Il maggengo del castagno, sul medio versante sopra Ardenno
Limite superiore dei prati di Erbolo
Prati di Erbolo
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
San Giuseppe - Prati di Erbolo |
1 h e 30 min. |
530 |
E |
SINTESI. Da Ardenno saliamo alla frazione Gaggio e di qui su pista carozzabile ai maggenghi di mezza montagna. La carozzabile sale dopo pochi tornanti al nucleo di San Giuseppe (m. 648), sul lato destro della strada. Qui possiamo parcheggiare e cercare sul suo lato opposto (sulla sinistra, per chi sale), poco sotto le baite, la partenza di una mulattiera che sale in direzion ovest-nord-ovest, immettendosi in una seconda mulattiera che sale da sinistra. Procediamo nella salita piegando leggermente a destra, superiamo una valletta e giungiamo ad un bivio al quale pieghiamo a destra (direzione nord-est), seguendo il sentiero principale, che in breve sale ad una baita oltrepassata la quale si immette in una stradella. La successiva salita ci fa tornare alla carozzabile Gaggio-Erbolo, in corrispondenza del ncleo e della chiesetta di San Rocco (m. 842). La successiva salita può seguire la carozzabile, oppure il sentiero che, in molti punti sporco, sale per via più diretta, tagliandola in più punti. Se seguiamo la carozzabile, al primo tornante dx ignoriamo una deviazione a sinistra (pista), al successivo sx ignoriamo un largo sentiero che si stacca sulla destra e traversa ai prati di Ruina. La carozzabile poi passa per la località Porscìi (m. 885), bel balcone panoramico di prati, con una fontanella sul lato sinistro della strada. Dopo una sequenza di tornanti dx-sx-dx, ne segue una di tonanti più serrati, che ci portano quasi a ridosso di un vallone. Il successivo traverso a sinistra ci conduce alla parte bassa dei prati di Erbolo. Un sentierino sale diritto tagliando i prati, la carozzabile descrive altri ampi tornanti, fino a terminare una piazzola (m. 1178). Qui lascia il posto ad una pista, chiusa però al traffico. |
Apri qui una fotomappa dei sentieri del versante retico da Ardenno a Berbenno
Èrbolo
è il più importante maggengo sul versante montuoso che
sovrasta Ardenno. Il suo nome, in dialetto, è “Erbul”,
cioè castagno; è interessante osservare come tale termine
derivi dal latino “arbor”, albero, in quanto il castagno
era, nella magra economia contadina di un tempo, l’albero per
eccellenza, fonte preziosissima di legna, ma, anche e soprattutto, attraverso
le castagne e la farina che se ne ricavava, di un essenziale supporto
alimentare.
Venivano, infatti, raccolte e depositate nei solai per l'esscazione; quindi raccolte in sacchi che erano percossi con energia, per separarle dalla buccia. Infine, scartata quelle marce (che venivano date ai maiali), venivano cucinate con patate e rape, e consumate con latte o vino. Parte delle castagne, però, era anche utilizzata per ricavarne farina o per preparare le famose "bruciate", le caldarroste che rimpivano le case di allegria.
Oggi una carrozzabile che parte dalla frazione di Gaggio (quando non è interrotta per qualche smottamento) consente di
accedere alle baite del maggengo utilizzando l’automobile, ma
vale la pena dedicare tempo e sudore ad una salita a piedi, per gustare,
attraverso una bella escursione, scenari e profumi tipici della media
montagna del versante retico. L’escursione, di solito, parte da
Gaggio, ma un buon camminatore la può effettuare, in meno di
tre ore, da Ardenno. Raccontiamola, dunque, da qui.
