
(1100 metri circa), che rimane leggermente a monte e guadagna progressivamente
quota rispetto alla pista medesima. Su alcune piante e massi possiamo
osservare segmenti e bolli blu. Per un buon tratto la mulattiera prosegue
diritta, poi, a quota 1280 metri circa, piega a sinistra (se ne stacca,
sulla destra, un sentierino che prosegue diritto), e propone un tratto
ripido, in cui la traccia sembra perdersi: in realtà una decina
di metri più in alto intercettiamo la pista sopra menzionata,
a poca distanza dal suo tratto terminale.
Bene, vediamo come procedere sul secondo tratto della mulattiera, che
si stacca dal punto terminale della pista. Anche questa mulattiera è
segnalata da segmenti e bolli blu, che ci portano ad ignorare, dopo
un primo tratto di salita, un sentiero che si stacca dalla mulattiera
sulla destra. Proseguiamo sempre diritti, fino a quota 1420, dove incontriamo
una coppia di tornantini ravvicinati; poco oltre, un tratto ripido passa
a monte di una roccia affiorante. Una nuova coppia di tornantini si
trova ad una quota approssimativa di 1470 metri. Una curiosità:
questa mulattiera, che è la prosecuzione di quella sopra descritta
(che si stacca dalla pista appena prima della località Ginebrè)
corrisponde al confine fra i comuni di Postalesio (cui appartiene il
versante a monte della stessa) e Castione (cui appartiene il versante
a valle).
Baita di quota 1660 m.
Poco oltre, arriviamo sul limite del bosco, oltre il quale si mostra
dapprima la cima del Sasso Bianco, poi, alla sua destra, i monti Arcoglio
e Canale
e l’anticima del monte Rolla. Usciamo, quindi, alla parte inferiore
dei prati dell’alpe Ciaz (alpe Mangingasco sulla
carta IGM, m. 1500), che si apre davanti a noi inattesa, silenziosa,
solitaria. Nessuna baita, almeno ad un primo colpo d’occhio. È
sempre un’esperienza particolarissima, un’emozione difficile
da tradurre in parole il bagno di luce nel quale si immerge l’occhio
che guadagna di nuovo più ampi orizzonti dopo un lungo cammino
nel raccoglimento dell’ombra dei boschi. Alla nostra destra, sul
versante opposto della Valle del Boco, pressappoco alla nostra altezza,
l’alpe gemella denominata alpe Calchera.
Se proseguiamo diritti, scopriamo, sul lato opposto dei prati, pochi
ruderi. Se, poi, pieghiamo a sinistra, seguendo una traccia di sentiero,
e saliamo per un breve tratto, scopriamo che esiste una seconda fascia
di prati, più a monte, separata dalla prima da una breve macchia.
Qui ci raggiunge, da sinistra, una traccia di sentiero, e troviamo una
pianetta ed una vasca per la raccolta dell’acqua.
Siamo ad una quota approssimativa di 1570 metri: se, dalla pianetta,
guardiamo in direzione del limite del bosco (verso il cuore della valle,
cioè verso nord), vedremo un sentiero che rientra nel bosco stesso
e prosegue con andamento quasi pianeggiante (di nuovo troviamo doppi
segmenti blu su alcune piante). Raggiunto e superato un valloncello,
affrontiamo, quindi, un breve strappo, prima di tagliare un dossetto,
sul quale la traccia si fa stretta e sembra perdersi; più avanti,
però, diventa nuovamente marcata e prosegue salendo gradualmente.
Dopo un tratto
nel quale il bosco sembra infittirsi, raggiungiamo il filo di un dosso
che scende dolcemente da sinistra, quasi invitante, e che precede una
prima pianetta, oltre la quale il sentiero si fa più stretto.
