Il più agevole passaggio fra Valtellina e Valle di Poschiavo
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Il passo o colle d'Anzana è il più agevole valico che congiunge il versante retico valtellinese alla Val Saiento, la prima laterale occidentale della Valle di Poschiavo. E' sempre stato, quindi, un passo legato ai contrabbandi e, durante la seconda mondiale, una delle più frequenti vie di fuga scelte dagli Ebrei che espatriavano dall'Italia per sfuggire all'ordine di cattura ed internamento emanato dalla Repubblica di Salò nel dicembre del 1943.
Il passo può essere, poi, punto di passaggio per completare ulteriori escursioni; la più semplice prevede la discesa al vicino rifugio Anzana, che si raggiunge in una ventina di minuti. La via d'accesso elvetica è, invece, in sintesi, la seguente: da Campocologno, raggiungiamo Campascio ed imbocchiamo,
sulla sinistra, la strada che sale in Val Saiento, passando per il rifugio
Monte Scala e per Cavaione (m. 1302); proseguiamo poi inoltrandoci nella
valle, fino all’alpe Pescia Bassa (m. 1832) ed alla conca dell’alpe
Pescia Alta (m. 2054), dove si trova, isolata dalle baite dell’alpe
e sul lato opposto del torrente della valle (cioè sulla sinistra
per chi sale, vale a dire a sud), il rifugio, a 2050 metri.
Vale però
la pena raggiungere il rifugio dal territorio italiano, perché
ciò ci permette alcune escursioni di grande bellezza e panoramicità.
I punti di partenza possono essere quattro: Prato Valentino, sopra Teglio,
Nemìna alta e le Baite Campione, sopra Bianzone, l’alpe
Lughina, sopra Tirano.
PRATO VALENTINO-COLLE D'ANZANA
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Prato Valentino - Colle Anzana |
2 h e 30 min. |
530 |
E |
SINTESI. Da Teglio saliamo a Prato Valentino, dove parcheggiamo (m. 1730), incamminandoci sulla pista sterrata che segue gli impianti di risalita. Ci portiamo dapprima alla sommità del dosso Laù (m. 2034), toccando poi la località Fontanacce (a 2100 m.) e l’edificio che rappresenta il primo punto di arrivo degli impianti di risalita di Prato Valentino (m. 2140). In corrispondenza di un’evidente rete rossa di contenimento, che troviamo a destra della pista, da essa si stacca, sulla destra, a quota 2291 m., la mulattiera per il passo del Méden. La seguiamo verso nord. Con qualche saliscendi ci porta sotto il passo del Meden. Ignorata la deviazione che sulla sinistra porta al passo, proseguiamo diritti, tagliando il versante meridionale del pizzo Cancano. Raggiunto il dosso che scende dalla cima, il sentiero piega a sinistra (nord-est) e si porta ai piedi della ben visibile sella del colle d'Anzana. Qui i cartelli ci indicano il sentiero che se ne stacca sulla sinistra ed in breve sale al Colle d'Anzana (m. 2222). |
Dalla ss 38 raggiungiamo, salendo da Tresenda o da San Giacomo, Teglio (m. 850) e, seguendo le indicazioni, proseguiamo per Prato Valentino (m. 1700), dove si trova anche il rifugio Baita del Sole. Incamminiamoci, quindi, sulla comoda pista che risale i prati usati, nella stagione invernale, come piste da sci. Oltrepassato il primo punto di arrivo degli impianti di risalita (m. 2227), proseguiamo in direzione del secondo ed ultimo. Prima di raggiungerlo, stacchiamoci però dalla pista sulla destra, in corrispondenza di una rete di contenimento, seguendo i segnavia bianco-rossi (siamo, infatti, sul Sentiero Italia, nel tratto che congiunge la Val Fontana a Tirano). Operiamo, così, un bella e panoramica traversata dell’alta valle di Boalzo (da “bos”, bue), passando sopra le baite del Méden. Al termine della traversata, troviamo un bivio: mentre a destra il Sentiero Italia prosegue ed aggira il fianco meridionale del Pizzo Cancano (m. 2436), noi effettuiamo una breve salita sulla sinistra, guadagnando l’ampia sella presso la quale è collocato il passo del Méden (a 2417 metri). Dalla sella, posta sul largo crinale che fa da confine fra Italia e Svizzera, possiamo, incamminandoci per un tratto verso il territorio svizzero, scorgere la bella conca dove si trova l’alpe di Pescia Alta. Se non abbiamo fretta, prima di scendere all’alpe percorriamo il crinale e saliamo, senza problemi, sulla cima del pizzo Cancano, dal quale il colpo d’occhio, a 360 gradi, è ampio e suggestivo. Per portarci alla sella del passo, procediamo così. Torniamo indietro sui nostri passi e, giunti più o meno a metà strada fra il pizzo Cancano e la fine dell'ampia sella, pieghiamo a destra, scendendo lungo un facile corridoio erboso, che ci porta ad un'ampia conca in lieve declivio sul versante svizzero.
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
Qui noteremo un sentierino che, preso verso destra, procede quasi pianeggiante, con tratti in leggera discesa, e porta proprio alla sella del colle o passo d'Anzana (m. 2224), che raggiungiamo dopo circa 3 ore e mezza di cammino.
ALPE LUGHINA -COLLE D'ANZANA - RIFUGIO ANZANA
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Lughina -Colle Anzana |
3 h e 30 min. |
780 |
E |
SINTESI. Dal parcheggio dell'alpe Lughina, a 1468 m. (al quale sale una carozzabile, stretta e non sempre protetta, che parte da Villa di Tirano, ci incamminiamo seguendo la pista che va a sinistra (ovest) e lasciandola sul lato destro in corrispondenza della partenza segnalata della mulattiera militare che con tornanti regolari sale ad una croce in legno, passa a sinistra dei prati dell'alpe Frantelone (o Frontelone, m. 1831), esce gradualmente dalla pineta e prosegue nella salita con tornanti regolari, iniziando infine una traversata quasi in piano verso ovest che la porta ai piedi della sella del colle d'Anzana. Qui un cartello segnala il sentierino che se ne stacca sulla destra ed in breve porta al Colle d'Anzana (m. 2222). |
2. Dall’alpe Lughina. Chi giunge a Tirano da Sondrio, incontra,
poco prima della centrale idroelettrica e del Santuario della Madonna,
la contrada Ragno di Villa di Tirano. Lasciamo
la ss 38 in direzione della contrada e cominciamo a salire su una strada
che, ben presto, ci porta ad un bivio. La stradina di destra conduce
allo xenodochio di Santa Perpetua. Noi, invece, proseguiamo a sinistra,
su una strada piuttosto stretta, che raggiunge le contrade di Novaglia,
Novaione e Piatta.