Salendo
dal centro (m. 280 circa) verso la parte alta del paese, seguiamo le
belle scorciatoie che attraversano le frazioni di Calgheroli e Cavallari,
fino al bel Cincèt (cappelletta) Pomoli, dove percorriamo per
un breve tratto, verso destra, la strada che sale a Gaggio. Incontriamo,
così, una larga mulattiera che si stacca, sulla sinistra, dalla
strada per la frazione Gaggio, portando al tempietto di sant’Antonio,
sacrario dedicato ai soldati caduti nelle due guerre mondiali. L’obice
posto a ricordo delle sofferenze arrecate dalla guerra e dal prezzo
di dolore pagato dai soldati non fa più sentire da tempo la sua
voce, ma il suo richiamo al ricordo è molto forte. Sopra il tempietto
ci si ricongiunge con la strada, per poi lasciarla nuovamente, sulla
destra, e seguire una bella mulattiera. La salita verso Gaggio sembra
uno sprofondare in un tempo la cui voce è troppo dimessa per
farsi sentire. Ben
presto si raggiunge la località Motta e, nell’ultimo tratto
prima della chiesa, un antico lavatoio.
La mulattiera porta proprio al sagrato della settecentesca chiesa di
Gaggio, dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, a 570 metri. La strada
prosegue oltre la frazione, alle spalle del Ristorante Innocenti, portando
in breve alla località san Giuseppe, dove si trova la chiesetta
dedicata al santo, a 645 metri. Nell’incantevole piana alle spalle
della chiesetta si possono spesso gustare, soprattutto d’inverno,
suggestivi giochi di luce fra le fronde dei castagni.
Ecco le notizie che di questa chiesetta riporta, nel 1920, don Giacinto Turazza: "In un contratto di fitto livellario del 1549 trovasi indicata, nella località delle Selve al Foppo (situata a sud della Valle della Volta, a sera della Valle di Ardugno ed a mattina della strada che sale a San Rocco) una pezza di terra vicino alla Cappella, il che vorrebbe dire che le prime famiglie discese da Gazio, oltre che il torchio e il forno, avevano costruita anche una chiesuola, forse per recitarvi le preghiere in comune, essendo la località distante dalla prepositurale quasi quattro chilometri e due da San Rocco. La chiesa che troviamo lassù, detta di San Giuseppe, sorse evidentemente dopo la peste del 1630-31 quando tutta la popolazione abbandonò le abitazioni di S. Rocco e si raggruppò al Foppo. Di essa infatti non fa menzione il Ninguarda, mentre invece parla, anzi ricordandola con atrio sulla fronte, un istrumento del 6 settembre 1663, rogito di Gio. Stella di Sondrio. Bella chiesa e spaziosa, guarda ora (non così in origine) verso occidente; ha un solo altare con icona figurante lo Sposalizio di S. Giuseppe con Maria SS. nella quale le immagini del Sacerdote e dei Santi Sposi sono veramente pregevoli, ma l’autore non vi ha segnato il nome suo. Questa tela è chiusa in un’altra di legno, lavoro barocchino ma buono.
A questa Chiesa Lorenzo Borinelli, con suo testamento 27 gennaio 1692, legava una parte dei suoi beni per la fondazione di un beneficio locale, ma insufficienti allo scopo; furono incorporati al canonicato di S. Rocco, come si dirà a suo luogo. La casetta attigua, anzi connessa alla chiesa e che doveva servire al sacerdote dimorante in luogo, fu costruita nel 1750, come risulta da una nota del prevosto di allora Gio. Battista Pradè; costruzione che disorientò la chiesa sopprimendo l’atrio."
A questo punto (e fin qui possiamo essere giunti anche con l’automobile),
dobbiamo decidere se seguire la carrozzabile, oppure un sentiero che
abbrevia un po’ i tempi di salita. Nel secondo casoimbocchiamo
la mulattiera che lascia, sulla sinistra, la strada, appena sotto il
nucleo di case di San Giuseppe (m. 648).
Qui possiamo parcheggiare e cercare sul suo lato opposto (sulla sinistra, per chi sale), poco sotto le baite, la partenza di una mulattiera che sale in direzion ovest-nord-ovest, immettendosi in una seconda mulattiera che sale da sinistra.
