CARTA DEL PERCORSO - ALTRE ESCURSIONI A BUGLIO IN MONTE - GOOGLE MAP - GALLERIA DI IMMAGINI

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L’alpe Scermendone è compresa nel territorio del comune di Buglio in Monte, e può essere agevolmente raggiunta partendo dall’alpe Granda.


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La sua posizione eccezionalmente felice la rende, probabilmente, il più bel terrazzo panoramico d’alta quota dell’intera Valtellina. In passato, però, il valore di questa alpe consisteva nella sua ampiezza: vi si potevano caricare, infatti, 200 capi di bestiame.


Apri qui una fotomappa dei sentieri del versante retico da Ardenno a Berbenno

Diverse sono le ipotesi sull'origine del nome: forse è da ricercarsi in un nome personale o soprannome, cui è premesso "Scer" da "ser" o "scior", cioè "signore". Alcuni ipotizzano, invece, una derivazione etrusca da "cer", "cerro", o dal germanico "schirm", che significa ricovero per il bestiame. Non è da escludere, poi, la voce del dialetto bergamasco "scérem", che significa soccida, un particolare contratto fra il proprietario di alpeggi ed un prestatore d'opera che vi conduceva anche alcuni capi di bestiame propri. Don Ezio Presazzi, già parroco di Buglio, sostiene, invece, che il nome derivi da Cermenate: da qui, infatti, già fin dal 1308, provenivano i pastori che caricavano l'alpe, con l'impegno di consegnare il latte di una giornata alla parrocchia di S. Fedele di Buglio. L'importanza storica di quest'alpeggio, infine, si riconduce anche ad una probabile antichissima via di comunicazione fra la bassa Valtellina e la Valmalenco, che passava dalla chiesetta di San Quirico, forse antichissimo xenodochio, la Val Terzana, il passo di Scermendone, l'alta Valle di Postalesio e la Val Torreggio (Val del Turéc').
Molti, dunque, i motivi di interesse che ci possono indurre ad un’escursione che, in una giornata particolarmente limpida, non può mancare di rivelarsi un’esperienza densa di suggestione e fascino.


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DA OUR A SCERMENDONE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Our-Granda-Scermendone
3 h
780
E
SINTESI. Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1688). Alle spalle del rifugio imbocchiamo la pista che traversa quasi in piano ai prati della Merla (m. 1734); possiamo giungere alla Merla per via più diretta imboccando un sentiero segnalato che si stacca sulla destra dalla pista per Granda prima di raggiungere l'alpe. Qui ignoriamo il sentiero alla nostra sinistra e quello che sale diritto nel bosco a monte dell'alpe, imboccando quello che prosegue verso est, quasi in piano, traversando all'alpe gemella del Verdel (m. 1716). Raggiunto il lato opposto dei prati (quello orientale) troviamo un bivio segnalato da cartelli: ignorato il sentiero che prosegue diritto, quasi pianeggiante, imbocchiamo quello che sale verso sinistra (nord), in una splendida pineta, fino ad intercettare un sentiero che sale da destra (dall'alpe Oligna). Qui il sentiero piega a sinistra e dopo un traverso volge leggermente a destra ed esce dalla pineta alla parte bassa dell'alpe Scermendone. Il sentiero sale poi diritto al baitone dell'alpe, dove un tratturo, percorso verso destra, porta in breve alla chiesetta di San Quirico (m. 2131). Poco più avanti vediamo il bivacco Scermendone.
VARIANTE: Procediamo sulla pista fino a portarci sul limite dell'alpe Granda. Prendiamo a destra e ci portiamo al rifugio Alpe Granda, nascosto dietro una macchia di abeti (m. 1680). Proseguiamo sul tratturo che sale diritto al limite del bosco a nord-est del rifugio, e prosegue con un lungo traverso in una pecceta. Superata la croce sul poggio a monte dell'alpe Merla, giungiamo ad una rapida sequenza di tornantini sx-dx-sx-dx, oltre la quale siamo ad un bivio: se restiamo sul marcato tratturo proseguiamo la traversata ed usciamo dal bosco nella parte mediana dell'alpe Scermendone, poco ad ovest del baitone, mentre se imbocchiamo il sentierino che se ne stacca sulla sinistra dopo qualche tornante usciamo alla parte bassa dei prati sul limite occidentale dell'alpe Scermendone. Saliti al crinale, procediamo verso est, passando per la casera ed una pozza, tagliando sul lato destro un poggio e raggiungendo n sequenza il baitone e la chiesetta di San Quirico.