Si
tratta dell’ultimo tratto del Sentiero Italia che scende verso
Tirano. Alla fine, eccoci all’alpe Lughina (m. 1464). Qui ci mettiamo in cammino, ignorando la pista che
si dirige alla località Sasso, sul sentiero segnalato dai segnavia
bianco rossi (Sentiero Italia), che sale, con rapidi tornanti, fino alla cima di un dosso
boscoso, dove incontriamo una croce. Proseguendo, raggiungiamo le baite
dell’alpe Frantelone (o Frontelone, m. 1831).
Proseguendo sulla mulattiera (manufatto militare), effettuiamo una lunga traversata che ci porta proprio ai piedi del passo, dove un cartello segnala l'incrocio con i sentieri 397 e 395: prendendo a destra, in dieci minuti siamo al Colle d'Anzana, dopo circa tre ore di cammino dall'alpe Lughina. Dal colle si può scendere su sentiero segnalato in territorio elvetico, all'alpe di Pescia Alta dove, seguendo una pista sterrata verso destra, possiamo raggiungere il rifugio Anzana, in circa mezzora dal passo.
Esiste
però un secondo possibile itinerario che parte dall'alpe Lughina a porta al rifugio Anzana. Sul lato opposto dell'alpe Lughina, quello svizzero, imbocchiamo un sentiero che si addentra nel bosco, Presso una baita, troviamo un cartello che segnala il sentiero per la
Piana (30 minuti), che attraversa il fianco boscoso che scende dalla
Vetta Salarsa fino al fondovalle. Perdiamo così un centinaio
di metri di quota: il cartello che ci attende quando intercettiamo una
pista carrozzabile ai prati della Piana, infatti, indica 1350 metri.
Seguiamo verso sinistra la carrozzabile, che, in breve, lascia il posto
ad una pista con fondo erboso. C'è una breve interruzione per
uno smottamento, ma la pista prosegue subito dopo, fino al ponte ai
prati Rossat (m. 1484), che ci porta sul lato opposto della val Saiento
(il destro per noi che la risaliamo). Qui la pista diventa un ripido
sentiero, che ci fa guadagnare un centinaio di metri di quota e ci porta
ad intercettare la bella carrozzabile che da Cavaione sale verso l'alpe
di Pescia Bassa. Non resta, ora, che seguire la carrozzabile per raggiungere
prima quest'alpe (m. 1832) e poi il rifugio). Anche questo secondo itinerario
può essere suggerito agli amanti della mountain-bike, con l'avvertenza
che il tratto Lughina-Piana e quello Rossat-strada non sono ciclabili.
Il rifugio dispone di 15
posti letto in due camere, di acqua, cucina a legna, 1 WC, 3 lavabi,
un caminetto, una sala da pranzo, illuminazione elettrica, possibilità
di giochi e grigliate all'aperto. Ci si può rivolgere, per prenotazioni, al sig. Giancarlo Polzza (Comune
di Brusio, 7743 Brusio), tel. 081 8465461; oppure all'Ente Turistico
Valposchiavo, piazza Comunale 39, 7742 Poschiavo, tel. +41 (0)81 844
05 71, fax +41 (0)81 844 10 27, e-mail info@valposchiavo.ch, http://www.valposchiavo.ch
Dal rifugio, seguendo le indicazioni, in 40 minuti circa siamo al colle d'Anzana.
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
NEMINA BASSA -COLLE D'ANZANA
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Nemina Bassa -Colle Anzana |
3 h |
880 |
E |
SINTESI. Saliamo da Bianzone a Bratta (m. 919), seguendo la carozzabile per i maggenghi (ad un bivio andiamo a destra, seguendo la pista con fondo asfaltato), e proseguiamo sulla pista che sale ai maggenghi di Nemina, sulla pista con sfondo asfaltato, sterrato e di nuovo asfaltato, che effettua un traverso a sinistra (sud-ovest), fino ad un tornante dx. Subito dopo il successivo tornante sx, termina il fondo asfaltato ed inizia lo sterrato, in condizioni discrete.
Poco prima del successivo tornante dx troviamo una piazzola, alla quale parcheggiamo (m. 1120). Saliamo seguendo la pista principale, che porta ai prati di Nemina Bassa (m. 1332) per poi rientrare nel bosco e salire ai prati di Nemina di Mezzo (m. 1571). La pista prosegue per un tratto verso ovest (sinistra), poi effettua una curva a destra ed assume l’andamento nord, salendo ripida fino ad un bivio, dove si trova anche un cartello escursionistico del sentiero 397, che dà il colle d’Anzana a 2 ore. La pista di sinistra porta ai prati di Nemina Alta (m. 1745), ma noi seguiamo la pista di destra che raggiunge dopo poche decine di metri due baite, quotate 1651 metri. Seguendo la pista che prosegue nella salita, in direzione nord-est, fino ad un tornante sx, al quale troviamo un nuovo cartello del sentiero 397. Al successivo tornante dx segue un lungo traverso, durante il quale il bosco a tratti si apre, regalando interessanti scorci panoramici. Su un masso a sinistra della pista vediamo il primo segnavia bianco-rosso. Una semicurva a sinistra fa assumere poi alla pista l’andamento nord, con pendenza più severa; un tratto in falsopiano ci permette di tirare un po’ il fiato, prima che la pista riprenda a salire decisa. Dopo altre due semicurve attraversiamo una roggia, che scende al solco della Val Fontana del Larice. Attraversato un secondo valloncello, troviamo un secondo segnavia, sempre su un masso a sinistra della pista. Raggiungiamo, poi, il vallone dell’alta Val Fosca, dopo il quale la pista piega leggermente a destra. Ci avviciniamo ad un marcato dosso, che scende ad un salto di roccette, e lo tagliamo ad una quota di poco superiore ai 2000 metri, dopodiché la pista piega a sinistra. Superiamo una nuova roggia, a monte della quale c’è un corpo franoso, proseguendo verso nord, fino ad incontrare il primo tornante.