Procediamo nella salita piegando leggermente a destra, superiamo una valletta e giungiamo ad un bivio al quale pieghiamo a destra (direzione nord-est), seguendo il sentiero principale, che in breve sale ad una baita oltrepassata la quale si immette in una stradella. La successiva salita ci fa tornare alla carozzabile Gaggio-Erbolo, in corrispondenza del ncleo e della chiesetta di San Rocco (m. 842). La successiva salita può seguire la carozzabile, oppure il sentiero che, in molti punti sporco, sale per via più diretta, tagliandola in più punti. Se seguiamo la carozzabile, al primo tornante dx ignoriamo una deviazione a sinistra (pista), al successivo sx ignoriamo un largo sentiero che si stacca sulla destra e traversa ai prati di Ruina (che però, se abbiamo tempo, meriterebbero una visita, per gustarne la profondissima solitudine).
I prati di Ruina
La carozzabile poi passa per la località Porscìi (m. 885), bel balcone panoramico di prati, con una fontanella sul lato sinistro della strada. Dopo una sequenza di tornanti dx-sx-dx, ne segue una di tonanti più serrati, che ci portano quasi a ridosso di un vallone. Il successivo traverso a sinistra ci conduce alla parte bassa dei prati di Erbolo. Un sentierino sale diritto tagliando i prati, la carozzabile descrive altri ampi tornanti, fino a terminare una piazzola (m. 1178). Qui lascia il posto ad una pista, chiusa però al traffico.
Se invece da San Giuseppe proseguiamo sulla carozzabile in automobile, giunti ad un tornante dx ignoriamo una pista che si stacca sulla sinistra. Nel successivo traverso superiamo una galleria paramassi e passiamo propria sopra l’impressionante
fosso del torrente Gaggio, per poi addentrarci nel cuore della valle fino
a raggiungere il torrente. Qui la strada volge bruscamente a sinistra (sulla destra si stacca una carozzabile che traversa ai maggenghi del dosso Oldino-Our, sopra Buglio in Monte). La strada propone quindi, tornando verso ovest, una rapida sequenza dx-sx-dx-sx, ed esce al luminoso ripiano della località San Rocco, a 841 metri, dove, poco oltre le baite a monte della strada medesima, troviamo l’omonima chiesetta.
Per saperne di più su quest'antica chiesetta, cediamo di nuovo la parola a don Turazza: "Questa chiesetta alpestre, distante sei chilometri dalla Matrice, si trova in mezzo alle prime piante di abete, è appoggiata ad una rupe Augliate che la difende dai venti del nord e misura metri 16-6 circa. Certamente è una costruzione quattrocentesca: è orientata, ha il coro rettangolare con volta a crociera cordonata e due altari. Il maggiore nell’abside porta una buona pala, di ignoto ma ottimo autore, rappresentante il Crocifisso con Maria, la Maddalena e S. Giovanni; la tela è chiusa da due cantine mobili delle quali quella a sinistra di chi guarda reca nell’interno l’immagine di San Lorenzo ben conservata, quella a destra il San Rocco guasto dall’umidità.
La chiesetta era, nel suo primo tempo, tutta dipinto o quantomeno il coro e la volta, ma le pitture scomparvero sotto la calce nei successivi restauri; difatti fu restaurata nel 1623 per opera dei canevari, oggi si direbbe dei fabbriceri, Lorenzo Mossini e Lorenzo Folini, quando cioè fu costruita, sul lato sud, la cappella a S. Defendente. In questa cappella come icona è un buon quadro rappresentante, a colpo d’occhio, S. Gregorio Magno, ma un pittore per vendere la tela con vantaggio o per non lasciar dubbioso il riguardante, in una targhetta sul quadro stesso ha scritto col pennello – S. Defendente – e ciò sia. Quella tela porta anche il nome dei donatori : Lorenzo Mossini e Giovanni fece fare per loro devozione -; è però senza data.