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Il percorso più breve per raggiungerla parte dal maggengo di Our di cima (m. 1415), cui si può salire in automobile da Buglio in Monte. Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1688).
L’alpe Granda ("alp grènda") è l’alpe di Ardenno, ed il suo punto di massima elevazione è la cima di Granda, quotata 1708 metri (o, secondo alcune carte, 1705 metri). Fino a qualche decennio fa era sfruttata intensamente, e permetteva di caricare 60 capi di bestiame.
Nell'estimo generale della Valtellina del 1531 la valutazione dell'alpeggio è ancora maggiore: 150 mucche caricate, per un valore di 30 lire (una lira corrispondeva a 20 soldi ed a 240 denari).


Cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro visti dall'Alpe Granda

I suoi prati disegnano una lunga striscia, lungo la direttrice sud-ovest – nord-est, adagiata sul lungo e splendido crinale che, dalla cima di Vignone, passando per l’alpe Scermendone, l’alpe Granda, il Sas del Tii ed i prati di Lotto, scende a dividere l’imbocco della Val Masino dalla piana di Ardenno. Sul limite sud-occidentale dell’alpe si trovava anche il rifugio Alpe Granda (che ha subito due incendi), ora sostituito dal nuovo bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda (m. 1630).


Il bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda, sullo sfondo del monte Disgrazia

Sul suo limite settentrionale, all'imbocco del tratturo per Scermendone, è stato invece costruito il nuovo rifugio Alpe Granda, di fronte all'incantevole scenario delle cime del gruppo del Masino che si mostrano a nord (da sinistra, pizzo Porcellizzo, cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro. Alla loro sinistra la selvaggia costiera Cavislone-Lobbia e la cima del Desenigo, mentre a destra il monte Arcanzo e la cima degli Alli. Se poi dal rifugio procediamo salendo al vicino cocuzzolo del monte Granda, per poi volgerci indietro, vedremo comparire sua maestà il monte Disgrazia ed alla sua destra anche i Corni Bruciati. Salendo verso il limite del bosco a nord, verso sinistra, noteremo una roccia sulla quale è stata scolpita una Madonna con Bambino.
Tornati al rifugio, potremo gustare il sapore della buona cucina e dell'ancor più squisita cortesia (per prenotazioni si deve telefonare al 347 7566960).


Il rifugio Alpe Granda

La gestione dell'alpeggio, di decisiva importanza per l'economia dei secoli passati, era affidata ad una serie di figure fra le quali si istituiva una gerarchi netta. Al vertice stava il caricatore, cui le famiglie dei "lacée", cioè dei contadini che possedevano mucche, affidavano i capi di bestiame. Veniva, poi, il casaro, alla cui sapiente arte era affidata la confezione dei prodotti d'alpe, formaggi e burro. Seguivano il capo-pastore ed i pastori, che, coadiuvati anche da abili cani, sorvegliavano il bestiame e ne governavano gli spostamenti, stando attenti che nessuna mucca cadesse nei dirupi (il che rappresentava un vero e proprio dramma).


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Infine, i più giovani fungevano da cavrèe (pastori di capre) e cascìn (garzoni d'alpe, cui erano affidati i compiti più umili, in genere ragazzini affidati dalle famiglie ai caricatori d'alpe nella stagione estiva). Nella vita d'alpeggio, che iniziava ai primi di giugno e durava 80-83 giorni, due momenti rivestivano un'importanza particolarissima: il ventottesimo ed il cinquantaseiesimo giorno si effettuava la pesa, cioè si pesava il latte prodotto da ciascuna mucca, alla presenza del proprietario, per pattuire, su tale base, il compenso che a questi andava corrisposto.