A quota 1630 giungiamo ad una seconda pianetta, dove il sentiero sembra
quasi terminare. In realtà prosegue, e dopo un breve tratto si
fa più visibile, attraversando anche un valloncello: qui la traccia
è protetta, a valle, da un muro a secco, il che testimonia della
sua importanza nei tempi passati. Giungiamo, poi, subito dopo un dossetto,
ad un punto che crea quale perplessità. Lo riconosciamo perché
sul tronco largo di una pianta, sul lato destro, è segnato un
segmento blu. Siamo ormai prossimi al punto di guado della valle, e
già sentiamo il torrente Boco precipitarsi a valle con fragore.
Si tratta di capire come procedere, perché il sentiero sembra
perdersi: una debole traccia sembra scendere a destra, una proseguire
diritta, una, infine, salire a sinistra. Dobbiamo proseguire diritti,
districandoci anche un po’ fra la vegetazione, prima di uscire
all’aperto nel cuore della valle, che qui mostra, contrariamente
a quanto ci si potrebbe aspettare, non un volto pauroso e cupo, ma abbastanza
aperto.
Siamo leggermente a valle rispetto ad un grande masso, e guadiamo il
torrente senza strutture che ci siano d’aiuto (portiamo con noi,
quindi, un cambio di calze, perché difficilmente resteremo… a
piedi asciutti, anche se il guado è breve). Oltre il guado, non
troviamo una vera e propria traccia di sentiero, ma dobbiamo salire,
districandoci fra i rami di fitti abeti, per un breve tratto, in diagonale,
fino a raggiungere il limite inferiore di una nuova fascia di prati,
di cui per ora non vediamo l’estensione. Saliamo, quindi, di qualche
metro, fino ad una pianetta (memorizziamola, come punto di riferimento,
nel caso intendessimo tornare per la medesima via di salita), alla quale
giunge, da destra, un sentiero.
Seguendolo, verso sinistra, ci affacciamo ad una più ampia fascia
di prati, un alpeggio segnato senza denominazione sulle carte IGM. Nella
parte alta, che raggiungiamo seguendo il sentiero, troviamo, sulla sinistra,
alcuni ruderi, mentre a destra ci appare una bella baita (la baita
quotata 1660 metri sulla carta IGM). Siamo nel territorio del
comune di Castione, nel quale resteremo ancora per un bel po’.
A destra della baita troviamo un’apertura nel bosco, per la quale
la traccia di sentiero sale.
Seguendola, rientriamo nel bosco e, dopo pochi metri, troviamo un marcato
sentiero che procede verso destra. Si tratta di un sentiero che non
è segnato su alcuna carta, ma non per questo è minore
o incerto: la sua traccia ci accompagna, rassicurante e netta, in una
bellissima traversata dell’intera valle, dal suo cuore fino al
suo versante alto orientale, dove è posta l’alpe Gorlo.
Un sentiero davvero piacevole, che merita di essere scoperto e valorizzato
(non c’è nessuna segnalazione che ci accompagni in questa
affascinante traversata).
Cominciamo, dunque, a salire, incontrando un primo vallone a quota 1720.
La successiva salita ci porta a quota 1780, dove, dopo una breve discesa,
qualche saliscendi ed una nuova breve discesa, attraversiamo un valloncello
poco pronunciato (memorizziamo questi ed i successivi saliscendi, per
non esserne disorientati qualora decidessimo di tornare per la medesima
via di salita). Incontriamo, poi, altri saliscendi, sempre nella splendida
cornice di un bosco di abeti e larici.
Tagliato il filo di un bel dosso boscoso, proseguiamo con i saliscendi,
fino ad uscire dal bosco per superare due valloni gemelli, separati
da un dosso,
a quota 1790 e 1800 metri. Rientrati, con un po’ di fatica, nel
bosco, a causa di alcuni alberi che ostruiscono il sentiero, riprendiamo
la salita, per uscirne, a quota 1890, in corrispondenza del vallone
principale della Valle del Boco e del torrente Véndolo (Véndul, dalle voci bresciane e bergamasche "vendòl" e "vendùl", che significano "frana", "terreno di slavina", forse dal ligure "vendupulis"), che scende
dall’alpe Morscenzo. Ignorato un sentiero che si stacca in discesa,
sulla destra, dal nostro, attraversiamo, senza particolari problemi,
il torrentello che scende dal vallone (assai spesso asciutto), e raggiungiamo
il filo di un dosso, oltrepassato il quale giungiamo in vista di un
ampio alpeggio, l’alpe Gorlo.
