L'alpeggio di Ardenno, sul limite fra bassa Valtellina e Val Masino
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Ogni
paese valtellinese ha il suo alpeggio. L’alpe Granda ("alp grènda") è
l’alpe di Ardenno, ed il suo punto di massima elevazione è
la cima di Granda, quotata 1708 metri (o, secondo alcune carte, 1705
metri). Fino a qualche decennio fa era sfruttata intensamente, e permetteva di caricare 60 capi di bestiame.
Nell'estimo generale della Valtellina del 1531 la valutazione dell'alpeggio è ancora maggiore: 150 mucche caricate, per un valore di 30 lire (una lira corrispondeva a 20 soldi ed a 240 denari).
Cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro visti dall'Alpe Granda
I suoi prati disegnano una lunga striscia, lungo la direttrice sud-ovest – nord-est, adagiata sul lungo e splendido crinale che, dalla cima di Vignone, passando per l’alpe Scermendone, l’alpe Granda, il Sas del Tii ed i prati di Lotto, scende a dividere l’imbocco della Val Masino dalla piana di Ardenno. Sul limite sud-occidentale dell’alpe si trovava anche il rifugio Alpe Granda (che ha subito due incendi), ora sostituito dal nuovo bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda (m. 1630).
Il bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda, sullo sfondo del monte Disgrazia
Sul suo limite settentrionale, all'imbocco del tratturo per Scermendone, è stato invece costruito il nuovo rifugio Alpe Granda, di fronte all'incantevole scenario delle cime del gruppo del Masino che si mostrano a nord (da sinistra, pizzo Porcellizzo, cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro. Alla loro sinistra la selvaggia costiera Cavislone-Lobbia e la cima del Desenigo, mentre a destra il monte Arcanzo e la cima degli Alli. Se poi dal rifugio procediamo salendo al vicino cocuzzolo del monte Granda, per poi volgerci indietro, vedremo comparire sua maestà il monte Disgrazia ed alla sua destra anche i Corni Bruciati. Salendo verso il limite del bosco a nord, verso sinistra, noteremo una roccia sulla quale è stata scolpita una Madonna con Bambino.
Tornati al rifugio, potremo gustare il sapore della buona cucina e dell'ancor più squisita cortesia (per prenotazioni si deve telefonare al 347 7566960).
Il rifugio Alpe Granda
La gestione dell'alpeggio, di decisiva importanza per l'economia dei secoli passati, era affidata ad una serie di figure fra le quali si istituiva una gerarchi netta. Al vertice stava il caricatore, cui le famiglie dei "lacée", cioè dei contadini che possedevano mucche, affidavano i capi di bestiame. Veniva, poi, il casaro, alla cui sapiente arte era affidata la confezione dei prodotti d'alpe, formaggi e burro. Seguivano il capo-pastore ed i pastori, che, coadiuvati anche da abili cani, sorvegliavano il bestiame e ne governavano gli spostamenti, stando attenti che nessuna mucca cadesse nei dirupi (il che rappresentava un vero e proprio dramma).
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Infine, i più giovani fungevano da cavrèe (pastori di capre) e cascìn (garzoni d'alpe, cui erano affidati i compiti più umili, in genere ragazzini affidati dalle famiglie ai caricatori d'alpe nella stagione estiva). Nella vita d'alpeggio, che iniziava ai primi di giugno e durava 80-83 giorni, due momenti rivestivano un'importanza particolarissima: il ventottesimo ed il cinquantaseiesimo giorno si effettuava la pesa, cioè si pesava il latte prodotto da ciascuna mucca, alla presenza del proprietario, per pattuire, su tale base, il compenso che a questi andava corrisposto.
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L'alpeggio costituisce oggi la meta di una facile e molto remunerativa escursione, per la sua posizione estremamente panoramica, sul confine fra Val Masimo, a nord, e bassa Valtellina, a sud. Gli appassionati della geologia vi potranno trovare più di un elemento di interesse. Passa di qui, infatti, nelle profondità della terra, la faglia che separa la falda Margna dalla falda Sella. Siamo sul limite settentrionale dellla falda paleoafricana. Tutto ciò, ovviaente, sfugge al nostro sguardo, come pure, probabilmente, sfugge la diversa natura delle rocce dell'alpe, antichissimi gneiss, micascisti e vene di quarzo, rispetto alle molto più giovani rocce del gruppo del Masino, il cosiddetto plutone Masino-Bregaglia, di cui vediamo un'interessante sezione a nord (testata della Val Porcellizzo, costiera Arcanzo-Remoluzza, monte Disgrazia).
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Il valore panoramico dell'alpe è impreziosito da uno splendido colpo d'occhio sulla catena orobica, a sud, che mostra in tutta la sua bellezza un'ampia sezione della Val Gerola e, sul limite destro, il caratteristico corno del monte Legnone. Il rifugio Alpe Grande costituisce, infine, un possibile punto di appoggio o di ristoro.
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L'alpe è facilmente raggiungibile attraverso tre principali percorsi, dai maggenghi a monte di Buglio (Our), da quelli a monte di Ardenno (Erbolo) e dalla carozzabile che da Cataeggio sale verso Sasso Bisolo e Preda Rossa. Nei primi due casi la salita può avvenire anche in mountain-bike.
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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Our - Alpe Granda |
1 h |
300 |
T |
SINTESI. Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda. |
Croce all'alpe Granda
Una pista tagliafuoco, che sale dalla strada Our di Fondo-Our di Cima, sopra Buglio, permette oggi di salirvi con mezzi motorizzati o in mountain-bike, anche se vale la pena percorrere almeno 45 minuti di cammino (dal punto nel quale la pista si stacca sulla sinistra, ad un tornante dx, dalla strada per Our di Cima) per raggiungerne il limite orientale. Il vecchio e glorioso sentiero che saliva dai Prati di Erbolo, sopra Ardenno (e che si stacca dalla nuova pista tagliafuoco Erbolo-Granda poco dopo la sua partenza, sulla sinistra) è stato ridotto in condizioni pessime: invaso da una vegetazione debordante, era praticamente impossibile da percorrere (buona parte della splendida pecceta nel quale saliva, oltretutto, è stata letteralmente mandata in fumo dal rovinoso incendio del 2003, che ha conferito a tutto il versante fra Erbolo e Granda un aspetto che definire desolato è dir poco). Per fortuna è stato recentemente ripulito ed ora è di nuovo fruibile.
Il monte Disgrazia sullo sfondo dell'Alpe Granda
Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680).
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Giunti al termine della pista, ci troviamo nella parte nord-orientale dell'alpe: prendendo a destra in pochi minuti giungiamo in vista del nuovo rifugio Alpe Granda (m. 1680), che all'inizio resta nascosto dietro un poggio boscoso, mentre prendendo a sinistra ci possiamo portare ad una bella croce panoramica da cui si domina quasi interamente la catena orobica. Possiamo anche procedere alla vicina e poco marcata elevazione della cima di Granda (m. 1705), scendendo poi alla parte sud-occidentale dell'alpe, dove si trova il nuovo bivacco Baita degli Alpini all'alpe Granda (m. 1630), costituito da un piccolo locale con tavolo, panche e stufa a legna, utilissimo però come ricovero in caso di maltempo.