La pista, qui, volge a sinistra, ma termina dopo poche decine di metri ad una piazzola, ad una quota di circa 2090 metri, lasciando il posto ad un sentiero, non molto largo ma abbastanza marcato, che riprende la salita, fra massi e radi larici, piegando, poi, leggermente a destra e raggiungendo il centro di uno dei valloni che confluiscono nella Val del Pisciul. Qui è stato realizzato un paravalanghe in lamiera, ed un ponticello in legno ci permette di superare un torrentello che viene convogliato fin qui da un canale di gronda, sempre in lamiera. Per un tratto il sentiero corre, poi, parallelo al canale, fino ad un casello dell’acqua, poi se ne separa, lasciandolo alla propria sinistra. Il sentiero si addentra, quindi, in un rado bosco di larici ed esce di nuovo all’aperto proponendo l’ultimo strappo, prima di raggiungere un dolce declivio erboso, al quale accediamo dopo aver superato un larice sul suo lato destro, ai cui piedi si trova un sasso con segnavia rosso-bianco-rosso (memorizziamo questo punto di riferimento per il ritorno, se questo avviene per la medesima via di salita).
Dopo un brevissimo tratto, su traccia di sentiero più debole ed inerbita, ci ritroviamo ad una coppia di sassi, su entrambi i quali è posto un segnavia bianco-rosso: qui giunge, infatti, anche il sentiero che sale da Campione (con numerazione 395). Prendiamo, ora, a sinistra, sempre seguendo la debole traccia e passando a sinistra di un ometto con segno rosso. Alla nostra sinistra, qualche metro più in là, vediamo un cippo bianco, collocato per ricordare la memoria del finanziere Giocondo Tomasini. Pochi metri ancora e siamo all'incrocio con il Sentiero Italia, che giunge fin qui da Prato Valentino, sopra Teglio. Lo tagliamo e proseguiamo diritti, seguendo un sentiero che continua ad inerpicarsi sul versante e ci porta al colle d'Anzana (m. 2222).
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Descriviamo questa terza possibilità con maggiore attenzione. Saliamo con l’automobile attraversando Bianzone e passando a destra di piazza Vanoni (la piazza del Municipio); ad un bivio seguiamo la direzione indicata dal cartello, con fondo marrone, che indica le località di Nemina, Piazzeda, Bollone e Bratta. Proseguiamo sempre sulla strada principale, evitando deviazioni, fino ad un bivio segnalato da cartelli, che indicano a sinistra Nemina e Piazzeda, a destra Bratta e Campei. Prendiamo a sinistra, scavalcando, su un ponte, il torrente della Valle di Bianzone. Ben presto siamo ad un bivio, al quale dobbiamo prendere a sinistra, effettuando un lungo traverso in un punto panoramico (bel colpo d’occhio su Bianzone), prima di trovare il primo tornante dx. Dopo una sequenza dx-sx-dx-sx-dx-sx, arriviamo all’ultimo tornante dx che ci immette all’ultimo traverso prima di Piazzeda. Le prime case, antichi rustici con interessanti ballatoi in legno, compaiono alla nostra sinistra; poco più avanti, siamo al nucleo della frazione, dove troviamo un cartello di benvenuto in corrispondenza di una stradina che scende, sulla destra, ad un parcheggio.
Fermiamoci per una breve visita a questo incantevole paesino. La chiesetta è più in basso, a 919 metri: da qui ne vediamo il campanile. Scendiamo fra le strette viuzze, fino al sagrato. La chiesa è il più basso degli edifici; le case della frazione, rustici interessanti, si addossano le une alle altre alle sue spalle. Vediamo sulla facciata della chiesa che è stata restaurata nel 2000; il campanile reca l’indicazione che è stato edificato nel 1792. Sul lato opposto, rispetto alla facciata della chiesa, troviamo una splendida fontana, interamente ricavata da un unico blocco di pietra; accanto ad essa, un lavatoio. Tornati all’automobile, riprendiamo a salire. La strada passa sotto un edificio assai più moderno dei rustici del paese, sul quale si legge “Scuola elementare”, che funzionò nel paesino fino agli anni cinquanta. Poco più avanti, troviamo un pannello illustrativo del territorio di Bianzone ed alcuni cartelli escursionistici, in corrispondenza di un tornante sx della strada, al quale si stacca, sulla destra, una pista. Alcuni cartelli escursionistici del Sentiero del Sole (numerazione 302), il sentiero che effettua una lunga traversata a mezza costa da Montagna in Valtellina a Tirano, segnalano che prendendo a sinistra ci portiamo, in 2 ore e 20 minuti, alla piana ed in 3 ore a Verdomana (località sopra Teglio), per raggiungere, infine, in 5 ore S. Antonio in Val Fontana; prendendo a destra, invece, sulla pista sterrata, raggiungiamo un sentiero attrezzato che attraversa la Valle di Bianzone e porta in un’ora a Bratta (la località gemella rispetto a Piazzeda), a 2 ore ed un quarto a Stavello, sopra Villa di Tirano, ed in 4 ore e mezza il santuario della Madonna di Tirano. Noi proseguiamo, sempre in automobile, sulla pista con sfondo asfaltato, sterrato e di nuovo asfaltato, che effettua un traverso a sinistra (sud-ovest), fino ad un tornante dx. Subito dopo il successivo tornante sx, termina il fondo asfaltato ed inizia lo sterrato, in condizioni discrete.
