L'alpe sopra Postalesio
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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Pra Lone - Alpe e lago di Colina |
4 h |
1200 |
E |
Pista Pra Lone- Colina - Alpe e lago di Colina |
1 h e 30 min. |
500 |
T |
SINTESI. Da Postalesio saliamo sulla carozzabile che porta al maggendo di Pra Lone (m. 1028), dove parcheggiamo. Ci incamminiamo proseguendo sulla carozzabile, ma al primo tornante sx la lasciamo imboccando l'antica mulattiera che attraversa una fascia di boschi, tagliando in diversi punti la carrozzabile.
Nel primo tratto la mulattiera, che parte dal limite orientale dell’ampio
dosso sul quale è posto Pra Lone, segue una direttrice che la
avvicina progressivamente al lato opposto, quello occidentale. Poi,
a quota 1350 metri circa, piega a destra, e si riporta sul centro dell’ampio
dosso. Nell’ultimo tratto si congiunge con la pista, e prosegue
in direzione nord-nord-est, passando per un casello dell’acqua
che custodisce anche una statuetta di S. Antonio Abate e poco a valle
dell’isolata baita Galibio (m. 1704). La pista, infine, esce dal bosco: siamo ormai in vista dell’alpe Colina e, ignorata la deviazione a sinistra che sale al baitone di quota 1910,
ci approssimiamo al primo gruppo di baite, poste ad una quota leggermente
superiore ai 1900 metri. Appena
prima delle baite, troviamo una fontana, costruita interamente
in pietra. La pista prosegue fino ad un secondo gruppo, più numeroso, di
baite, posta e quota 1947 metri. L’ultimo
gruppo di baite è quello posto a 2079 metri. Qui si trova anche
un baitone, e da qui parte la pista che effettua
la lunga traversata verso est che, passando per l’alpe Marscenzo,
conduce all’alpe Poverzone, sopra Triangia. Il laghetto di Colina se ne sta, nascosto da un dosso disseminato di massi e radi larici,
poco distante da queste baite, ad ovest-nord-ovest, a quota 2076. |
Apri qui una fotomappa del versante retico di Postalesio e Castione Andevenno
L’alpe Colina è l’alpe di Postalesio.
Si tratta di un luogo bellissimo, luminoso, che non può non essere
visitato da chi ama gli scenari aperti e tranquilli. Il laghetto di
Colina (m. 2076) la impreziosisce, ed aggiunge con il suo fascino attrattiva
ad una zona di per sé già ricca di suggestione. È
collocata in una fascia compresa fra i 1900 ed i 2200 metri circa, alla
sommità del solco che, più in basso, si approfondisce
e diviene una vera e propria valle, la valle del Bocco o del Bogo (erroneamente
denominata, sulle carte IGM, valle del Bosco), dal nome del torrente
che la percorre (torrente denominato anche Vendolo).
L'alpe Colina e quella di Caldenno sono, come scrive Dario Benetti nell’articolo “I pascoli e gli insediamenti d’alta quota” (in “Sondrio e il suo territorio”, edito da IntesaBci, 1999), “esempi tra i più significativi di insediamenti di quota sul versante retico della media Valtellina… Nel caso dell’alpe Caldenno si ha la permanenza di un consorzio che ha mantenuto ancora oggi la proprietà indivisa dei pascoli, mentre gli edifici sono di proprietà privata. Come avveniva in tutti i casi di caricamento familiare, l’alpeggio produceva e produce formaggio semigrasso e burro. Numerosi caselli per il latte, situati vicino al corso d’acqua, venivano utilizzati per depositare il latte nelle conche al fresco, in modo che potesse affiorare la panna necessaria per la produzione del burro. Le baite si sviluppano su due piani, con una pianta quasi quadrata e hanno muratura in pietrame e poca malta, a volte a secco, con tetto a due falde e manto di copertura in piode (lastre di pietra) locali. Il piano seminterrato è utilizzato come stalla, con un piccolo spazio esterno, in genere nel sottoscala, per il ricovero dei suini. Il piano rialzato riunisce le funzioni di lavorazione del latte, con un angolo focolare ove è presente la tradizionale struttura girevole in legno per la culdèra, il deposito dei formaggi (in un locale controterra completamente interrato che fuoriesce dal sedime dell’edificio) e un tavolo ammezzato in legno su cui erano ricavati i giacigli per la notte. La scala è esterna, ricavata in facciata, parte in muratura e parte in legno. Il fumo del focolare fuoriesce da una finestrella in facciata. Sulla facciata era posta anche una mensola per fare sgocciolare la ricotta fuori dalla portata degli animali”.