Il limite sud-occidentale dell'alpe Granda, prima della costruzione del nuovo bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Erbolo - Alpe Granda |
1 h e 30 min. |
500 |
E |
SINTESI. Da Ardenno saliamo alla frazione Gaggio e di qui su pista carozzabile ai maggenghi di mezza montagna: superata una galleria paramassi, la pista raggiunge la valle del Gaggio (dove ignoriamo una deviazione a destra) e piega a sinistra tornando sul fianco montuoso. Superata san Rocco, termina ai prati di Erbolo (m. 1178). Qui parte una pista chiusa al traffico motorizzato, che effettua un lungo traverso e si congiunge con la più frequentata pista che sale dall'ultimo tornante della pista per Our di Cima: può essere sfruttata per salire a Granda a piedi o in mountain-bike. A chi sale a piedi conviene però sfruttare il vecchio sentiero, che si stacca dalla pista poche decine di metri dalla sua partenza da Erbolo, iniziando a salire su un versante devastato dall'incendio del 1998. Dopo un lungo traverso, il sentiero scarta bruscamente a sinistra (attenzione a non perdere la svolta, anche perché è rimasta una traccia che prosegue diritta, per poi perdersi quasi subito nella boscaglia). Dopo qualche tornante il sentiero riprende a salire verso destra ed entra in una splendida pineta, proseguendo a salire ripido e diritto, fino ad intercettare la pista Our-Granda poco prima del suo termine, ad un casello dell'acqua. Procedendo verso sinistra, in breve siamo sul limite dell'alpe Granda e, procedendo a destra, al rifugio Alpe Granda (m. 1680). |
Pizzi del Ferro e cima di Zocca dall'alpe Granda
L’escursione che ha come meta l’alpe può
seguire quattro diversi itinerari. Uno di questi parte da Erbolo. E' stato infatti di recente recuperato lo storico sentiero di accesso dai maggenghi sopra Ardenno a Granda, nonostante l'azione devastatrice dell'incendio del 1998.
Da Ardenno saliamo alla frazione Gaggio e di qui su pista carozzabile ai maggenghi di mezza montagna: superata una galleria paramassi, la pista raggiunge la valle del Gaggio, doe da essa si stacca sulla destra una pista che sale ai maggenghi di Buglio. Noi restiamo sulla pista principale, che piega a sinistra tornando sul fianco montuoso. Superata san Rocco, termina ai prati di Erbolo (m. 1178). Qui parte una pista sterrata chiusa al traffico motorizzato, che effettua un lungo traverso e si congiunge con la più frequentata pista che sale dall'ultimo tornante della pista per Our di Cima: può essere sfruttata per salire a Granda a piedi o in mountain-bike.
Sentiero in pineta per Granda
A chi sale a piedi conviene però sfruttare il vecchio sentiero, che si stacca dalla pista poche decine di metri dalla sua partenza da Erbolo, iniziando a salire su un versante devastato dall'incendio del 1998. Dopo un lungo traverso, il sentiero scarta bruscamente a sinistra (attenzione a non perdere la svolta, anche perché è rimasta una traccia che prosegue diritta, per poi perdersi quasi subito nella boscaglia). Dopo qualche tornante il sentiero riprende a salire verso destra ed entra in una splendida pineta scampata all'incendio del 1998, proseguendo a salire ripido e diritto, fino ad intercettare la pista Our-Granda poco prima del suo termine, ad un casello dell'acqua. Procedendo verso sinistra, in breve siamo sul limite dell'alpe Granda e, procedendo a destra, ci portiamo in vista del rifugio Alpe Granda (m. 1680), che all'inizio resta nascosto alla vista da un poggio boscoso.
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Se vogliamo evitare i tratti più scorbutici del sentierino sul crinale, possiamo utilizzare una variante che allunga un po' la salita ma la rende più tranquilla. La variante lascia il crinale al Sas del Tiì e vi si riporta sopra Prato Tabiate. Saliti da Lotto al Sas del Tìi (m. 1280), seguiamo il sentiero sul largo crinale e ben presto, ad una macchia di pini silvestri, cerchiamo sulla sinistra il pino sul cui tronco è incisa una freccia che segnala la partenza di un sentiero che prende a sinistra, taglia salendo un selvaggio versante passando per un poggio con un masso erratico a uovo di drago, un primo avvallamento, un secondo poggio, un secondo avvallamento e raggiunge infine il poggio del Prato Tabiate (m. 1468). Alle spalle delle baite, verso monte (destra), parte un largo sentiero che dopo pochi tornanti sale al crinale Lotto-Granda. Qui intercetta il sentierino del crinale, seguendo il quale, verso sinistra, entriamo in pineta per uscirne sul limite meridionale dell'alpe Granda.
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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Prati di Lotto - Alpe Granda |
3 h |
780 |
E |
SINTESI. Da Ardenno saliamo in Val Masino, fino alla deviazione a destra per Biolo, che imbocchiamo, salendo verso il paesino. Dopo l'ultimo tornante sx, ci portiamo in vista della chiesa della B.V. Assunta di Biolo, ma prima di raggiungerla vediamo a destra la deviazione per Piazzalunga e Lotto. La imbocchiamo e saliamo su una stradina a Piazzalunga. Oltrepassato il paese, la strada taglia a sinistra, passa a fianco del bacino della Pioda e porta ad un bivio. Ignorata la strada che scende a sinistra verso la Pioda, proseguiamo salendo verso destra. Dopo una sequenza di tornanti sx-dx-sx-dx-sx-dx-sx, raggiungiamo i Prati di Lotto. Dopo aver parcheggiato presso la casa dei custodi del bacino idroelettrico (dove finisce la strada asfaltata, m. 960), torniamo indietro per una ventina di metri ed imbocchiamo una strada sterrata sulla destra, seguendola in discesa fino ad un bivio, al quale prendiamo a destra. Proseguiamo, fra il bacino idroelettrico a destra ed n ampio prato a sinistra, superando una fontana e portandoci alle baite più alte, fino ad un bivio, al quale prendiamo a destra, fino alla sorgente segnalata come "Puz Feràa". Qui vediamo un sentierino che sale verso sinistra nel bosco, intercettando presso un rudere un altro sentiero, e proseguendo nella salita sul versante boscoso fino al Sas del Tìi (attenzione a non perderlo nella faggeta: riparte nella parte alta di destra, per poi volgere di nuovo a sinistra). Un ultimo ripido corridoio ci introduce al Sas del Tìi (m. 1280). Siamo sul crinale fra Val Masino e bassa Valtellina, e proseguiamo seguendolo. La traccia non è sempre ben visibile, ma con attenzione non la si perde. Superiamo una fascia di rocce cercando il percorso più razionale e guadagnamo quota fra i segni del rovinoso incendio del 1998. Ignorata la deviazione a sinistra che scende al Prato Tabiate, giungiamo in vista della pineta, che il sentiero risale tenendosi più o meno al centro, fino ad uscirne sul limite sud-occidentale dell'alpe Granda, in corrispondenza del nuovo bivacco Baita degli Alpini all'alpe Granda (m. 1630). Salendo su traccia di sentiero superiamo una breve fascia boscosa e ci portiamo in vista delle roccette della cima di Granda (m. 1705). la successiva discesa passa accanto a due baite e procede in vista del già ben visibile rifugio Alpe Granda, che raggiungiamo dopo una breve risalita (m. 1680). VARIANTE. Da Ardenno saliamo in Val Masino, fino alla deviazione a destra per Biolo, che imbocchiamo, salendo verso il paesino. Dopo l'ultimo tornante sx, ci portiamo in vista della chiesa della B.V. Assunta di Biolo, ma prima di raggiungerla vediamo a destra la deviazione per Piazzalunga e Lotto. La imbocchiamo e saliamo su una stradina a