Poco prima del successivo tornante dx troviamo una piazzola, alla quale, se abbiamo voglia di sperimentare le nostre capacità di buoni camminatori, possiamo lasciare l’automobile, ad una quota di circa 1120 metri. In caso contrario, possiamo proseguire sulla sterrata (che però propone alcuni punti di notevole pendenza) fino a Nemina di Mezzo. Nella piazzola vedremo anche una lapide posta in ricordo di Cosatti Mario. Al tornante dx si stacca, sulla sinistra, una pista; qui troviamo alcuni cartelli escursionistici: due riguardano il già citato Sentiero del Sole, mentre il terzo punta ad un sentiero che parte proprio in corrispondenza del tornante, salendo leggermente verso sinistra, e che porta a Nemina di Mezzo in un’ora e 50 minuti. A Nemina di Mezzo porta anche la pista, che comincia a salire con pendenza media, effettuando un lungo traverso. Ben presto troviamo una pista che se ne stacca sulla destra, con una nuova coppia di cartelli del Sentiero del Sole. Proseguiamo per un lungo tratto nella medesima direzione, prima di trovare una semicurva a sinistra, oltre la quale la pendenza si accentua e la pista propone un tratto con una coppia di cordoli di cemento per agevolare i veicoli.
Al termine dello strappo, che avviene nella cornice di una splendida pecceta, la pista volge a sinistra, poi, dopo il successivo tornante a destra, usciamo ai prati di Nemina Bassa, il cui limite inferiore è quotato sulla carta IGM 1332 metri. La pista piega di nuovo a destra, poi effettua una semicurva a sinistra e sale ripida, passando a destra delle tre baite del maggengo (in realtà una è quasi abitazione dotata di tutti i confort, citofono compreso). Sul lato destro, invece, una simpatica fontana. Il panorama è davvero interessante: davanti a noi l’estremo lembo orientale della catena orobica, sul quale spiccano, da destra, la regolare forma conica del pizzo del Diavolo di Malgina ed il più massiccio e tozzo monte Torena. Poi si intravede uno scorcio della Val Belviso. Segue il lungo versante che parte dai ripetitori posti appena a destra del Monte Padrio, alle cui spalle si distinguono le strisce verdi degli impianti del comprensorio sciistico dell’Aprica, sormontate dalla cima del Dosso Pasò. Sul fondo, a sinistra, il gruppo dell’Adamello. La pista rientra nel bosco e piega gradualmente a sinistra, passando a destra di una splendida conca erbosa sormontata dalle baite della località Torre. Giungiamo, così, ad un tornante dx, poco prima del quale ci raggiunge, salendo da sinistra, una pista. Dopo il tornante dx passiamo a monte dei prati della Torre; superata una pista che si stacca pianeggiante da quella principale, sulla destra, descriviamo gradualmente un arco verso sinistra, con tratto ripido, che ci porta al limite inferiore dei prati di Nemina di Mezzo.
Dopo aver lasciato alla nostra destra un rudere di baita letteralmente abitato dagli alberi, incontriamo due piccole baite in asso ancora ben conservate, che precedono un rustico ammodernato (m. 1571). La pista prosegue per un tratto verso ovest, poi effettua una curva a destra ed assume l’andamento nord, salendo ripida fino ad un bivio, dove si trova anche un cartello escursionistico del sentiero 397 (quello che porta al colle d’Anzana), dal quale apprendiamo che l’incrocio con il Sentiero Italia richiede ancora un’ora e tre quarti di cammino, mentre il colle d’Anzana è dato a 2 ore. Il cartello ci fa rimanere sulla pista di destra, mentre quella di sinistra porta ai prati di Nemina Alta (m. 1745), che però da qui non si vedono. La pista di destra raggiunge dopo poche decine di metri due baite, quotate 1651 metri sulla carta IGM: quella di sinistra, più grande, mostra sulla facciata orientale la scritta “La ca di casciadu”. In mezzo, una bella fontana ed a poca distanza il limite inferiore di una densa pecceta. Prima di raggiungerlo, soffermiamoci ad ammirare il panorama, ancora più ampio rispetto a quello di Nemina Bassa: di fronte alle baite, sul versante orobico, si distinguono bene le valli Bondone e Caronella e, alla loro sinistra, si apre un ampio scorcio della Val Belviso. Più a sinistra, i monti dell’Aprica, il monte Padrio, il gruppo dell’Adamello sul fondo.
Se siamo saliti in automobile, dobbiamo lasciarla qui, altrimenti non facciamo altro che continuare nella nostra marcia, seguendo la pista che prosegue nella salita, con pendenza sempre dedica, in direzione nord-est, fino ad un tornante sx, al quale troviamo un nuovo cartello del sentiero 397, che dà l’incrocio con il Sentiero Italia ad un’ora e mezza ed il colle Anzana ad un’ora e tre quarti. Al successivo tornante dx segue un lungo traverso, durante il quale il bosco a tratti si apre, regalando interessanti scorci panoramici (in particolare si scorgono bene, sul versante opposto della Valle di Bianzone, le baite della località Campione, a monte di Bratta). Su un masso a sinistra della pista vediamo, ad un certo punto, il primo segnavia bianco-rosso. Una semicurva a sinistra fa assumere poi alla pista l’andamento nord, con pendenza più severa; un tratto in falsopiano ci permette di tirare un po’ il fiato, prima che la pista riprenda a salire decisa. Una notazione: questa pista, che sale a Nemina Bassa e di Mezzo e prosegue verso la parte alta del versante retico, non è segnata né sulla carta Kompass, né sulla Carta Tecnica Regionale. Dopo altre due semicurve attraversiamo una roggia, che scende al solco della Val Fontana del Larice. Attraversato un secondo valloncello, troviamo un secondo segnavia, sempre su un masso a sinistra della pista; ottimo, di nuovo, è il colpo d’occhio su Campione. Raggiungiamo, poi, il vallone dell’alta Val Fosca (qui la pista è protetta a monte da un muro di sassi imbragati), dopo il quale la pista piega leggermente a destra; ottimo, da qui, il colpo d’occhio su Stazzona e, in alto, sugli impianti di risalita dell’Aprica e la Val Belviso. Ci avviciniamo ad un marcato dosso, che scende ad un salto di roccette, e lo tagliamo ad una quota di poco superiore ai 2000 metri, dopodiché la pista piega a sinistra. Superiamo una nuova roggia, a monte della quale c’è un corpo franoso, proseguendo verso nord, fino ad incontrare il primo tornante dai prati di Nemina.