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L'alpeggio costituisce oggi la meta di una facile e molto remunerativa escursione, per la sua posizione estremamente panoramica, sul confine fra Val Masimo, a nord, e bassa Valtellina, a sud. Gli appassionati della geologia vi potranno trovare più di un elemento di interesse. Passa di qui, infatti, nelle profondità della terra, la faglia che separa la falda Margna dalla falda Sella. Siamo sul limite settentrionale dellla falda paleoafricana. Tutto ciò, ovviaente, sfugge al nostro sguardo, come pure, probabilmente, sfugge la diversa natura delle rocce dell'alpe, antichissimi gneiss, micascisti e vene di quarzo, rispetto alle molto più giovani rocce del gruppo del Masino, il cosiddetto plutone Masino-Bregaglia, di cui vediamo un'interessante sezione a nord (testata della Val Porcellizzo, costiera Arcanzo-Remoluzza, monte Disgrazia).


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Il valore panoramico dell'alpe è impreziosito da uno splendido colpo d'occhio sulla catena orobica, a sud, che mostra in tutta la sua bellezza un'ampia sezione della Val Gerola e, sul limite destro, il caratteristico corno del monte Legnone. Il rifugio Alpe Grande costituisce, infine, un possibile punto di appoggio o di ristoro.
Alcune fra le più famose cime della testata della Val Masino si presentano di fronte ai nostri occhi. Guardando verso il cuore della Val Masino, distinguiamo la cima di Cavalcorto e, alla sua destra, i pizzi del Ferro (sciöma dò fèr). Verso ovest si distinguono, da sinistra, il corno di Colino, l’elegante profilo della cima del Desenigo e, sulla selvaggia costiera che sembra incombere sopra Cataeggio, la cima di Cavislone (sciöma dò caveslùn) ed il monte Lobbia (lòlbia). Dirigiamoci versa destra, in direzione di una grande vasca per la raccolta dell’acqua, dove troviamo anche alcuni cartelli. A destra appare, improvviso e bellissimo, il nuovo rifugio Alpe Granda.
Possiamo giungere all'Alpe Granda, però, per altra via, percorrendo, cioè, la pista che parte dai Prati di Erbolo, sopra Gaggio.
Per salire a Scermendone, dobbiamo procedere in direzione del rifugio e salire verso il margine del bosco, dove si individua facilmente una pista che vi si inoltra e comincia a salire decisa, descrivendo una lunga diagonale, in direzione dell’alpe (nord-est). Alla piccola radura di quota 1892 si trova una croce in legno, collocata in occasione del Giubileo del 2000: qui la pista intercetta un sentiero che sale dall’alpe della Merla (m. 1729).


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Possiamo giungere fin qui anche con una via più breve e ripida, che taglia fuori l’alpe Granda, staccandoci dal sentiero Our-Granda ad una deviazione segnalata, sulla destra, per la Merla; dai prati dell’alpe il sentiero riprende a salire ripido, fino a questa croce.
Ma riprendiamo la marcia verso Scermendone. Poco oltre gli unici due tornanti, posti in rapida successione, bisogna prestare attenzione ad deviazione poco evidente verso sinistra: dopo averla imboccata saliamo rapidamente, con tornanti secchi, raggiungendo l’estremità sud-occidentale dell’alpe Scermendone, in corrispondenza di una baita semidiroccata (m. 2060). Anche la pista, però, conduce all’alpe Scermendone: ci porta, però, più o meno a metà dell'alpe, ad ovest rispetto al baitone ed alla chiesetta di San Quirico, posti sul suo limite nord-orientale.