Piazzalunga. Oltrepassato il paese, la strada taglia a sinistra, passa a fianco del bacino della Pioda e porta ad un bivio. Ignorata la strada che scende a sinistra verso la Pioda, proseguiamo salendo verso destra. Dopo una sequenza di tornanti sx-dx-sx-dx-sx-dx-sx, raggiungiamo i Prati di Lotto. Dopo aver parcheggiato presso la casa dei custodi del bacino idroelettrico (dove finisce la strada asfaltata, m. 960), torniamo indietro per una ventina di metri ed imbocchiamo una strada sterrata sulla destra, seguendola in discesa fino ad un bivio, al quale prendiamo a destra. Proseguiamo, fra il bacino idroelettrico a destra ed n ampio prato a sinistra, superando una fontana e portandoci alle baite più alte, fino ad un bivio, al quale prendiamo a destra, fino alla sorgente segnalata come "Puz Feràa". Qui vediamo un sentierino che sale verso sinistra nel bosco, intercettando presso un rudere un altro sentiero, e proseguendo nella salita sul versante boscoso fino al Sas del Tìi (attenzione a non perderlo nella faggeta: riparte nella parte alta di destra, per poi volgere di nuovo a sinistra). Un ultimo ripido corridoio ci introduce al Sas del Tìi (m. 1280). Seguiamo il sentiero sul largo crinale e ben presto, ad una macchia di pini silvestri, cerchiamo sulla sinistra il pino sul cui tronco è incisa una freccia che segnala la partenza di un sentiero che prende a sinistra, taglia salendo un selvaggio versante passando per un poggio con un masso erratico a uovo di drago, un primo avvallamento, un secondo poggio, un secondo avvallamento e raggiunge infine il poggio del Prato Tabiate (m. 1468). Alle spalle delle baite, verso monte, parte un largo sentiero che dopo pochi tornanti si porta sul crinale Lotto-Granda. Qui intercetta il sentierino del crinale, seguendo il quale, verso sinistra, entriamo in pineta per uscirne sul limite meridionale dell'alpe Granda in corrispondenza del nuovo bivacco Baita degli Alpini all'alpe Granda (m. 1630). Salendo su traccia di sentiero superiamo una breve fascia boscosa e ci portiamo in vista delle roccette della cima di Granda (m. 1705). la successiva discesa passa accanto a due baite e procede in vista del già ben visibile rifugio Alpe Granda, che raggiungiamo dopo una breve risalita (m. 1680). |
Alpe Granda e monte Disgrazia
Vediamo ora come salire a Granda dai
prati di Lotto, ai quali si può salire in automobile. Prima
della località Ponte del Baffo si incontra, sulla statale di
Val Masino, la deviazione a destra per Biolo (termine che deriva da “betulleus”, quindi da betulla) e Lotto. Seguendola, si
raggiunge, dopo pochi tornanti, Biolo. Dopo l’ultimo tornante
si giunge in vista della chiesa, ma, invece di proseguire nella sua
direzione, si imbocca una deviazione che sale, a destra, verso la frazione
di Piazzalunga. La strada è molto panoramica e porta in breve
alla frazione, che, posta a 676 metri, rappresenta una sorta di belvedere
sulla media Valtellina.
Lasciata alle spalle la sua chiesetta di S. Abbondio, la strada riprende
a salire, con alcuni tornanti, verso la località Prati di Lotto,
dove si può lasciare l’automobile, per seguire una stradina
che, fiancheggiando il lato meridionale di un bacino Enel, conduce alle
baite collocate sul limite di nord ovest dei prati, a 978 metri.
Il
bacino rimane alle spalle, quando si raggiungono e superano le ultime
baite, imboccando poi un sentierino che si dirige a nord-est (destra),
portando al Poz Feràa, una sorgente segnalata da un cartello.
Dalla sorgente si imbocca, sulla sinistra, un nuovo sentiero, segnalato
da un cartello, che si dirige ad ovest, fino ad intercettare il sentiero
che dalle ultime baite di Lotto sale direttamente verso il monte (si
potrebbe sfruttare anche quest’ultimo, ma è più
sporco e, in alcuni tratti, meno visibile).
Comincia, così, una salita più decisa, verso nord est,
sul largo dosso che conduce al Sas del Tìi. Nel primo tratto la salita
avviene in un rado bosco, che crea un’atmosfera quasi fiabesca.
Poi si incontra una fastidiosa fascia di ginestre, nella quale il sentiero
si inoltra sul lato destro (attenzione a non perderlo, perché
la salita a vista nella macchia di ginestre sarebbe oltremodo difficoltosa;
ginestre ed ontani sono specie nemiche, da sempre, degli escursionisti). Superata
la fastidiosa fascia di ginestre, il sentiero, con qualche ripido e
secco tornante, guadagna un ultimo corridoio, spesso riempito da foglie
secche, che adduce alla pianeta terminale del dosso: si tratta del Sas
del Tii, a quota 1283, dove il bel panorama di cui si gode sulla media
Valtellina è, almeno in parte, rovinato dagli evidenti segni
della devastazione provocata dal rovinoso incendio del 1998. Sul lato
opposto (alla nostra sinistra), incorniciata dagli scheletri di alcuni
alberi, è ben visibile la valle di Spluga, laterale della bassa
Val Masino, che culmina con i passi gemelli di Primalpia e Talamucca.
Baita al prato Tabiate
Il sentiero prosegue sul desolato crinale che separa la Valtellina dalla Val Masino. Dopo un primo tratto quasi pianeggiante (dove si incontra, prestando attenzione, la segnalazione, su un albero, della deviazione a sinistra per il prato Tabiate), si giunge ad una fascia caratterizzata da alcune formazioni rocciose, che debbono essere sormontate, anche con qualche passaggio che, pur non essendo pericoloso, richiede un certo impegno e molta attenzione. Sul versante orientale il panorama della Val Masino raggiunge ora la cima del Cavalcorto (il famoso e caratteristico cannone del Cavalcorto), il pizzo Cengalo ed i pizzi del Ferro (sciöma dò fèr). Prima di entrare nella pineta, è già visibile, il percorso supera il punto più stretto e suggestivo del crinale, esposto su entrambi i versanti: qui solo pochi decimetri di crinale separano la Val Masino dalla media Valtellina.
Apri qui una fotomappa della salita al rifugio Alpe Granda da Lotto o da Valbiore
Superato il punto più stretto, il crinale si allarga ed il sentiero lascia lo scenario un po’ spettrale, caratterizzato da scheletri d’alberi, bassa vegetazioni e massi, per entrare in una riposante pineta, dalla quale esce, alla fine, nei pressi del nuovo bivacco Baita degli Alpini all'alpe Granda, a 1630 metri.
Il nuovo bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda e, sullo sfondo, il monte Disgrazia
Salendo oltre il bivacco si raggiunge, in breve, la cima di Granda (1705 metri), per poi scollinare tranquillamente al già ben visibile rifugio Alpe Granda (m. 1680). Dai prati di Lotto alla cima dobbiamo calcolare circa 750 metri di dislivello e tre di cammino. Dalla cima si gode di una bella visuale sul gruppo del Masino: si individuano bene, da sinistra, il pizzo Porcellizzo (sciöma dò porsceléc'), la cima del Cavalcorto (che nasconde il pizzo Badile), il pizzo Cengalo, i pizzi del Ferro (sciöma dò fèr) e la cima di Zocca. Verso nord est si vedono, invece, la costiera Remoluzza-Arcanzo ed il monte Disgrazia. In direzione ovest sono sempre ben visibili la cime del Desenigo, in valle di Spluga, e l’aspra costiera che separa la Val Masino dalla valle Merdarola. A nord-est della cima si stende l’alpe Granda, che termina ai piedi del boscoso versante sud-occidentale del pizzo Mercantelli (sciöma dè Mercantéi, m. 2070), a destra del quale si intravede, in lontananza, il pizzo Bello. Verso sud-est lo sguardo si perde nella teoria delle cime orobiche e, sullo sfondo, nel gruppo dell’Adamello.