La pista, qui, volge a sinistra, ma termina dopo poche decine di metri ad una piazzola, ad una quota di circa 2090 metri, lasciando il posto ad un sentiero, non molto largo ma abbastanza marcato, che riprende la salita, fra massi e radi larici, piegando, poi, leggermente a destra e raggiungendo il centro di uno dei valloni che confluiscono nella Val del Pisciul. Qui è stato realizzato un paravalanghe in lamiera, ed un ponticello in legno ci permette di superare un torrentello che viene convogliato fin qui da un canale di gronda, sempre in lamiera. Per un tratto il sentiero corre, poi, parallelo al canale, fino ad un casello dell’acqua, poi se ne separa, lasciandolo alla propria sinistra. Bello il colpo d’occhio, in questo tratto, sulla Valle di Bianzone e su Bianzone. Appena oltre il casello troviamo, sulla sinistra, una fonte. Il sentiero si addentra, quindi, in un rado bosco di larici ed esce di nuovo all’aperto proponendo l’ultimo strappo, prima di raggiungere un dolce declivio erboso, al quale accediamo dopo aver superato un larice sul suo lato destro, ai cui piedi si trova un sasso con segnavia rosso-bianco-rosso (memorizziamo questo punto di riferimento per il ritorno, se questo avviene per la medesima via di salita).
Dopo un brevissimo tratto, su traccia di sentiero più debole ed inerbita, ci ritroviamo ad una coppia di sassi, su entrambi i quali è posto un segnavia bianco-rosso: qui giunge, infatti, anche il sentiero che sale da Campione (con numerazione 395), e che ci intercetta da destra (un secondo segnavia, più in basso, alla nostra destra, infatti, lo segnala). Prendiamo, ora, a sinistra, sempre seguendo la debole traccia e passando a sinistra di un ometto con segno rosso. Alla nostra sinistra, qualche metro più in là, vediamo un cippo bianco, collocato per ricordare la memoria di un finanziere: leggiamo, infatti. “Giocondo Tomasini guardia di Finanza qui cadde il 19 novembre 1890 nell’adempimento del proprio dovere”. Il milite non fu ucciso da una slavina o da altro evento naturale, ma da un contrabbandiere. Assai intensa era, infatti, l’attività di contrabbando che passava di qui, tanto che a Campione, sopra Bratta, venne costruita una caserma della Guardia di Finanza che giunse ad ospitare fino a 20 finanzieri.
Il valico del colle d’Anzana, infatti, è ormai vicino, anche se da qui non lo vediamo ancora bene; riconosciamo facilmente, invece, su un’elevazione alla sua destra, la croce di legno della quota 2303, sul crinale di confine italo-svizzero. Pochi metri ancora, ed eccoci al tanto sospirato incrocio con il Sentiero Italia, che giunge fin qui da Prato Valentino, sopra Teglio, passando appena sotto il passo del Meden, e prosegue per l’alpe Lughina, con discesa finale al santuario della Madonna di Tirano. Troviamo, infatti, i cartelli escursionistici che lo riguardano (numerazione 301), e che danno, proseguendo alla nostra sinistra (ovest), il passo del Meden ad un’ora ed un quarto e Prato Valentino a 3 ore, mentre, verso destra l’alpe Frontelone è data a 45 minuti, l’alpe Lughina ad un’ora e 20 minuti e la Madonna di Tirano a 3 ore e mezza. Si tratta di una lunga traversata che sfrutta una mulattiera di arroccamento tracciata durante la prima guerra mondiale, nel contesto di quel capillare sistema difensivo voluto dal generale Cadorna, il quale, diffidando della neutralità dello Stato Maggiore Svizzero, temeva che questo concedesse il passaggio di truppe austro-ungariche per la Valle di Poschiavo, con la rovinosa prospettiva di un aggiramento del fronte Stelvio-Ortles-Cevedale e di una discesa verso la pianura padana. A noi, però, interessano le indicazioni del sentiero 397, con il colle d’Anzana dato a 10 minuti.
Seguendo un sentiero che continua ad inerpicarsi sul versante, eccoci, infine, ai 2224 metri del colle d'Anzana, che si apre come una larga ed inattesa spianata erbosa, oltre la quale vediamo il circo terminale della Val Saiento (Val dal Saent), in territorio elvetico. Partendo da sinistra (ovest), distinguiamo l’appuntito profilo del monte o pizzo Cancano (che invece, dal passo del Meden, appare come modesta elevazione erbosa); procedendo verso destra, ecco l’ampia sella del crinale sul quale è posto (ma non è facile capire esattamente dove) il passo del Meden, altra facile porta fra versante retico sopra Prato Valentino e Val Saiento. La sella, nella sua parte terminale, è sormontata da un complesso versante montuoso che culmina nel monte Combolo, la più alta delle vette del circondario (m. 2900). Alla sua destra un lungo crinale che lo separa dalla seconda importante elevazione sul versante orientale della Val Fontana, il pizzo di Malgina, alla cui sinistra si distingue appena la bocchettina del passo di Malgina. Ancora più a sinistra, sotto il crinale, colpisce una curiosa formazione rocciosa che sembra un grande cocuzzolo, o cumulo (dialettalmente: mòt): si tratta del Mòt, appunto, che dà il nome al lago che si nasconde alle sue spalle (Lach dal Màt, dove Màt viene da Mòt). A destra del pizzo di Magina, la quota 2795, il passo dell’Arasè ed il pizzo di Sareggio. Decisamente più lontani i monti che scorgiamo guardando a sud e sud est: la catena orobica occidentale, il crinale monte Padrio-Valradega ed alle sue spalle le valli dell’alta Val Camonica, e di nuovo il gruppo dell’Adamello.