Apri qui una panoramica verso ovest dal monte Scermendone

Torniamo al suo limite opposto. Proseguendo verso nord-est si giunge sul crinale, dove si apre un panorama superbo, dominato dalla mole regale del monte Disgrazia. Se abbiamo molto tempo a disposizione, possiamo dirigerci verso sinistra, al limite estremo dell’alpe, dove si trova un sentierino che corre sul versante valtellinese, appena sotto il crinale. Dal primo tratto del sentierino possiamo facilmente salire alla cima quotata 2127 (monte Scermendone), dalla quale il panorama è davvero incomparabile.
Se abbiamo sufficiente esperienza e prudenza, possiamo poi tornare al sentierino e proseguire verso sud-sud-ovest, tenendoci sempre in prossimità del crinale, fino a raggiungere, superata un’ultima conca erbosa, il pizzo Mercantelli (sciöma dè Mercantéi, m. 2070), caratterizzato da una bandierina tricolore metallica. Il pizzo domina, dall’alto, l’alpe Granda. Questo percorso esige molta accortezza, perché il versante montuoso è, su entrambi i lati del crinale, molto ripido.


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Se non abbiamo ambizioni avventuristiche, dal rudere di quota 2060 procediamo verso nord-est (destra). Il sentiero passa accanto alla casera dell’alpe (m. 2103), regalando un’ottima visuale anche sulla costiera Remoluzza-Arcanzo, dove spiccano, da sinistra, la cima di Arcanzo, la cima degli Alli (sciöma dei äl) e la punta Vicima. A destra della costiera, la piana di Preda Rossa, dominata dal monte Disgrazia. Verso sud-ovest si scorgono, invece, il monte Spluga, il pizzo Ligoncio, i pizzi dell’Oro e la punta del Barbacan. Bellissimo è anche il colpo d’occhio sulla Valtellina medio-bassa, fino al monte Legnone.


Apri qui una panoramica sulla Valle di Preda Rossa dall'alpe Scermendone

Il sentiero passa poi accanto ad un picco specchio d’acqua, e ad una seconda baita, recentemente ristrutturata, per poi puntare, aggirato a destra un dosso, alla chiesetta di san Quirico (m. 2131), piccola perla posta a protezione dell’alpe.
Lo scenario della chiesetta, sullo sfondo della remota e poco conosciuta
Val Terzana (chiamata anche Valle di Scermendone: così, per esempio, nella carta della Val Masino curata dal conte Lurani, nel 1881-1882, che confluisce, da nord-est, nella Valle di Sasso Bisòlo, la più orientale delle valli che costituiscono la Val Masino), è davvero indimenticabile.


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La sua campanella risuona quando, la seconda domenica di luglio, si festeggia il santo (san Cères), e la piana di Scermendone si riempie di tende e sacchi a pelo. Qualche parola su questa chiesetta merita di essere ancora spesa. Ci sono pochi altri esempi di chiesette alpine poste ad una quota così alta. La sua collocazione testimonia due cose: innanzitutto l'importanza di questo ampio alpeggio, in secondo luogo la sua posizione strategica come luogo di transito.


Apri qui una panoramica sul limite occidentale di Scermendone

Molto probabilmente la chiesetta fu, in antico, uno xenodochio, cioè un luogo deputato al ricovero di pellegrini e viandanti che transitavano di qui. Non dovevano essere pochi: in tempi nei quali il passaggio sul fondovalle era disagevole e pericoloso, per l'alpe Scermendone passava, infatti, un'importante via che collegava la bassa Valtellina alla Valmalenco, lungo l'asse Ardenno - Buglio- Alpe Granda - Alpe Scermendone - Val Terzana - Valle di Postalesio - Val Torreggio (Val del Turéc'). Purtroppo questa via è oggi quasi dimenticata: anche il Sentiero Italia l'ha ignorata. Ma a chi la sa riscoprire regala un tesoro di emozioni e scenari insospettati.