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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Valbiore - Alpe Granda |
1 h e 30 min. |
480 |
E |
SINTESI. Da Ardenno saliamo in Val Masino, e portiamoci a Cataeggio. Alla successiva frazione di Filorera, dopo la stretta a sinistra della chiesetta di San Gaetano, lasciamo la strada per San Martino prendendo a destra. Appena prima del ponte troviamo il distributore di ticket per l'accesso alla Valle di Preda Rossa con autoveicoli. Con il ticket saliamo sulla strada che porta a Valbiore e qui parcheggiamo. Proseguiamo a piedi sul ponte del torrente di Preda Rossa e sulla carozzabile che dopo un tratto verso destra piega a sinistra, fino a trovare il cartello che indica la partenza del sentiero per il rifugio Alpe Granda. Lasciamo la carozzabile e saliamo verso destra, imboccando il sentiero che effettua un lungo traverso nel bosco verso sud e poi sud-ovest, uscendo infine alla parte bassa dei prati della località Taiada. Procediamo salendo diritti alle spalle delle baite, che sono poste sulla parte bassa dei prati: una traccia di sentiero rientra in pineta e sale verso est, con alcuni tornanti, fino ad approdare all'alpe Granda, sul limite nord-orientale, non lontano dal rifugio Alpe Granda, che raggiungiamo tagliando i prati e passando accanto ad una vasca in cemento e ad un baitello. |
Apri qui una panoramica dai prati della Taiada
Il quarto itinerario di accesso all'alpe Granda parte dall località Valbiore, in Valle di Preda Rossa, la località celebre per l'enorma frana staccatasi due volte dal versante della montagna. La raggiungiamo seguendo la strada che da Filorera sale a Preda Rossa (previo acquisto di un ticket; tariffa 2015: 5 Euro).
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Da Ardenno, dunque, saliamo in Val Masino, e portiamoci a Cataeggio. Alla successiva frazione di Filorera, dopo la stretta a sinistra della chiesetta di San Gaetano, lasciamo la strada per San Martino prendendo a destra. Appena prima del ponte troviamo il distributore di ticket per l'accesso alla Valle di Preda Rossa con autoveicoli. Con il ticket saliamo sulla strada che porta a Valbiore e qui parcheggiamo appena prima del ponte.
L'alpe Granda
Proseguiamo a piedi sul ponte del torrente di Preda Rossa e sulla carozzabile che dopo un tratto verso destra piega a sinistra, fino a trovare il cartello che indica la partenza del sentiero per il rifugio Alpe Granda. Lasciamo la carozzabile e saliamo verso destra, imboccando il sentiero che effettua un lungo traverso nel bosco verso sud e poi sud-ovest, uscendo infine alla parte bassa dei prati della località Taiada, dai quali si gode di un ottimo colpo d'occhio sulla Val Masino. Procediamo salendo diritti alle spalle delle baite, che sono poste sulla parte bassa dei prati: una traccia di sentiero rientra in pineta e sale verso est, con alcuni tornanti, fino ad approdare all'alpe Granda, sul limite nord-orientale, non lontano dal rifugio Alpe Granda, che raggiungiamo tagliando i prati e passando accanto ad una vasca in cemento e ad un baitello.
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SENTIERI DALL'ALPE GRANDA (ANELLO LOTTO-GRANDA)
Valle del Ferro dall'alpe Granda
Se torniamo alla discesa dalla cima di Granda, teniamo presente che proseguendo verso nord-est, si incontrano alcune due baite; nell’ultimo tratto dell’alpe, prima dell’ultima baita, si trovano cartelli indicatori che segnalano un trivio: verso nord-est si imbocca il sentiero che porta all’alpe Scermendone, verso est quello che porta alla Merla e infine, verso sud-ovest, quello che scende alle baite Taiada. Proseguendo, poi, in direzione dei boschi nei quali si addentra il sentiero per Scermendone, raggiungiamo una vasca per la raccolta dell'acqua e, poco oltre, troviamo, seminascosto dietro una macchia, il rifugio Alpe Granda. Esso si trova sul percorso del Sentiero Italia, che sale all'alpe Granda dalla località Valbiore (valbiórch), in Valle di Sasso Bisolo, e dalle baite Taiada, proseguendo, poi, nella salita all'alpe Scermendone, dove si trova l'omonimo bivacco.
Baita all'Alpe Granda
C’è
una quarta possibilità, non segnalata: portandosi verso il lato
opposto del crinale dell’alpe, in direzione di una baita isolata,
dove si trovava, un po’ più in basso, sul limite del bosco,
alla sua sinistra, il largo sentiero che effettuava la traversata fino
al maggengo di Our di Cima, sopra Buglio. Nel primo tratto del sentiero,
in corrispondenza di un casello dell’acqua, si trovava la deviazione
a destra che scende ad intercettare il sentiero che sale da Erbolo.
Ora si trova, invece, una larga pista sterrata, che scende, con qualche
tornante, fino ai prati di Erbolo, toccando la pista gemella che da
Buglio sale al maggengo di Our di Cima in un punto approssimativamente
a metà fra questo ed il maggendo di Our di Fondo. Questo itinerario
può essere sfruttato per chiudere un bell’anello: scesi
ad Erbolo, infatti, si può percorrere il sentiero segnalato che parte dalla
baite più alte e scende gradualmente fino ad una pista forestale
incompiuta, percorrendo la quale si torna ai prati di Lotto.
Ma anche scendendo alle baite Taiada si potrebbe, in teoria, chiudere
un anello, anche se più modesto. Il sentiero si trova sul limite
del bosco, sul versante della Val Masino, non lontano dalla ben visibile
vasca di raccolta dell’acqua posta sul limite di nord-est dell’alpe. Lo
si trova, segnalato da segnavia rosso-bianco-rossi, prestando attenzione
e seguendo i fili metallici posti per evitare lo sconfinamento del bestiame
(se non lo si trova, si eviti di scendere a vista ne, bosco: il versante è insidioso). Il tracciato,
segnalato da qualche raro segnavia rosso-bianco-rosso, scende deciso
ai ripidi prati sul cui limite inferiore sono poste le baite Taiada (m. 1494).
Dalle baite partono due sentieri: il primo, a destra, scende alla strada
che, dalla località Valbiore (valbiórch), sale all’alpe di Sasso Bisòlo;
il secondo, a sinistra, effettua una lunga traversata fino al prato
Tabiate, dal quale si può proseguire fino a riguadagnare il crinale
poco sopra il Sas del Tìi. Il problema è che questo sentiero,
poco oltre le baite, finisce per perdersi per un buon tratto, per cui
solo se si è esperti dei boschi si riesce a ritrovarne, più
avanti, la traccia: se non lo si è, è del tutto sconsigliabile
avventurarsi in traversate a vista.
Torniamo al trivio dell’alpe Granda: restano da individuare due
sentieri. Il più facile è la pista che sale verso Scermendone,
addentrandosi in un bellissimo bosco di conifere, in direzione nord-est.
