Classico circuito di mountain-bike sopra Berbenno
Il
circuito dei Mulini è ormai un appuntamento classico per gli
amanti della mountain-bike, una gara che si snoda su un tracciato vario
ed interessantissimo a Berbenno e dintorni, con uno sviluppo complessivo
di 8 km e 200 metri. Descriviamone il percorso in senso antiorario.
Saliamo con l’automobile, da S. Pietro Berbenno, sulla ss. 38
dello Stelvio, verso il centro di Berbenno. Dopo due tornanti sx, raggiungiamo
il punto nel quale dalla via Berbenno si stacca, sulla destra, la via
Conciliazione, che passa sotto la chiesa parrocchiale. All’inizio
di questa via troviamo un parcheggio, al quale lasciamo l’automobile
per salire in sella (m. 290 circa).
Tornati sulla via Berbenno, prendiamo a destra trovando subito un trivio:
la strada di sinistra (via Valorsa) porta alle scuole Medie (torneremo
di lì), la strada che sale diritta (via Fontana Savia) porta
alla parte alta del paese ed all’imbocco della via per Regoledo,
Prato Maslino e Regoledo, la strada che sale leggermente a destra, infine,
(via Adua) è quella che ci interessa. Saliamo, dunque, di qui,
passando a sinistra della Farmacia ed impegnando una semicurva a sinistra
ed una a destra, che ci portano ad una piazzetta. Qui prendiamo a destra,
raggiungendo, in breve, un ponticello che scavalca il torrente Finale
e proseguendo fino alla piazza del Municipio.
Continuiamo in direzione est, imboccando via Roma,
ma lasciandola quasi subito per salire lungo la prima via che se ne
stacca sulla sinistra (via Case Pernici). La stradina
in asfalto cede ben presto il posto ad una mulattiera, che sale, diritta,
verso nord-nord-est, fra due muretti a secco, con fondo in risc. Al
termine della mulattiera torniamo su una stradina asfaltata, raggiungendo
un gruppo di case e continuando a salire diritti, piegando quindi leggermente
a destra fino a trovare la via Piana. Alla nostra sinistra si stacca
da essa la via che porta ai Mulini; noi dobbiamo, invece, lasciarla
subito sulla destra, imboccando una nuova mulattiera che scende leggermente
fiancheggiata da un muretto a monte. Si tratta della via Rondalli,
che raggiunge un gruppo di case e, dopo una semicurva a destra, confluisce,
con un ultimo tratto in asfalto in direzione sud, in via Perlegia.
Dopo un tratto quasi pianeggiante verso sinistra, questa confluisce,
a sua volta, nella principale via Vanoni.
Pochi metri oltre il punto di confluenza, però, la lasciamo per
imboccare, sulla sinistra, la via S. Abbondio, larga
e comoda, con bel fondo in risc, che sale, poco a monte della via Vanoni,
verso l’omonima chiesa parrocchiale di Polaggia. Giungiamo al
sagrato della chiesa di S. Abbondio (m. 438) dopo una
coppia di tornantini dx-sx, Il termine Polaggia deriva forse da “pullus”,
molle, congiunto con il suffisso di origine etrusca “asa-asia”,
che testimonia dell’antichità dell’insediamento.
Altro etimo proposto è quello che si connette al plurale del
sostantivo latino “podium”, che significa poggio, dosso,
di cui Polaggia sarebbe un accrescitivo. In effetti qui siamo su una
sorta di poggio: dal sagrato godiamo quindi di un ottimo scorcio panoramico
sulla parte bassa del territorio di Berbenno, in direzione di Sondrio
(est).
Proseguendo, poi, nella salita, non prendendo a sinistra, ma conservando
la direzione est-nord-est, lungo la via alle Scuole,
per poi immetterci nella via Vecchia. Questa sale,
diritta, con direzione est-nord-est, nel
nucleo più antico di Polaggia, che regala scorci interessantissimi.
Dopo una semicurva a destra ed una a sinistra, tocchiamo appena, salendo
da sinistra, la strada che sale verso il Gaggio di Monastero, nel punto
in cui questa scarta bruscamente a destra, con una curva a gomito che
costringe le automobili ad una breve manovra; ce ne stacchiamo, però,
subito, sulla sinistra, proseguendo sul lato opposto, dove continuiamo
a salire, diritti, passando accanto ad un bel lavatoio (un tratto è
in risc: seguiamo i segnavia bianco-rossi).