Apri qui una panoramica dalla chiesetta di San Quirico a Scermendone

Sostando presso la chiesetta, cerchiamo di saperne di più leggendo quanto scrive don Domenico Songini, nel bel volume “Storie di Traona – Terra Buona – II” (Sondrio, 2004): “Scermendone, toponimo inesplorato fino alle indagini di don Ezio Presazzi - prevosto di Baglio - che asserisce derivato dai primitivi pastori di Cermenate, che già nel 1308 caricavano l'alpe con l'impegno di consegnare il latte d'una giornata (una cagliata) alla parrocchia di san Fedele.


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Scermendone rappresenta la tipica altura, a dossi e a pianori, a 2000 rn. sulla dorsale tra la Valtellina e la Valmasino, di proprietà della comunità di Buglio, che v'invia il bestiame per l'alpeggio estivo e che vi si dà convegno per una sagra popolare di gran prestigio: nel solito mese di luglio, dopo la metà, tempo delle feste dei nostri SS. Sette Fratelli.
Il Santo venerato lassù, alla stessa altitudine di Sant'Esfrà (m 2010) è San Ceres, ritenuto uno dei Sette Fratelli. Realmente l'Oratorio è dedicato a San Quirico, il figlioletto di Santa Giuditta, ambedue martiri del IV secolo. Questa attribuzione sembra poco convincente: il martirologio infatti assegnava la festa al 9 dicembre, tempo in cui il monte è quasi inaccessibile. Allora perché San Ceres?
Qualcuno vede un'affinità linguistica con "Siro", il santo evangelizzatore di Pavia, vescovo del IV secolo: le chiese di Pavia possedevano vasti feudi in Valtellina; non manca anche qualche allusione al Saint Cyr di franca memoria. A confondere le acque, interviene anche la mitologia pagana, cui non sembra vero richiamarsi a Cerere, la dea-madre. Tutto lascia supporre trattarsi d'un Santo dei Pastori: San Siro si festeggia il 16 giugno, nel colmo della stagione degli alpeggi; San Ceres, la II domenica di luglio, nel momento della "pesa del latte". La tradizione locale indica nell'incavo di un roccione prospiciente il "Pian di Spin" la grotta del Santo Eremita. È uno dei Sette Fratelli? ...”

Appena sotto la chiesetta, a destra del grande e ben visibile baitone, c'è una piccola sorgente, con una scritta in dialetto che segnala che si tratta dell'acqua degli occhi, dell'acqua, cioè, legata alla leggenda dei Corni Bruciati, l'acqua che avrebbe ridato la vista al pastore buono ma disobbediente.


Apri qui una panoramica da San Quirico (San Ceres)

Alle spalle della chiesetta raggiungiamo rapidamente la baita del bivacco Scermendone, recentemente attrezzata (1999) come punto di appoggio importantissimo sul tracciato del Sentiero Italia Lombardia nord. Il bivacco ha una parte sempre aperta, dove si può pernottare o trovare ricovero in caso di improvviso maltempo. Alle spalle del rifugio il Sentiero Italia prosegue verso il Dosso del Termine.


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SCERMENDONE-CRUS DE L'OM-MONTE VIGNONE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Scermendone-Croce dell'Olmo-Cima di Vignone
3 h
780
E
SINTESI. Dalla chiesetta di San Quirico e dal bivacco Scermendone ci incamminiamo verso est, sul Sentiero Italia. In breve siamo ad un bivio: il sentiero più largo comincia a salire sul versante di pascoli alla nostra sinistra, e lo imbocchiamo, lasciando il Sentiero Italia. Il sentiero termina, ma noi continuiamo a salire lungo il fianco meridionale del crinale a monte di Scermendone, qui un po' ripido, verso nord-est, senza percorso obbligato, fino a raggiungerne la sommità. Nella salita puntiamo ad un poggio, a quota, 2342, dove vediamo la piccola croce dell'Olmo, vicino ad un grande ometto. Poco oltre, un grazioso microlaghetto (d'inverno nascosto dalla neve). Proseguiamo sul largo crinale fino ad un bivio segnalato da cartelli (a destra per l'alpe Baric, a sinistra per la Val Terzana); non seguiamo nessuna delle direzioni segnalate, ma proseguiamo diritti, in direzione dell'arrotondata ed erbosa cima di Vignone (m. 2608), che vediamo davanti a noi. Un sentierino sale in direzione di un grande ometto, e prosegue poi serpeggiando in una fascia di massi. Superata questa fascia, percorriamo l'ultimo tratto in salita sul facile e largo crinale erboso, che ci porta alla cima.