Da Scermendone l'escursione può poi proseguire e culminare nella salita alla cima di Vignone o al pizzo Bello, ma anche scendere a Scermendone basso, traversare a Preda Rossa e di qui sailre al rifugio Ponti.
Il secondo, che conduce all’alpe Merla (posta sulla verticale
sopra Our di Cima), richiede un po’ più di pazienza per
essere trovato: parte poco oltre una marcata conca, in prossimità
del limite del bosco, più in basso rispetto al primo.
Queste,
quindi, sono le quattro possibilità che si offrono a chi, dall’alpe,
volesse proseguire la sua escursione. Se però si optasse per
la soluzione più semplice, quella cioè di tornare sui
proprio passi, non si dimentichi di prestare attenzione, al Sas del
Tìi, per ritrovare il corridoio che si restringe nel sentiero per i
prati di Lotto: è facile, infatti, se non si osserva bene, sbagliare
direzione, il che espone a problematiche discese a vista su versanti
non agevoli.
Ricordiamo che all'alpe si può anche salire
da Erbolo, anche in mountain-bike, sfruttando la nuova
pista, o, ancor più brevemente, dalla strada per Our di Cima,
raggiungibile anche in automobile partendo da Buglio in Monte.
Apri qui una panoramica dell'alpe Granda
Monte Disgrazia e Corni Bruciati visti dall'alpe Granda
Assai più tranquilla, invece, la camminata dell'anello della Crus, che si snoda partendo dal parcheggio sulla carrozzabile per Our di Cima, dove si lascia l'automobile per salire a Granda (m. 1680).
Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda.
Prendendo a destra, passiamo appena sotto una piccola baita e dopo una breve salita siamo al rifugio Alpe Granda. Alle sue spalle parte la pista per la Merla, indicata da un cartello che indica, appunto, "Merla". La pista corre quasi in piano verso est, in una splendida pecceta, sostituendo però purtroppo il precedente sentiero.
Pizzo Cengalo e Pizzi del Ferro visti dall'alpe Granda
Giunti al limite occidentale dei prati della Merla (m. 1710), ad una sella erbosa a sinistra di un cocuzzolo boscoso, saliamo fino alla sommità della sella, appena sotto una baita solitaria. Qui lasciamo la pista, che si porta al limite del bosco, ed imbocchiamo un sentiero che sale deciso verso sinistra, su una breve fascia prativa, per poi entrare nella pecceta. La salita prosegue con qualche tornante, con andamento ripido, fino ad uscire ad una pianetta con una croce in legno (la Crus, a circa 1900 metri).
Qui intercettiamo il sentiero (allargato a tratturo) che dall'alpe Granda sale a Scermendone. Seguendolo in discesa, cioè verso sinistra, ci riportiamo facilmente al limite settentrionale dell'alpe Granda ed al rifugio Alpe Granda. Torniamo infine all'automobile ridiscendendo per la pista percorsa nella salita. L'anello richiede circa 3 ore di cammino (il dislivello in salita è di rica 520 metri).
Cima del Desenigo vista dall'alpe Granda
Una variante dell'anello è la seguente.
Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda.
Apri qui una panoramica dell'alpe Granda
Da qui procediamo diritti e, seguendo un evidente cartello che indica Scermendone, ci incamminiamo sul sentiero (allargato a tratturo) che sale i ripidi prati ed entra nella pecceta, proseguendo nella salita verso nord-est, con pendenza media. Dopo circa 30-40 minuti raggiungiamo un piccolo poggio erboso, con una croce in legno (la Crus, m. 1900). Qui lasciamo il tratturo e scendiamo verso sinistra, imboccando un marcato sentiero che perde rapidamente quota verso sud, sempre all'ombra di una fiabesca pecceta, inanellando diversi tornantini, fino ad uscirne alla parte alta dei prati della Merla (m. 1710). Alla nostra sinistra vediamo una baita isolata, davanti a noi il curioso cocuzzolo boscoso ed a destra la cima del Desenigo che fa da sfondo all'alpe Granda.
La Crus
Scendiamo ora alla pista sterrata che giunge fin qui dal rifugio Alpe Granda. Percorrendola verso destra potremmo tornare al rifugio. Per proseguire l'anello, però, imbocchiamo un sentierino che resta appena a destra del largo dosso o cocuzzolo boscoso e scende più basso della pista fino al limite della pecceta, proseguendo in una ripida discesa con qualche tornante. Superato un punto esposto su un ripidissimo versante, proseguiamo fino ad un casello dell'acqua, oltrepassato il quale la discesa sul largo sentiero ci porta ad intercettare la pista Our-Granda, che abbiamo percorso salendo.
Nella discesa possiamo operare un'interessante variante. Giunti al primo tornante dx, lasciamo la pista per proseguire diritti su una pista secondaria. Oltrepassata una sbarra, proseguiamo quasi in piano, passando a monte dei prati di Our di Cima. La psta volge quindi a destra e scende per breve tratto, terminando ad una piazzola. Qui imbocchiamo il sentierino che scender fra le baite di Our di Cima (n. 1425), per poi terminare ad una pista sterrata. la seguiamo scendendo ed in breve siamo alla piazzola dove abbiamo lasciato l'automobile, dopo circa 3 ore e mezza di cammino (il dislivello approssimativo in salita è di 590 metri).
Our di Cima
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Our - Alpe Granda - Alpe Merla - Our |
1 h e 45 min. |
320 |
E |
SINTESI. Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda.
Imbocchiamo ora la pista segnalata che, alle spalle del rifugio, traversa verso est, quasi in piano, fino ai prati dell'alpe Merla (m. 1736).
Giunti in vista della sella erbosa dell'alpe, delimitata a destra dal caratteristico cocuzzolo boscoso, lasciamo subito la pista scendendo a destra e restando a destra del cocuzzolo medesimo. Imbocchiamo così un sentierino che resta appena a destra del largo dosso o cocuzzolo boscoso e scende più basso della pista fino al limite della pecceta, proseguendo in una ripida discesa con qualche tornante. Superato un punto esposto su un ripidissimo versante, proseguiamo fino ad un casello dell'acqua, oltrepassato il quale la discesa sul largo sentiero ci porta ad intercettare la pista Our-Granda, che abbiamo percorso salendo.
Nella discesa possiamo operare un'interessante variante. Giunti al primo tornante dx, lasciamo la pista per proseguire diritti su una pista secondaria. Oltrepassata una sbarra, proseguiamo quasi in piano, passando a monte dei prati di Our di Cima. La psta volge quindi a destra e scende per breve tratto, terminando ad una piazzola. Qui imbocchiamo il sentierino che scende fra le baite di Our di Cima (n. 1425), per poi terminare ad una pista sterrata. La seguiamo scendendo ed in breve siamo alla piazzola dove abbiamo lasciato l'automobile, dopo circa un'ora e tre quarti di cammino.
|
Apri qui una panoramica dall'Alpe Granda
Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda (m. 1680).
Cima del Desenigo ed Alpe Granda viste dall'alpe Merla
Imbocchiamo ora la pista segnalata che, alle spalle del rifugio, traversa verso est, quasi in piano, fino ai prati dell'alpe Merla (m. 1736).