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
Nella parte italiana del passo troviamo due nuovi cartelli escursionistici, che segnalano, nella sola direzione di discesa, le direttrici per Nemina (397, come sappiamo) e Campione (395), dato ad un’ora. Se prendiamo a destra, ci portiamo ad un piccolo monumento che commemora, con una targa, la figura di don Cirillo Vitalini, “parroco di Bratta dal 24 luglio 1939 al 21 luglio 1957 – Ha amato la montagna, il suo silenzio… E’ salito con umiltà e coraggio, sempre da capocordata. Ha raggiunto l’ultima vetta”. Sotto la targa, la sua corda. Qui lo spirito di don Cirillo è davvero di casa, e non solo per lo scenario di cime che fanno da corona al passo, ma anche perché di qui passarono molti Ebrei che guadagnarono la salvezza, dopo il decreto di internamento del dicembre 1943, espatriando in Svizzera, e l’allora parroco di Bratta molto si adoperò per agevolare questi viaggi della salvezza. Singolare figura davvero quella di questo sacerdote, nato a S. Antonio Valfurva il 14 dicembre 1915, parroco a Bratta, frazione di Bianzone, dal 1939 al 1957 e poi a Stazzona, morto nel 2003; è stato insignito, nell'aprile 1995, in occasione del cinquantesimo anniversario della liberazione, di un Diploma di benemerenza dal Presidente della provincia di Sondrio Enrico Dioli, per aver salvato tante vite durante la seconda guerra mondiale, ma anche il paese di Bratta da un incendio di ritorsione per il saccheggio della caserma della Guardia di Finanza a Campione.
Ecco come egli stesso racconta quel tragico periodo: “Il 9 o 10 di settembre 1943 arrivarono i soldati tedeschi a Tirano, silenziosa e mezza deserta; incontrai in bicicletta, al ponte del Poschiavino il primo reparto a piedi e con profondo rammarico pensai: "Ecco che arrivano!". Immediatamente Don Giuseppe Carozzi di Motta mi inviò ottanta Ebrei da Aprica (dove erano confinati da mesi), donne, bambini, uomini con valige da indirizzare in Svizzera. Parlai prima con il Brigadiere della Guardia di Finanza a Campione sopra Bratta. Essi li presero sotto la loro protezione, li accompagnarono e poi, con loro, si rifugiarono tutti oltre confine. Da quel giorno molte persone salirono a Bratta e per espatriare; parecchie bussarono anche alla mia porta di giorno e di notte. Passò anche un nutrito gruppo di ex soldati italiani che si rifugiarono in Svizzera: erano trafelati; mia sorella Maria preparò loro una pentola di thè, che fu molto gradito. Ricordo che, una notte, Zeno Colò, famoso sciatore d'altri tempi, arrivò a casa mia. Anche lui era un ex soldato e fuggitivo…
Poco tempo dopo Don Camillo Valota, Parroco di Frontale, fu arrestato a Bianzone (in località Prada) mentre accompagnava quattro aviatori inglesi, evasi dalle prigioni nazifasciste, che volevano passare in Svizzera. Aveva disubbidito a un mio preciso consiglio, consegnato per iscritto (e nascosto nelle calze) al ragazzo che egli aveva mandato a chiedermi informazioni: “Precedili o seguili e venite per la campagna e i vigneti”. Invece egli travestì gli aviatori con i suoi abiti talari e, sceso dal treno, passò nel centro di Bianzone davanti al Municipio, dove c’era il segretario repubblichino di origine toscana. Egli si accorse che questi giovani non erano preti perchè gli abiti talari del piccolo Don Valota arrivavano loro quasi alle ginocchia: li fece immediatamente seguire e arrestare. Portati a Villa di Tirano, gli aviatori tornarono prigionieri e Don Camillo , dopo il campo di concentramento italiano di Fossoli fu internato nel lager di Mauthausen. Dopo la liberazione Don Valota ricoprì decorosamente per quarant'anni la carica di Cappellano degli italiani emigrati in Francia. Subito dopo questo fatto Don Francesco Cantoni, Parroco di Bianzone, mi disse: “Fuggi in Svizzera, ti cercano!” Dormii per una settimana nel sottotetto della scuola (che aveva la scala retraibile), finchè il buon Zamariola fece sapere che la cosa si era appianata.
Nemina alta
Il 13 settembre 1944 i soldati tedeschi che occupavano la Caserma della Finanza a Campione sopra Bratta, si spostarono momentaneamente a Teglio. A caserma vuota qualcuno ne approfittò: sparirono una trentina di coperte e altrettante lenzuola. I pastorelli (e con loro molti altri), trovate aperte le porte, completarono il saccheggio. Approfittando del telefono che collegava la caserma alla Tenenza di Tresenda i ragazzi misero sull’attenti la Guardia di Finanza che avvisò le autorità nazifasciste. Il giorno dopo giunse voce a Bratta che soldati tedeschi da Campione e repubblichini da Bianzone sarebbero arrivati nella frazione per incendiarla. Fu un fuggi fuggi generale, chi verso la Svizzera in località "Bonget”, chi verso il basso. La frazione era deserta.
Restò solo il parroco; chiesa, casa, archivio e le umili casette con la segale come alimento invernale. Che fare? Ultima risorsa: affrontare i potenziali incendiari tedeschi e fascisti! “Non ci sono partigiani, non sono stati loro” avrei detto “ma ragazzi irresponsabili”. Sapevo che quelli non scherzavano. Ma raccomandatomi a Lui, il Signore, e forte del buon fine che avevo, partii verso la caserma di Campione. Sbucato dal bosco sul prato sotto la caserma vidi una decina di soldati tedeschi, con i mitra spianati contro di me, con l'intenzione di fare fuoco: mi avevano scambiato per un partigiano. Qualcuno li trattenne; “Sentiamo che dice”. Poteva essere stato Nemesio Pasquale che era lassù con la “priala” (carro a due ruote usato nelle strade selciate di montagna) incaricato di portare giù i resti del saccheggio. Lo ringrazio e prego per lui, morto da due anni. Fui accolto dall'ufficale tedesco con una sola frase: “ Scendere o sparare! Scendere o sparare!”. Quando spiegai al soldato interprete, quello che intendevo dire, capirono, si guardarono, si consolarono e scendemmo tranquilli verso Bratta, dove fecero niente di niente; vollero solo il risarcimento del danno. Una loro frase però mi colpì: “Noi siamo della Whermacht (esercito regolare tedesco) ma se ci fossero le SS sarebbe diverso”. Pensai che anche loro fossero credenti, umani. Le SS no; la barbarie maggiore venne da loro. La faccenda durò una decina di giorni, su e giù da Bratta a Bianzone a piedi, finchè riuscii a raggranellare come estrema ratio le 70.000 lire richieste (50.000 lire alla Bratta e 20.000 lire a Piazzeda), oltre alla restituzione della parte recuperata del saccheggio.