La chiesa aveva anche la sua campana ora deposta perché fusa, la quale porta la scritta di fuori “1690 Sancte Roche ora pro nobis – restaurata – da Giovanni e Lorenzo Folini”.
I prati di Erbolo
Lasciamo di correggere gli errori di questa dicitura, ben contenti che si conservi una data assicurante della preziosità dell’antico metallo e della rifusione avvenuta quando gli abitanti di Gaggio avevano già abbandonate le vetuste case lassù, come ho già dimostrato in “La Valtellina – N. 60 del 29 luglio p.p. e come dovrò ricordare fra poco. Di un altro restauro a questa chiesa ci avverte una scritta sulla fronte dell’anno 1757. il San Rocco di Gaggio ha anche delle piccole opere d’arte, cioè un paliotto di cuoio ornato di fregi in oro, l’astuccio del vasetto degli oli santi, la busta d’un calice e la rilegatura, in tutto cuoio, di un messale: oggetti sempre cari benché comuni nel seicento. Fuori della chiesa e vicino alla facciata sta coricato in terra un grosso blocco di pietra con un levigato concavo, che potrebbe ricordare un’antica macina romana, ma, posto là, ha servito certamente come si è trovato in altri luoghi per vaso nell’acqua benedetta del cinquecento."
Rimettiamoci in cammino: i tornanti proseguono,
e nella salita sul fianco meridionale del monte Granda, segnato da un
recente rovinoso incendio, superiamo diverse baite.
È però anche possibile, come già detto, accorciare l’itinerario imboccando
il vecchio sentiero (in diversi punti un po’ sporco o non ben
visibile), che, attraversando diverse selve, taglia in più punti
la strada. Alcune soste permettono interessanti osservazioni panoramiche:
verso est si vede bene il maggengo di Our, sopra Buglio in Monte, con
le baite di Our di Cima e Our di Fondo. Verso
sud, invece, si scorgono la cima della Zocca (nella verticale sopra
l’abitato della Sirta) e, più a destra, l’elegante
pizzo della Scala, in val di Tartano. Ancora più ad ovest, si
riconoscono, al culmine dei monti che sovrastano Talamona, le cime gemelle
dei monti Pisello e Culino.
Eccoci, infine, alle prime baite dei prati di Erbolo, i cui prati raggiungono,
nella parte più alta, i 1174 metri. Se siamo partiti da Gaggio,
abbiamo superato 600 metri di dislivello, in un tempo di poco inferiore
alle due ore. È ovvio che la salita ad Erbolo può essere
anche un bel percorso per gli amanti della mountain-bike.
DA ERBOLO A LOTTO; ANELLO ERBOLO-LOTTO
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Erbolo - Tornante prima di San Rocco - Sentée di Urlavolt - Prati di Lotto - Erbolo |
2 h |
330 |
E |
SINTESI. Scendiamo verso Gaggio con lunga serie di tornanti, fino al tornante sx appena prima della chiesetta ed il nucleo di San Rocco. Non scendiamo a San Rocco ma al tornante prendiamo a destra (pista sterrata), procedendo fino alla partenza segnalata da cartello del "Sentée di Urlavolt" (m. 850), che attraversa, con qualche passaggio esposto, vallette e due valloni verso sud-ovest, terminando alla pista sterrata Piazzalunga-Lotto che, percorsa salendo, porta a Lotto. Non proseguiamo verso la piazzola presso l'ex-casa dei custodi del bacino idroelettrico di Lotto (dove finisce la strada asfaltata, m. 978), ma pieghiamo a destra, imboccando la pista sterrata verso nord-est, fino al suo termine. Qui, a monte di alcune roccette, parte il sentiero Lotto-Erbolo, che traversa verso nord-est, con qualche saliscendi e passaggio esposto, fino alla parte alta occidentale dei prati di Erbolo (m. 1174). Restando sul limite alto dei prati, ci portiamo sul lato orientale, scendendo alla piazzola dove termina la carozzabile Gaggio-Erbolo. |
I prati di Erbolo
Erbolo, poi,
può essere punto di partenza per altre interessanti escursioni.