Giunti in vista della sella erbosa dell'alpe, delimitata a destra dal caratteristico cocuzzolo boscoso, lasciamo subito la pista scendendo a destra e restando a destra del cocuzzolo medesimo. Imbocchiamo così un sentierino che resta appena a destra del largo dosso o cocuzzolo boscoso e scende più basso della pista fino al limite della pecceta, proseguendo in una ripida discesa con qualche tornante. Superato un punto esposto su un ripidissimo versante, proseguiamo fino ad un casello dell'acqua, oltrepassato il quale la discesa sul largo sentiero ci porta ad intercettare la pista Our-Granda, che abbiamo percorso salendo.
Nella discesa possiamo operare un'interessante variante. Giunti al primo tornante dx, lasciamo la pista per proseguire diritti su una pista secondaria. Oltrepassata una sbarra, proseguiamo quasi in piano, passando a monte dei prati di Our di Cima. La psta volge quindi a destra e scende per breve tratto, terminando ad una piazzola. Qui imbocchiamo il sentierino che scender fra le baite di Our di Cima (n. 1425), per poi terminare ad una pista sterrata. La seguiamo scendendo ed in breve siamo alla piazzola dove abbiamo lasciato l'automobile, dopo circa un'ora e tre quarti di cammino.
Our di Cima
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Our - Alpe Granda - Alpe Merla - Verdel - Our |
3 h |
340 |
E |
SINTESI. Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda.
Imbocchiamo ora la pista segnalata che, alle spalle del rifugio, traversa verso est, quasi in piano, fino ai prati dell'alpe Merla (m. 1736).
Proseguiamo sulla pista che termina sul lato opposto dell'alpe e sul limite del bosco (sarà tracciata la prosecuzione fino al Verdel) ed imbocchiamo il sentiero che procede in piano verso est, in una splendida pecceta, fino al limite occidentale dell'alpe Verdel (m. 1716). Qui ci troviamo ad un quadrivio. Un sentiero prosegue diritto la traversata verso est, tenendo più o meno la medesima quota. Un secondo sentiero sale verso sinistra, nella pecceta, in direzione dell'alpe Scermendone. Ci sono infine due sentieri che scendono verso sud, uno a sinistra ed uno a destra (per chi guarda a valle) del poggio boscoso che delimita l'alpe verso valle. Noi dobbiamo imboccare quello di destra, cioè quello ad ovest (in direzione dell'alpe Merla, dalla quale siamo giunti). Scendendo lungo il prato a sinistra del poggio boscoso ne troviamo la traccia marcata sul limite della pecceta. Nel primo tratto, marcato, scende deciso con diverse svolte, poi piega a destra e traversa verso est in leggera discesa. In questo tratto la traccia è a tratti sporca, ma con un po' di attenzione non la si perde. Al termine della traversata raggiungiamo il lato orientale del maggengo di Our di Cima (n. 1425). Traversando verso est passiamo fra le baite e raggiungiamo una fontana, per poi raggiungere una pista sterrata. La seguiamo scendendo ed in breve siamo alla piazzola dove abbiamo lasciato l'automobile, dopo circa un'ora e tre quarti di cammino. |
Apri qui una panoramica dall'alpe Granda
Raggiunta Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda (m. 1680).
Alpe Granda e cima del Desenigo
Imbocchiamo ora la pista segnalata che, alle spalle del rifugio, traversa verso est, quasi in piano, fino ai prati dell'alpe Merla (m. 1736).
Proseguiamo sulla pista che termina sul lato opposto dell'alpe e sul limite del bosco (sarà tracciata la prosecuzione fino al Verdel) ed imbocchiamo il sentiero che procede in piano verso est, in una splendida pecceta. Si tratta di uno splendido sentiero, non segnato sulla carta IGM, con fondo talmente pulito che lo si potrebbe percorrere a piedi nudi. E' un peccato pensare che sarà sostituito dalla pista sterrata. Raggiungiamo così un casello dell'acqua, e poco dopo usciamo al limite occidentale dell'alpe Verdel (m. 1716).
Apri qui una panoramica verso sud dall'alpe Merla
Qui ci troviamo ad un quadrivio. Un sentiero prosegue diritto la traversata verso est, tenendo più o meno la medesima quota. Un secondo sentiero sale verso sinistra, nella pecceta, in direzione dell'alpe Scermendone. Ci sono infine due sentieri che scendono verso sud, uno a sinistra ed uno a destra (per chi guarda a valle) del poggio boscoso che delimita l'alpe verso valle.
L'alpe Merla
Noi dobbiamo imboccare quello di destra, cioè quello ad ovest (in direzione dell'alpe Merla, dalla quale siamo giunti). Scendendo lungo il prato a sinistra del poggio boscoso ne troviamo la traccia marcata sul limite della pecceta. Nel primo tratto, marcato, scende deciso con diverse svolte, poi piega a destra e traversa verso est in leggera discesa. In questo tratto la traccia è a tratti sporca, ma con un po' di attenzione non la si perde. Al termine della traversata raggiungiamo il lato orientale del maggengo di Our di Cima (n. 1425). Traversando verso est passiamo fra le baite e raggiungiamo una fontana, per poi raggiungere una pista sterrata. La seguiamo scendendo ed in breve siamo alla piazzola dove abbiamo lasciato l'automobile, dopo circa tre ore di cammino.
Our di Cima
TRAVERSATA DEGLI ALPEGGI RETICI
Baite all'alpe Granda
Ecco, infine, il racconto di una traversata che richiede esperienza escursionistica, dall'alpe Granda all'alpe Vignone, toccando tutti gli alpeggi posti all'approssimativa quota di 1700 metri nel territorio del comune di Buglio (Merla, Verdel ed Oligna). In realtà il tratto fino all'alpe Oligna non presenta problema alcuno, ed è un'ottima passeggiata, visto che comporta un dislivello minimo in altezza, alla portata di tutte le gambe. L'ultimo tratto, invece, da Oligna a Vignone, richiede sicura esperienza escursionistica, perché il sentiero, non lontano dlal'alpe Vignone, si perde, e bisogna procedere a vista nel bosco.
[Viene qui di seguito mantenuta come "storica" la relazione antecedente alla nuova pista Granda-Merla, che ha sostituito il precedente sentiero. Per il resto la situazione dei sentieri non è mutata]
Il limite sud-occidentale dell'alpe Granda e l'ex-rifugio Granda, prima della costruzione del bivacco Baita degli Alpini
Punto di partenza, dunque, l’alpe Granda. La raggiungiamo salendo
da Buglio ad Our di fondo e proseguendo fino all’ultimo tornante
destrorso prima di Our di Cima (quota approssimativa: 1380 metri). Qui
la carrozzabile tocca la pista sterrata che da Erbolo, sopra Ardenno,
sale all’alpe Granda. Possiamo imboccare questa pista con l’automobile
(c’è una sbarra, ma è sempre aperta), oppure, tenuto
anche conto che il fondo è dissestato, lasciarla allo slargo
del
tornante ed incamminarci (la salita all’alpe richiede poco meno
di un’ora di cammino). Salendo, passiamo dal comune di Buglio
a quello di Ardenno (nel quale rientra l'alpe Granda). Al termine, raggiungiamo
il settore nord-orientale dell’alpe, nei pressi di una baita solitaria.