Poi, per breve tratto, ci immettiamo sulla strada per il Gaggio di Monastero,
lasciandola non appena troviamo l’indicazione della via
della Puncia, che se ne stacca sulla sinistra, salendo in direzione
nord-ovest, con fondo in cemento, prima, sterrato, poi. Descritta un’ampia
semicurva verso sinistra, assumiamo l’andamento verso ovest, passando
a monte di Polaggia, con un ottimo colpo d’occhio sul grumo di
case strette quasi da un vincolo di fratellanza antica. Lasciamo, però,
la strada della Puncia non appena troviamo una pista con fondo in cemento
che se ne stacca sulla destra, salendo con andamento nord-est, fino
ad intercettare una pista sterrata che proviene da destra, in corrispondenza
di una fontanella. Qui prendiamo a sinistra, seguendo la strada sterrata
che, salendo con andamento nord-ovest, intercetta di nuovo la strada
asfaltata per il Gaggio di Monastero. La seguiamo salendo per un tratto
brevissimo, fino al cartello che segnala la partenza della pista che
scende alla chiesetta di San Gregorio. È, questo, il punto più
alto del circuito, a 604 metri.
La pista sterrata scende verso ovest e giunge ad una specie di conca
che si apre appena a monte della sommità del dosso dietro il
quale si trova la chiesetta di S. Gregorio (colle Mongiardino).
Qui si trovano anche due ruderi di baite. La pista piega, quindi, leggermente
a sinistra e si restringe a sentiero, raggiungendo la chiesetta, a 588
metri.
Qui il racconto del circuito cede doverosamente il passo a qualche nota
storica. Si tratta, propriamente, di
un oratorio posto su un piccolo colle che veniva chiamato, fino al sec.
XVII, monte Zardino. Esso fungeva da cappella originariamente annessa
ad una struttura fortificata, detta “castrum Mongiardinus”,
di origine trecentesca. Dal colle si gode di un’ottima visuale
sulla media Valtellina, da Triangia al Culmine di Dazio. Fra le particolarità
dell’oratorio vi è l’ancora lignea dell’altare
(scolpita dai milanesi Guglielmo a Gian Filippo Bossi nel 1628), nella
quale l’ostia è circondata da due animali squamosi, di
origine fantastica. Questi esseri indefinibili hanno sempre acceso la
fantasia popolare, che si è foggiata, a loro immagine e somiglianza,
una bestia misteriosa e malvagia, dal nome ancor più misterioso,
il “giuèt”, dotata di oscuri poteri di incantamento
sulle persone e descritta come una sorta di ibrido mostruoso fra gatto,
pesce e serpe. Di essa si raccontava che abitasse i boschi della zona,
da Polaggia fino alle soglie dell’alpe di Caldenno. Ma le storie
misteriose legate a questa chiesetta non terminano qui. Narrano che
nei suoi sotterranei siano stati rinvenuti resti umani dalla forma strana;
si dice, poi, che durante la terribile pestilenza portata dai Lanzichenecchi
nel 1629-31, che ridusse, forse, a poco più di un quarto la popolazione
valtellinese, la chiesa fosse stata adibita a lazzaretto; si dice, infine,
che una rete di cunicoli congiungesse la chiesetta alla dimora dei castellani.
Dalla fantasia popolare alla storia: probabilmente
la chiesa fu luogo nel quale vennero sepolte le vittime della terribile
peste. Quanto al castello, si ipotizza che, per la sua felice posizione,
servisse per sorvegliare il passaggio di merci e persone sul fondovalle,
da Sondrio al Culmine di Dazio, ma anche i traffici che si svolgevano
sfruttando il passo di Dordona e la Valmadre, da e per la bergamasca,
che era sotto il dominio della Repubblica di Venezia. Più probabile,
però, è che il castello avesse la funzione di difendere
le proprietà dei Rusca ed i contadini ed artigiani che per loro
lavoravano.
Riprendiamo la discesa: il sentiero si immette subito in una pista sterrata,
che costituisce l’estrema propaggine della strada della Puncia,
che abbiamo imboccato nel suo punto iniziale. Dopo una brevissima discesa,
giungiamo ad un piccolo slargo: qui, invece di proseguire sulla pista,
che si fa più larga, la lasciamo, sulla destra, per imboccare
una mulattiera che scende verso sud-ovest, piegando poi a destra ed
assumendo l’andamento nord-ovest, prima di immettersi in una nuova
pista sterrata (manteniamo una velocità moderata, perché
l’ultimo tratto presenta alcuni scalini in sasso). Questa prosegue
nella discesa con andamento nord, fino al rudere della località
Mulini. Qui ignoriamo il sentiero che se ne stacca salendo
a destra e la pista che si stacca anch’essa sulla destra, passando
davanti al rudere, e seguiamo la pista principale che volge a sinistra,
proseguendo a scendere verso sud-ovest, fino a
raggiungere, dopo un ultimo tratto abbastanza ripido (fondo i cemento),
il dosso Dusone.
Ci immettiamo, così, sulla pista che sale da sinistra dalla contrada
Dusone e prosegue verso destra in direzione del torrente Finale. Prendiamo,
dunque, a destra (indicazioni per il Sultun, cascata del torrente Finale,
per S. Gregorio e per il Mulino) ed ignoriamo la deviazione, in leggera
discesa, sulla sinistra (indicazione per la Madonnina). Raggiungiamo,
così, dopo un tratto pianeggiante, il guado del torrente. Pochi
metri più in alto, sulla destra, il Mulino,
con alcuni pannelli che ne illustrano le funzioni e l’importanza, spiegando come mulini e segherie, costruiti probabilmente a partire dal Seicento, sfruttando l’energia delle acque del torrente Finale fossero,
in passato, elementi fondamentali nel contesto dell’economia agricola
e rurale.