Gruppo del Combolo visto dal Colle d'Anzana
Il 29 gennaio 1945 ci fu il bombardamento degli Alleati alla stazione ferroviaria di Bianzone: quattro aerei bombardarono la linea senza gravi conseguenze, poi tornarono a bassa quota e mitragliarono la stazione. Tre persone morirono all’istante: un certo Resta di Villa, una signora di Piazzeda e un’altra di Ardenno; ferirono un certo Battaglia e la signorina Lucia Mazza, maestra a Motta, che era sorella di un mio compagno di sacerdozio, Don Angelo. Ero a Tirano all'Istituto Santa Croce dove studiava mia sorella Amalia; sentito il bombardamento mi precipitai con la bicicletta verso Bianzone sospinto da una leggera tormenta di neve. Sul posto era già presente il Prevosto di Bianzone, Don Francesco Cantoni, che assistette il Battaglia; la maestra Mazza, ormai agonizzante, appena mi vide ebbe un sussulto: forse mi aveva scambiato per il suo fratello prete. Purtroppo, morirono entrambi, dopo aver ricevuto l'Estrema unzione.
Qualche giorno prima della fine della guerra, verso sera, arrivarono a Bratta (lo facevano spesso) sei o sette repubblichini. Si fermarono da me, chiedendomi di entrare a far cuocere alcune uova e mangiare un boccone; li accolsi. Nel frattempo giungeva mia sorella Maria che era andata verso “la bassa“ (pianura padana) a comperare un po’ di farina e riso. Annunciò con poca discrezione che la guerra stava per finire. Il gruppetto di militi impallidì, affrettò la cena, ringraziò e poi scomparve. Verso dove? Forse verso la Svizzera, se erano in tempo ad essere accolti. Il 28 aprile, con la battaglia di Tirano e la resa dei nazifascisti, segnò la fine di quel lungo incubo.” Ecco perché affermate che lo spirito di don Cirillo abita ancora questi luoghi è affermare cosa verissima.
Un passo denso di storia, questo, di vicende umane, di timori, ma anche di devozione: qui giungevano, nei secoli passati, lunghe processioni di devoti che imploravano l’intervento divino che ponesse fine a lunghi periodi di siccità con la pioggia ristoratrice, per uomini, bestie, piante ed erbe.
Portiamoci, ora, sul lato opposto della spianata del valico, quello occidentale, dove vediamo, su una roccetta, una statua della Madonna, collocata qui nel 1993. Infine, sul versante svizzero, i cartelli del Club Alpino Svizzero, che segnalano, in direzione dell’Italia, Lughina, data ad un’ora e tre quarti (da quest’alpe, infatti, si può rientrare in territorio elvetico seguendo un sentiero anch’esso molto praticato dagli Ebrei che espatriarono clandestinamente durante la seconda guerra mondiale), mentre in territorio svizzero sono segnalate Lagh da la Regina (50 minuti) e Lagh dal Mat (un’ora e tre quarti), su sentiero poco marcato che taglia, quasi pianeggiante, un versante di radi larici, e Rifugio Anzana (20 minuti) e Pescia alta (30 minuti), su sentiero più marcato che scende all’ampia conca dell’alpe di Pescia alta, che alterna boschi di larici ad ampie spianate di prati.
Ecco, possiamo trarre ispirazione da essi per prolungare l’escursione, se ne abbiamo tempo e voglia (se siamo partiti dal bivio per Bollone, a quota 1120 circa, abbiamo superato un dislivello approssimativo, in salita, di 1120 metri, in circa tre ore e mezza; se invece ci siamo portati con l’automobile alla parte alta di Nemina di Mezzo, quindi a 1651 metri, il dislivello scende a 590 metri ed il tempo di marcia a circa due ore). Il sentiero per i laghi della Regina e del Mat (strana accoppiata: fa pensare al gioco delle carte, dove la matta è altro nome per il jolly) effettua un lungo traverso, salendo di poco e passando sul versante basso del crinale del Meden, per poi tagliare un dosso e congiungersi con il sentiero che dal passo del Meden sale al lago della Regina, dal quale, poi, per dossi e balze, si guadagna la conca del lago del Mat, diciamo in un paio d’ore. I luoghi sono molto belli, aperti, solari, non abbandonati da presenza di vivente, perché d’estate qualche mucca vi sale da Pescia per la villeggiatura.
Variante: questo sentiero può anche essere usato per salire al crinale del Meden, sfruttando un corridoio erboso non troppo ripido; una volta sul crinale, prendendo a sinistra raggiungiamo, senza difficoltà, la cima del monte Cancano (m. 2364), molto panoramica. A questo punto possiamo tornare indietro per una via diversa: invece di divallare sul versante elvetico, ci teniamo sul largo crinale, percorrendolo fin quasi al suo lembo terminale (passo del Meden) e cercando, sulla sinistra, l’imbocco della mulattiera che scende ad intercettare il Sentiero Italia (cartelli). Percorriamo, quindi, questo sentiero verso sinistra, tagliando il fianco meridionale del monte Cancano, e ci riportiamo al punto di incrocio fra Sentiero Italia e Sentieri 397 e 395 (da Nemina e da Campione).
Torniamo al passo, per dar conto di ulteriori possibilità di prosecuzione dell’escursione: quella più ovvia è la discesa al rifugio Anzana, che richiede non più di 20 minuti (40 circa per risalire al passo).