Emozionante il panorama che si apre, improvviso: a destra della cima
del Desenigo (m. 2845) e della selvaggia costiera Cavislone-Lobbia,
lo scorcio della Val Porcellizzo, della valle del Ferro, della val Qualido e della Valle di Zocca, con il pizzo Porcellizzo (sciöma dò porsceléc'm. 3075), la cima
di Cavalcorto (m. 2763), il pizzo Cengalo (m. 3370), i pizzi del Ferro (sciöma dò fèr)
occidentale (m. 3267), centrale (m. 3289) ed orientale (m. 3199) e la
cima di Zocca (m. 3174). Più a destra ancora, la costiera Arcanzo-Remoluzza
ed il monte Disgrazia (m. 3678). Prendiamo, ora, a destra, in direzione
del rifugio Granda (m. 1688), che ancora non vediamo, perché
è nascosto da una macchia. Da rifugio parte la nostra traversata.
Pizzo Cengalo e Pizzi del Ferro dall'alpe Granda
Non dobbiamo imboccare il sentiero (recentemente allargato a tratturo)
che sale, ripido, verso il bosco, alla volta di Scermendone, ma un sentiero
che procede quasi in piano, in direzione est-sud-est. Si tratta di un
sentiero ben marcato, con fondo buono, che si immerge nel bosco, attraversa il vallone che scende verso sud-ovest dal pizzo Mercantelli (sciöma dè Mercantéi), ci riporta
nel territorio del comune di Buglio e, dopo un ultimo tratto nel quale
la vegetazione progressivamente si dirada, approda alla parte bassa
del prato dell’alpe Merla, riconoscibile per la baita ristrutturata,
sulla sommità di un cocuzzolo erboso (m. 1729).
L’alpe Merla è un crocevia, nel quale si intersecano due
direttrici, quella ovest-est, che stiamo percorrendo nella traversata,
e quella sud-nord: esiste, infatti,
un sentiero segnalato che si stacca, sulla destra, dalla pista sterrata
Our-Granda e sale, diretto, all’alpe, proseguendo, poi, con andamento
sempre piuttosto ripido, fino ad intercettare, in corrispondenza di
una croce di legno su un dosso, il tratturo che dall’alpe Granda
sale a Scermendone. Ignoriamo questo sentiero (segnalato da un cartello
che dà l’alpe Scermendone ad un’ora e 30 min.), e
proseguiamo verso nord-est (imboccando il sentiero segnalato da un secondo
cartello, che indica il Verdel), rientrando nel bosco, alla volta del
terzo alpeggio, quello del Verdel. È, questo, il tratto più
ripostante della traversata: il fondo del sentiero (che, singolarmente,
non è segnalato sulla carta IGM) è ottimo, tanto che,
per la maggior parte della traversata, potremmo percorrerlo a piedi
nudi. L’andamento, poi, è molto regolare, con pochi saliscendi.
Alla fine, dopo aver oltrepassato alcuni valloncelli che confluiscono,
più in basso, nella Val Primaverta, raggiungiamo un singolare
“crotto”, ricavato alla base di un grande masso: pochi passi
ancora, e riemergiamo alla luce dell’alpe Verdel (m. 1716), dove
si trovano diverse baite, divise in due gruppi.
Alpe Merla
Anche quest’alpe è un crocevia di sentieri lungo le direttrici
ovest-est e sud-nord. Infatti dal maggengo di Our di Cima parte un sentiero
che risale il dosso a monte dei prati, fino al punto in cui questo si
restringe (si trova, qui, un passaggino che richiede attenzione, per
superare un gruppo di roccette), per poi raggiungere il bel bosco di
conifere che ricopre il caratteristico cocuzzolo che precede l’alpe,
fino a portare alle baite più basse di questa. Il sentiero prosegue,
poi, verso nord, piegando poi in direzione nord-est ed intercettando,
dopo una lunga traversata, il sentiero che sale da Oligna verso Scermendone.
Anche in questo caso, ignoriamo la direttrice sud-nord e proseguiamo
verso nord-est, seguendo le indicazioni per l’alpe Oligna. La
partenza del sentiero non è molto evidente: nel primo tratto,
ancora all’aperto, passiamo nei pressi di una vasca per l’acqua.
Anche il primo tratto nel bosco non è molto evidente, poi la
traccia si fa più chiara. Il sentiero è meno riposante
di quello Merla-Verdel, ma non presenta difficoltà: dopo aver
raggiungo la quota 1770, attraversa la selvaggia parte alta della Valle
della Làresa, per poi perdere leggermente quota, fino ai 1750
metri delle baite alte dell’alpe Oligna (o Olegna), più
ampia delle due precedenti.
Terza alpe, terzo crocevia. Questa volta il sentiero che sale da sud
proviene dal maggengo di Sessa, e prosegue, con debole traccia, in direzione
nord-nord-est (non è segnalato né sulla carta IGM, né
su quella Kompass), seguendo il filo del dosso a monte dell’alpe,
fino ad uscire dal bosco di larici ad una quota di circa 1900 metri.
Un’ulteriore breve salita sul ripido versante di prati ci porta
ad intercettare il sentiero che, seguito verso sinistra, porta alla
chiesetta di S. Quirico (m. 2131), sul limite nord-orientale dell’alpe
Scermendone. La traversata con difficoltà appena escursionistica
termina qui: il sentiero che prosegue verso nord-est, infatti, ha una
traccia evidente solo nella prima parte della traversata, poi tende
a perdersi. Ma di ciò diremo più avanti. Intanto preoccupiamoci
del ritorno da Oligna all’alpe Granda.
Se
non vogliamo tornare sui nostri passi, ci si offrono tre possibilità.
Consiglio quella più bella e panoramica: la salita all’alpe
Scermendone, che comporta circa un’ora di cammino. Avendo, finora,
camminato senza affrontare significativi dislivelli in salita, non dovremmo
accusare un’eccessiva fatica. Il sentiero per Scermendone entra
nel bosco sul lato alto di sinistra dell’alpe (direzione nord).
Dopo aver attraversato un valloncello, intercetta, poi, dopo alcuni
serrati tornantini, a quota 1900 il più largo sentiero che sale
dall’alpe Verdel. Proseguiamo, quindi, per un tratto verso ovest,
poi, piegando a destra (direzione nord-nord-ovest), affrontiamo gli
ultimi rapidi tornantini che ci portano, risalito un ripido versante
di prati, all’edificio che serviva per il ricovero del bestiame
all’alpe Scermendone (m. 2070). Intercettiamo, così, il
più largo sentiero che sale dall’alpe Granda. Alla nostra
destra è già ben visibile la chiesetta di S. Quirico.
Presso il baitone, sulla destra, si trova anche, appena segnalata da
una scritta malcerta, la sorgente legata all’acqua miracolosa
che ridonò la vista al pastore disobbediente, che volle vedere
l’immane incendio che incenerì i bellissimi pascoli ai
piedi del Disgrazia, riducendoli ad un deserto di pietre rosse (Preda
Rossa): si tratta della ben nota leggenda del monte Disgrazia o dei
Corni Bruciati.
Dobbiamo, ora, incamminarci in direzione dell’alpe Granda (verso
sinistra): prima, però, non può mancare una visita alla
chiesetta, che, con la sua caratteristica campanella, sorveglia, nel
silenzio secolare questi ultimi presidi della fatica e della meditazione
umana. La discesa all’alpe Granda avviene seguendo
il sentiero-tratturo che dal baitone punta verso sud-ovest, percorrendo
un buon tratto di alpe, prima di immergersi nel bosco. È una
discesa diretta: incontriamo solo una doppia coppia di brevissimi tornantini,
prima di uscire dal bosco poco a monte del rifugio alpe Granda. Seguendo
la pista sterrata, torniamo, infine all’automobile. Scorciatoia:
se vogliamo abbreviare di una quarantina di minuti il cammino, una volta
raggiunta la croce di legno sul tratturo, lasciamolo per prendere a
sinistra il ripido sentiero che scende, per via direttissima, all’alpe
Merla, e qui imbocchiamo di nuovo il sentiero che scende, diretto, fino
ad intercettare la pista sterrata Our-Granda (attenzione, però,
in questo caso, alle ginocchia!). Se siamo partiti da Our di Cima, calcoliamo
di poter tornare all’automobile dopo circa 6 ore di cammino (il
dislivello superato è di circa 950 metri).