Ad un primo sguardo della cartina geografica, saremmo indotti a pensare
che l'alpe Colina si debba trovare nella valle di Postalesio, ad occidente
dell’omonimo paese: in realtà questa valle, dove si trovano
le alpi Caldenno e Palù, nonostante la sua denominazione, è
compresa nel territorio del comune di Berbenno di Valtellina, e ad essa
si sale non da Postalesio, ma da Polaggia, frazione di Berbenno. Troviamo
l’alpe Colina ad oriente dell’ampio dosso e crinale che
scende dal monte Caldenno (m. 2669) e separa il territorio dei due comuni,
oltre che le valli di Postalesio e del Bocco. Una pista sterrata, che
parte dal maggengo di Pra Lone (m. 1028), conduce direttamente all’alpe,
e prosegue, in una lunga traversata verso oriente, fino all’alpe
Poverzone, dove comincia una discesa che termina a Triangia (paese dal
quale possiamo, poi, possiamo proseguire scendendo a Sondrio o a Castione).
Questo anello molto ampio ( che di solito viene percorso seguendo la
direttrice Sondrio-Triangia-Alpe Poverzone-Alpe Colina-Pra Lone, Postalesio-
Castione-Triangia-Sondrio) è ben conosciuto dagli amanti della
mountain-bike, e può essere considerato uno dei percorsi più
classici sul versante retico mediovaltellinese.
La pista Pra Lone-Alpe Colina può essere percorsa con autoveicoli
per un buon tratto, ma non interamente: ad una quota di poco inferiore
ai 1700 metri, infatti, in corrispondenza di un tornante sinistrorso,
si trova il cartello di divieto di transito per i veicoli non autorizzati. Vale,
però, la pensa di salire all’alpe lasciando l’automobile
a Pra Lone e seguendo non la pista, ma l’antica mulattiera, che,
partendo in corrispondenza del primo tornante sinistrorso che si incontra
lasciate le baite del maggengo, attraversa una fascia di boschi di grande
suggestione visiva e cromatica, tagliando in diversi punti la carrozzabile.
Nel primo tratto la mulattiera, che parte dal limite orientale dell’ampio
dosso sul quale è posto Pra Lone, segue una direttrice che la
avvicina progressivamente al lato opposto, quello occidentale. Poi,
a quota 1350 metri circa, piega a destra, e si riporta sul centro dell’ampio
dosso. Nell’ultimo tratto si congiunge con la pista, e prosegue
in direzione nord-nord-est, passando per un casello dell’acqua
che custodisce anche una statuetta di S. Antonio Abate e poco a valle
dell’isolata baita Galibio (m. 1704).
La pista, infine, esce dal bosco: siamo ormai in vista dell’alpe Colina e, ignorata la deviazione a sinistra che sale al baitone di quota 1910,
ci approssimiamo al primo gruppo di baite, poste ad una quota leggermente
superiore ai 1900 metri. Appena
prima delle baite, troviamo una splendida fontana, costruita interamente
in pietra.
Guardando dalla fontana verso sud possiamo godere di un panorama eccellente
sulle Orobie centro-orientali. Sul lato opposto, invece, cioè
a nord, sono tre cime a dominare la scena. A destra il monte Canale (m. 2522), che ha alla sua destra l’evidente bocchetta del Valdone
(m. 2176), che lo separa dal più modesto monte Rolla (m. 2277),
ed alla sua sinistra la meno pronunciata depressione della colma d’Arcoglio (termine connesso con “arco”, in riferimento alla forma della valle;
m. 2313). A sinistra del monte Canale si individua facilmente, per
la colorazione biancastra e rosacea delle rocce calcaree che ne costituiscono
la cima, il Sasso Bianco (m. 2490). Fra le due cime più importanti
è posto il monte Arcoglio (m. 2451), che sulle carte IGM è
una cima quotata senza nome (sulle medesime carte al Sasso Bianco è
assegnata la denominazione erronea di monte Arcoglio). A sinistra del
sasso Bianco, infine, il crinale scende alla depressione della colma
di Zana (m. 2417) e risale fino al monte Caldenno (m. 2669). Ma torniamo
al nostro itinerario.