Sul lato opposto del torrente la pista raggiunge, in leggera discesa,
il tempietto della Madonnina (m. 493), edificato nel
1938 e dedicato a Maria Ausiliatrice. Appena prima del tempietto si
possono osservare i resti dell'ex colonia estiva "G. Meraviglia",
edificata nel medesimo 1938 ed aperta per ospitare i ragazzi nel
periodo estivo, ma anche nei finesettimana, e caduta in disuso alla
fine degli anni Sessanta. Proponiamo, qui, una leggera variante: invece
di seguire le indicazioni del cartello del Circuito dei Mulini, che
ci porta a seguire la pista sterrata (la quale, però, dopo un
breve tratto lascia il posto ad un sentiero), prendiamo a sinistra,
imboccando la mulattiera che parte appena sotto il tempietto, e passa
a destra di un secondo mulino, scendendo, in breve, ad intercettare
la pista che guada il torrente Finale più in basso. Invece di
seguire questa pista verso sinistra, prendiamo a destra e continuiamo
la discesa sulla mulattiera, con fondo abbastanza regolare, passando
a destra di un edificio in rovina sul quale si legge ancora la scritta
“Troticoltura”. Alla fine la mulattiera, con un tratto scalinato
(attenzione!) confluisce in un largo sentiero-valletta che scende, diritto,
in direzione sud, fino a confluire in una larga mulattiera che scende
da destra.
Alla nostra sinistra, un terzo guardo del torrente Finale. Noi, però,
prendiamo a destra, ricominciando a salire (dopo la lunga discesa dal
punto più alto del circuito fino a qui). La mulattiera procede
verso ovest e lascia il posto ad un sentierino, stretto ma ben marcato,
che confluisce in una pista sterrata che scende da destra. La seguiamo
scendendo verso sinistra: il fondo sterrato lascia il posto all’asfalto
della via Foppa. Scendiamo
fino all’incrocio con via Poggio, e ricominciamo
a salire verso destra. La strada si restringe e lascia il posto ad un
nuovo sentiero, che prosegue verso nord e scende a guadare il modesto
corso d’acqua della valle Magiosca.
Sul lato opposto proseguiamo verso ovest-sud-ovest, su una pista sterrata
che diventa strada in asfalto (strada dei Credée),
fino all’incrocio con via XXV Aprile. Siamo alla contrada di Regoledo e superiamo su un ponticello il torrentello della valle omonima. Invece
di seguire la strada principale che sale da Berbenno e prosegue per
Prato Maslino e Monastero (la via XXV Aprile, appunto), imbocchiamo
subito sulla destra, la stradina che porta all’antica chiesa di
Regoledo, dedicata a S. Antonio e di origine forse quattrocentesca.
Proseguendo verso ovest, sulla via Latteria, intercettiamo di nuovo
via XXV Aprile, limitandoci ad attraversarla proseguendo sul lato opposto,
dove imbocchiamo via Liscione, passando accanto alla
nuova chiesa di Regoledo.
Mantenendo
la direzione ovest, ci lasciamo alle spalle le antiche case della frazione
e raggiungiamo il punto nel quale dalla via Liscione si stacca, sulla
sinistra, una strada sterrata che scende ad una stalla rimodernata (Stalla
Dassogno). Con una semicurva a destra ed una a sinistra, oltrepassiamo,
scendendo, la stalla per descrivere, poi, un arco a sinistra, che ci
porta a d assumere l’andamento verso est. Scendiamo per un tratto,
fino ad incontrare una pista che si stacca da quella principale sulla
destra, scendendo verso sud, con qualche tornantino ed un andamento
piuttosto ripido. Al termine della breve e rapida discesa, che taglia
la fascia di vigneti a valle di Regoledo, intercettiamo una larga pista,
che proviene da sinistra.
La seguiamo verso sinistra, fino al punto nel quale scende a guadare
la valle di Regoledo. Proseguendo verso est, guadiamo anche la valle
Magiosca, piegando poi leggermente a destra (andamento sud-est), fino
a scendere ad intercettare la via S. Benigno. La seguiamo
per un brevissimo tratto verso sinistra, per lasciarla quasi subito
sulla destra, imboccando la via Valorsa. Ignorata una
deviazione sulla sinistra, descriviamo un ampio arco verso sinistra,
passando dall’andamento sud a quello nord. Dopo essere passati
davanti all’ingresso delle scuole medie, scendiamo ad intercettare
la via sulla quale abbiamo iniziato a percorrere il circuito. Una brevissima
discesa verso destra ci porta, infine, al parcheggio dell’automobile.
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