Interessante è anche la possibilità di salire al crinale per il quale passa il confine italo-svizzero dal passo verso est, cioè di portarsi alla croce di legno che prima abbiamo menzionato. In tal caso portiamoci di nuovo al piccolo memoriale di don Cirillo e proseguiamo i direzione del corpulento fianco del crinale, sulla sinistra: vedremo la partenza di un sentierino, all’inizio poco marcato, poi più visibile, che sale, zigzagando, sul lato sinistro del ripido versante, per poi portarsi decisamente a sinistra. Superato un punto quasi scalinato nelle roccette affioranti, siamo al filo del crinale, che guarda sul versante svizzero, e ad una sorta di portina, che ci introduce a questo versante. Dopo un breve tratto un po’ esposto, il sentiero piega a destra e senza ulteriori problemi porta alla croce di legno della quota 2302, collocata in uno spiazzo erboso nel 1983. Molto bello, inutile dirlo, il panorama, che da qui raggiunge anche il complesso delle più significative vette di Val Grosina e Livignasco, ed il gruppo dell’Ortles-Cevedale. Pochi metri più in alto un paletto, che dovrebbe corrispondere al cippo n. 11 segnalato sulla carta IGM. Da qui si vede anhe il successivo cippo, posto sulla quota 2344, la più alta del crinale, dalla quale poi si scende alla sella che precede la vetta o dosso Salarsa e da questa alla tondeggiante e panoramica cima del Dosso (m. 2279), dove il crinale termina. Con un po’ di attenzione è possibile effettuare l’intera traversata, per poi divallare senza problemi dal Dosso Salarsa al Sentiero Italia, per il quale possiamo tornare all’incrocio con i sentieri 397 e 395. Questo circuito richiede circa 2 ore di cammino.
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Baite Campione -Colle Anzana |
2 h |
630 |
E |
Ecco, infine, una sommaria descrizione di come salire al passo da Campione. Al maggengo possiamo portarci con l’automobile, imboccando la pista che parte da Bratta e tocca i nucleo di Palfrè, Campei e Avat. A Campione lasciamo l’automobile nel parcheggio (m. 1634) ed iniziamo a salire per il largo sentiero che parte a lato dello stesso, salendo fino ad una radura, dove si biforca: il ramo di destra sale alla Colma ed ai Laghetti, cioè si porta sul versante a valle del Dosso Salarsa (può essere sfruttato, ovviamente, se questa è la nostra meta), mentre quello di sinistra inizia la salita nel bosco di larici, con direzione nord-ovest, fino a sbucare, dopo circa un’ora ed un quarto di cammino, al terrazzo erboso nel quale si incrocia con quello che sale da Nemina. Da qui si sale ad incrociare il Sentiero Italia e dall'incrocio al colle d'Anzana. Si tratta del già menzionato sentiero 395, che ci porta al colle d'Anzana in un’ora e tre quarti o poco più (il dislivello approssimativo in salita è di 590 metri).
Sempre da Campione, ma con più largo giro, si può salire al passo così. Al bivio a monte del parcheggio di Campione, prendiamo ora a destra: saliremo per un percorso
più lungo, ma su un sentiero ben tracciato e più bello.
Attraversiamo una radura, verso destra, e ritroviamo il sentiero che
comincia a salire con un lungo traverso nel bosco, fino a raggiungere,
in corrispondenza di un’incantevole radura, il bel dosso che scende
verso sud dalla vetta Salarsa. Qui il sentiero sale, ripido, per un
buon tratto, poi piega a destra, attraversando un bosco che presenta
ancora gli evidenti segni di un incendio. Dopo un tornante a sinistra,
saliamo ancora per un tratto, fino ad una seconda e molto più
ampia radura. Dopo
averla attraversata in diagonale verso destra, oltrepassiamo un ultimo
rado boschetto, per sbucare nell’ampio terrazzo della Colma, fra
i 1900 ed i 2000 metri.
Panorama dal Dosso Salarsa
Qui la traccia si perde, ma non c’è problema (casomai il problema può nascere se torniamo per lo stesso percorso: lasciamo, in questo caso, qualche segnale che ci faccia riconoscere il punto nel quale possiamo ritrovare il sentiero): proseguiamo a vista, tendendo leggermente a sinistra ed oltrepassando una conca nella quale si trova, talora, un microlaghetto (cartografia: i Laghetti). Non tarderemo molto ad intercettare il Sentiero Italia, a 2150 metri circa.
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Prendiamo, quindi,
a sinistra e, aggirato un dosso, guadagniamo il punto in cui il sentiero
passa proprio sotto il Colle d’Anzana, per poi proseguire come
indicato sopra. Se però abbiamo tempo, non perdiamo l’occasione
per salire alla Vetta o Dosso Salarsa (m. 2279), un fuori-programma
che comporta un ritardo di non più di trenta-quaranta minuti.
Raggiunto il Sentiero Italia, proseguiamo, salendo a vista, in direzione
del crinale sul quale passa il confine italo-svizzero. Dopo averlo facilmente
raggiunto, proseguiamo verso destra, fino a guadagnare, altrettanto
facilmente, la vetta arrotondata e poco pronunciata. Si tratta di un
osservatorio estremamente panoramico, in tutte le direzioni.
Ridiscesi al Sentiero Italia, lo percorriamo verso ovest, fino all'incrocio con i sentieri 397 e 395, per poi salire al colle d'Anzana, dopo una bella camminata di circa 4 ore.
Colle d'Anzana
Il ritorno, infine (per chi è salito da Nemina): oltre che per la via di salita, può avvenire, se abbiamo lasciato l’automobile alla quota 1120 (altrimenti non conviene) sfruttando il menzionato sentiero 395, che scende, con andamento complessivo sud-est, alle baite di Campione (un tempo era questa la via ordinaria per salire al colle d’Anzana). Attenzione, però, perché esso si sviluppa per buona parte in un bosco di larici e la traccia, inerbita, non è sempre evidente, per quanto in diversi tratti si riveli essere stata importante mulattiera, anche lastricata, e sia segnalata, per cui non ci si deve distrarre. Da Campione, seguendo una comoda pista, scendiamo a Bratta e di qui, seguendo le indicazioni del Sentiero del Sole, effettuiamo la traversata a Piazzeda, che ci porta al pannello escursionistico che abbiamo citato sopra. Ora inizia il monotono recupero dell’automobile, seguendo la strada asfaltata e la pista sterrata. Questo anello, se al colle d’Anzana non effettuiamo ulteriori fuori-programma, richiede almeno 7 ore di cammino.
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