La pista prosegue fino ad un secondo gruppo, più numeroso, di
baite, posta e quota 1947 metri. L’ultimo
gruppo di baite è quello posto a 2079 metri. Qui si trova anche
un baitone, e da qui parte la pista già menzionata, che effettua
la lunga traversata verso est che, passando per l’alpe Marscenzo,
conduce all’alpe Poverzone, sopra Triangia. Il laghetto di Colina se ne sta, nascosto da un dosso disseminato di massi e radi larici,
poco distante da queste baite, ad ovest-nord-ovest, a quota 2076. Si
tratta di uno specchio d’acqua non ampio, ma davvero grazioso,
che si inserisce perfettamente nell’ambiente alpino che lo circonda.
Più a monte, troviamo una baita isolata. Proseguendo sulla pista,
raggiungiamo l’ultima baita, a quota 2233. Se siamo partiti da
Pra Lone, siamo in cammino da circa 3 ore, ed abbiamo superato un dislivello
approssimativo di 1200 metri.
Fra gli elementi di interesse di quest’alpe merita di essere ricordato
anche l’aspetto architettonico. Le baite, circa trenta, infatti,
presentano le caratteristiche della dimora rurale temporanea, in quanto
erano abitate dalle famiglie che, nel periodo estivo, conducevano qui
le proprie bestie al pascolo. A
differenza di quanto accade oggi, infatti, le mucche non erano affidate
ad un unico alpeggiatore, ma ciascuna famiglia badava alle proprie.
Di qui la necessità di strutturare le baite in modo che si prestassero
alle esigenze di una permanenza prolungata. Costruite da muri a secco,
queste presentano la stalla al piano-terra, ed il fienile, le quale
veniva riposto il fieno tagliato e lasciato seccare in loco. Nel fienile
venivano ricavati anche gli spazi per la cucina ed il dormitorio, al
piano rialzato, servito da una scala esterna. Oggi rimane la curiosità
architettonica, ma con un po’ di immaginazione si possono ricostruire
le condizioni tipiche della vita d’alpeggio. Ciascuno scelga,
poi, se rimpiangerne gli aspetti di serenità e quiete bucolica,
oppure se rimanere impressionato dalla durezza di una vita che non aveva
certo alcuna attrattiva legata alle comodità che a noi sembrano
elementari.
Qualche cenno, infine, alle possibilità escursionistiche offerte
dall’alpe. Fondamentalmente sono tre. La più classica ed
impegnativa prevede la salita alla colma di Zana, dalla
quale, poi, procedendo verso sinistra, su un tratto della prima
tappa dell’Alta Via della Valmalenco, si scende, dopo una
lunga traversata, al rifugio Bosio in Val Torreggio (Val del Turéc'), oppure, proseguendo
verso destra, si sale, in pochissimo tempo, alla cima del Sasso
Bianco. Guadagnare la colma, però, non è semplicissimo,
perché per farlo bisogna tagliare un versante che, in diversi
tratti, è assai ripido. Si deve quindi trovare il sentierino,
assai incerto, che parte in prossimità della conclusione della
pista sterrata.
La seconda possibilità è legata alla facile traversata,
sulla già menzionata pista, fino all’alpe Poverzone. La
terza e meno conosciuta possibilità, infine, prevede di salire
alla croce Capìn (m. 2278), sul
crinale che separa l’alpe dalla valle di Postalesio. Per farlo
si sfrutta un sentiero per trovare il quale dobbiamo attraversare la
fascia di massi e radi larici posta immediatamente a valle del laghetto
di Colina, fino a raggiungere il piede del versante ad ovest del laghetto.
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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