Apri qui una panoramica su Scermendone

Se ci si stacca dal sentiero Italia verso sinistra, seguendo una traccia all’inizio molto evidente, si può salire sul crinale, verso la croce dell’Olmo, posta a 2342 metri, su un poggio ben visibile dal basso, in una posizione estremamente suggestiva e panoramica. Vicino alla nuova croce, che si illumina di notte, si trova un grande ometto, assai importante come punto di riferimento in caso di scarsa visibilità. La salita potrebbe agevolmente continuare e concludersi alla cima di Vignone (m. 2608), nella quale culmina il lungo dosso-crinale che separa la Val Masino dalla media Valtellina. Da Our alla cima di Vignone sono necessarie quattro buone ore di cammino, per superare i circa 1200 metri di dislivello.
Se non vogliamo sobbarcarci tanta fatica, dal bivacco Scermendone possiamo optare per una seconda interessante possibilità: dirigiamoci a sinistra, sul lato opposto dell’alpe, dove troviamo un ben marcato sentiero che subito si biforca. Il ramo di sinistra scende all’alpe di Scermendone basso, dalla quale, attraversata la frana del fianco del Sasso Arso, possiamo raggiungere la piana di Preda Rossa, uno dei luoghi più belli della Val Masino.


Monte Disgrazia visto da Scermendone

Il ramo di destra, invece, si addentra in Val Terzana, e ci porta dapprima all’alpe Piano di Spini (m. 2198), poi al suggestivo laghetto di Scermendone (m. 2339), unico, insieme ai laghetti della valle di Spluga, nell’intera Val Masino. La Val Terzana ha una bellezza del tutto particolare: pochi la conoscono, ed è un peccato. Guardando in direzione della testata della valle, riconosciamo facilmente il passo di Scermendone (m. 2595), dal quale si scende nell’alta valle di Postalesio, percorrendo la quale e valicando il passo di Caldenno, ci si ritrova in Val Torreggio (Val del Turéc'), laterale della Valmalenco, e si può scendere al rifugio Bosio.


Apri qui una panoramica su Scermendone e la Valle di Preda Rossa

Ma è tempo di tornare. Per farlo, possiamo scegliere un interessante itinerario alternativo. Dal baitone posto poco sotto la chiesetta di san Quirico, un sentierino scende, con qualche zig-zag, al limite del bosco, dove ritroviamo la pista che parte dall’alpe Granda. Invece di imboccarla, scendiamo ancora, fino ad un bivio. Il ramo di sinistra scende all’alpe Oligna, quello di destra all’alpe Verdel. Percorriamo quest’ultimo e, raggiunta l’alpe Verdel (m. 1716), prendiamo il sentiero che, partendo dal suo limite occidentale, effettua una bella traversata, quasi in piano, fino all’alpe Merla. Si tratta di un sentiero molto riposante, con un fondo ottimo: pochissimi sono i sassi che disturbano il piede. Inoltre la traversata avviene nel cuore di un bosco stupendo. Dalla Merla, infine, possiamo tornare a l’Our, o per la via più diretta che scende ripida nel bosco. Se però la nostra base di partenza è l’alpe Granda, teniamo presente che dalla Merla parte anche un sentiero facilmente individuabile (direzione ovest), che raggiunge il limite nord-orientale dell’alpe Granda.

La nuova e la vecchia Crus de l'Om

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

 

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