La seconda via per la quale possiamo riguadagnare l’automobile
è, invece, meno panoramica, ma anche meno faticosa. Dall’alpe
Oligna torniamo all’alpe Verdel e qui, invece di imboccare il
sentiero per la Merla, imbocchiamo quello che, alla sua sinistra, sulla
parte bassa del prato, a destra della baita, si immerge nel bosco, iniziando
la discesa in direzione sud-est. La traccia è sempre ben visibile
(nonostante il sentiero non sia segnalato né sulla carta IGM,
né su quella Kompass), e, superati diversi valloncelli, esce
dal bosco in prossimità delle baite orientali più alte
di Our di Cima (m. 1415). Non ci resta che percorrere un ultimo breve
tratto in discesa sulla carrozzabile, e ci ritroviamo all’automobile.
In questo caso il giro richiede circa 4 ore e mezza di cammino. Ulteriore
possibilità: dall’alpe Oligna scendiamo, imboccando il
marcato
sentiero che parte nella parte inferiore dei prati (casello dell’acqua
e cancelletto), al maggengo di Sessa (m. 1450), incontrando, anche,
una curioso volto umano scolpito in un tronco. Da Sessa imbocchiamo,
poi, verso destra la pista sterrata che attraversa la valle della Làresa
e giunge ad intercettare la pista che sale dal Mele al Calec. Scendiamo
per un tratto sulla pista, lasciandola al primo tornante sinistrorso,
per salire alle baite del Mele, ad una quota approssimativa di 1290
metri. Portiamoci sul lato opposto del dosso: troveremo, segnalata da
un cartello, la partenza di un sentiero che entra nel bosco e comincia
una traversata in direzione nord-ovest. Oltrepassato il solco della
Val Primaverta, il sentiero prosegue fino ad intercettare la carrozzabile
che da Our di Fondo sale ad Our di Cima, al primo tornante sinistrorso
dopo le baite di Our di Fondo (m. 1200). Seguendo la carrozzabile in
salita, dopo circa un quarto d’ora raggiungiamo l’automobile.
Ora, però, torniamo all’alpe Oligna, per raccontare l’avventurosa
traversata all’alpe Vignone. Avventurosa per i motivi già
detti: il sentiero tende a perdersi, e, in un dedalo di valloncelli,
vagare fuori sentiero non è il massimo della vita. Se capitasse,
comunque, di perderlo, è meglio salire, puntando a raggiungere
il limite superiore del bosco, dove passa il Sentiero Italia, da Scermendone
all’alpe Oligna. È un peccato, comunque, che il sentiero
Oligna-Vignone non sia ripulito e segnalato. Speriamo che qualcuno raccolga
l’appello e lo renda disponibile per gli escursionisti: i luoghi
attraversati sono davvero incantevoli. Mi è capitato di percorrerlo
due volte. La prima ho imboccato, nella seconda parte, un falso sentiero
che sedeva, prima di salire a recuperare il sentiero corretto. La
seconda volta ho avuto più volte l’impressione di aver
perso il sentiero. Mi sono annotato luoghi e sensazioni, e qui riporto
queste annotazioni così come le ho perse.
Dalla parte alta dei prati di Oligna si prende a destra (non ci sono
segnalazioni). Il sentiero scende di una ventina di metri, ed intercetta
un secondo sentiero che proviene da destra, anch’esso da Oligna.
Poco oltre, il sentiero ne intercetta un secondo, anch’esso da
destra, a quota 1690 circa, in vista del primo vallone da attraversare.
Prima del vallone c’è un passaggio un po’ esposto.
Il vallone, a quota 1680, ha un ramo principale ed uno secondario. Oltre
il vallone, c’è una leggera salita, un po’ esposta,
prima che il sentiero rientri nel bosco. Attenzione: nel bosco si trova
un bivio, al quale si prosegue prendendo il sentiero che sale, non quello
che scende. Ci si riporta a quota 1720, poi il sentiero ridiventa pianeggiante
e supera un valloncello nel cuore del bosco. Appena prima del valloncello
c’è una grossa pianta sradicata. Poi il sentiero riprende
a salire. La traccia è poco visibile; si incontra una nuova pianta
sradicata sul sentiero e su un tronco sono segnati due segmenti verticali
blu. Si guadagna quota 1740 e si alternano tratti pianeggianti e tratti
in leggera salita; la traccia a tratti è visibile, a tratti si
perde.
Poi il bosco si apre un po’, ed a quota 1770 si raggiunge una
sorta di cunetta, con due massi a destra ed una fascia di roccette a
monte (sinistra); di qui si vede bene, verso est, Prato Maslino. Poi
si rientra nel bosco, si scende leggermente e si riprende a salire (c’è
anche un masso che fa da scalino sul sentiero), fino
ad un valloncello (m. 1760), che è anche una stupenda radura:
in alto si vede una bella pineta. Poi la traccia sembra perdersi, ma,
alzandosi di qualche metro, la si ritrova ad una nuova radura. Il sentiero
torna a salire ed a quota 1780 sembra di nuovo perdersi. Siamo nella
parte centrale dello stupendo dosso del Termine (dosso del Termen, detto
così perché segna il confine fra i comuni di Buglio e Berbenno). Il bosco è bellissimo, la traccia assai meno: in diversi
punti sembra perdersi. È bene rimanere su quota 1780, senza scendere.
Si apre, per la prima volta, uno spiraglio sull’alpe Vignone,
la meta. Si sale un po’, fino a quota 1770, fino ad una radura,
e la traccia si fa più visibile. Si apre uno scorcio sulla baita
più bassa dell’alpe Vignone (rispetto alla quale siamo
più bassi). Il sentiero supera un tratto un po’ esposto
e conduce ad un nuovo vallone di quota 1780. Poi sale ancora. Si incontra
una fascia di tronchi sul sentiero; la traccia sembra perdersi, ma a
quota 1800, lieta sorpresa, ecco una radura ed un bel muretto a secco,
segno inequivocabile che il sentiero è quello giusto. Si scende,
quindi, all’aperto, fino a quota 1780 (tratto un po’ esposto),
per poi tornare a salire, rientrando nel bosco. La traccia, ora, è
molto chiara e sale con regolarità; a quota 1820 taglia due valloncelli,
in successione. Uscito all’aperto, il sentiero attraversa, a quota
1880, il torrente che scende dall’alpe Vignone. Alla fine raggiunge
la baita quotata 1925.
La traversata è conclusa: davanti ai nostri occhi si apre, a
monte, lo splendido scenario dell’amplissima alpe. Scesi alla
baita più bassa dell’alpe (m. 1881), imbocchiamo il largo
sentiero che scende a Prato Maslino. Qui dovremmo trovare un’automobile
ad attenderci. Calcoliamo, per la traversata Oligna-Vignone (tenendo
conto che dobbiamo procedere con occhiuta cautela), un’ora e mezza
circa di cammino (scarso è il dislivello: 170 metri circa). Speriamo
che queste note inducano qualcuno a rendere più fruibile un percorso
di alto significato e suggestione.
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