Intercettiamo, prima di scendere all’alpe, il sentiero che si
stacca dalle tre baite centrali della stessa e raggiunge il punto nel
quale siamo, scartando poi a destra ed iniziando a salire, con una serie
di tornanti, in direzione dell’alpe Morscenzo (Marscenzo sulle
carte IGM e Kompass). Dedichiamo qualche minuto alla visita dell’alpe
Gorlo (m. 1880), prima di sfruttare questo sentiero per salire ai 2042
metri dell’alpe Morscenzo, la principale nel
sistema di alpeggi del comune di Castione.
Qui troviamo il lungo e caratteristico baitone che è posto appena
sotto la pista sterrata che taglia l’intera fascia alta della
Valle del Boco, partendo dall’alpe Poverzone, ad est, e raggiungendo
l’alpe Colina, ad ovest. Dobbiamo, ora, seguire la pista per raggiungere
l’alpe Colina, passando per le graziose baite gemelle dell’alpe
Pianette, salendo fino a quota 2100 per poi iniziare la discesa
finale che porta al baitone dell’alpe Colina (m.
2079), rientrando, così, nel territorio del comune di Postalesio.
Proseguendo sulla medesima pista, raggiungiamo il bellissimo laghetto
di Colina, una piccola perla che impreziosisce la nostra lunga escursione.
Inizia, ora, la lunga discesa, piuttosto monotona nella prima parte,
in quanto si tratta di seguire la pista sterrata che scende alle baite
più basse dell’alpe e prosegue nella discesa sul versante
occidentale della Valle del Boco, raggiungendo il punto in cui è
posta la sbarra che impedisce l’accesso all’alpe (a circa
1900 metri) e, più in basso (m. 1700) l’isolata baita di
Galibio.
Scendiamo ancora per un lungo tratto, fino a quota 1500 circa, cioè
finché, dopo un tornante destrorso, troviamo, sulla sinistra,
uno slargo lastricato in pietra, in corrispondenza di una pista sterrata
che si stacca dalla pista principale. Lasciamo, quindi, quest’ultima
e seguiamo la pista secondaria, che termina dopo un breve tratto, lasciando
il posto ad un sentierino, anch’esso breve, che ci porta alla
parte alta dei prati dell’alpe Cigolosa, dal
quale si gode di un ottimo colpo d’occhio sull’intera Valle
del Boco. Possiamo, da qui, ripercorrere la lunga traversata, cercando
di indovinare il tracciato del sentiero nella compatta fascia di boschi
che si stende al di sotto degli alpeggi più alti.
Scesi, quindi, alle baite poste sul limite inferiore dei prati (m. 1422),
cerchiamo, a destra, l’evidente partenza di un sentiero ben marcato,
che effettua una lunga diagonale in discesa, con andamento costante,
fino ad intercettare di nuovo la pista che scende dall’alpe Colina
in direzione di Pra’ Lone.
Pochi tornanti più in basso, ritroviamo l’automobile, chiudendo
la lunga escursione che merita di essere chiamata l’anello del
Boco. Un’escursione sicuramente impegnativa, ma non impossibile:
il dislivello in salita è di poco superiore ai 900 metri ed il
tempo complessivo necessario si aggira intorno alle 6 ore. Il periodo
consigliato, infine, è l’autunno, che regala una fantasmagoria
di colori davvero impagabile: per qualche
settimana i fitti boschi della Valle del Boco indossano il vestito più
sgargiante, ed è davvero un peccato non assecondare la loro segreta
e profonda vanità.
Pista Pra' Lone-Alpe Colina
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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