Le direttrici sono due.
Quella verso sud-ovest (sinistra), conduce ai Prati di Lotto. Per
trovare la partenza del sentiero dobbiamo risalire il breve ma ripido
prato che si trova appena prima che la strada termini, in corrispondenza
del solco di un valloncello. Il sentiero passa a monte delle baite più
alte, prima di addentrarsi nel bosco, o meglio, di quello che resta
di un bellissimo bosco. La traversata che, facendoci perdere gradualmente
quota, conduce alla pista forestale incompiuta che sale da Lotto è,
infatti, una specie di via crucis per chi, conoscendo questi scenari
prima del rovinoso incendio della primavera del 1998, si ritrova a dover
percorrere una sorta di landa desolata ed inselvatichita dal proliferare
della bassa vegetazione.
I prati di Erbolo
Il medesimo sentiero può essere sfruttato per un bell'anello escursionistico Erbolo-Lotto.
Da queste baite traversa, restando sul limite alto dei prati, al limite opposto, scendendo infine alla piazzola dove termina la carozzabile che da Gaggio sale ad Erbolo. Seguiamo ora questa pista scendendo verso Gaggio, con una numerosa serie di tornanti. Dalla piazzola scendiamo dapprima verso destra, poi volgiamo a sinistra e, dopo una serrata serie di tornanti sx-sx, lasciamo alle spalle le baite più basse dei prati e ci avviciniamo al versante del fosso del Gaggio. Segue una sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx-dx, che ci fa superare alcuni nuclei di baite (località Porscìi, m. 885, con una fontanella a lato della strada). Il successivo tornante sx ci introduce al tratto che scende al nucleo di San Rocco (m. 841).
Non scendiamo però fino a San Rocco, ma in corrispondenza di questo tornante sx lasciamo la carozzabile per imboccare una pista che se ne stacca sulla destra e porta ad una fascia di prati con una baita. Proseguendo diritti vediamo un cartello che annuncia la partenza di un sentiero, il "Sentée di Urlavolt", che taglia la fascia di media montagna ad una quota compresa fra gli 850 e gli 800 metri, con tratti in piano o in leggera discesa, superando diverse vallette ed il solco della Val Venduno. Il sentiero è stretto, ma sempre ben marcato, ed attraversa boschi devstatati dall'incendio del 1998, con alcuni passaggi esposti sul lato di sinistra, e ci porta ad un secondo marcato vallone, quello della Val Velascia, prima dell'ultimo traverso che lo porta ad intercettare la pista sterrata che dai prati di Piazzalunga sale a Lotto. Proseguiamo ora verso destra, salendo. Dopo una sequenza di tornanti dx-sx, un ultimo traverso in salita ci riporta al bivio sul limite orientale dei prati di Lotto.
I prati di Erbolo
Qui, invece di proseguire diritti sulla pista sterrata che i approssima al bacino idroelettrico, prendiamo la pista che inizia a salire sulla destra. La pista propone ora una doppia sequenza di tornanti sx-dx, prima di effettuare un traverso in direzione nord-est, salendo ad una piazzola terminale, dove si interrompe. Davanti a noi, sul lato destro, abbiamo un piccolo gradino di roccette, superato il quale troviamo l'imbocco del già citato sentiero che traversa ad Erbolo, alternando tratti in leggera salita a saliscendi (qualche breve passaggio è esposto sul lato destro). Nella traversata superiamo la parte alta delle tre principali valli che confluiscono nel paese di Ardenno, vale a dire, nell'ordine, la Val Velasca, la Val Venduno e la Val Valena.
Il sentiero termina ad un gruppo di baite alte sul limite nord-occidentale dei prati di Erbolo (m. 1178). Da queste baite traversa, restando sul limite alto dei prati, al limite opposto, scendendo infine alla piazzola dove termina la carozzabile che da Gaggio sale ad Erbolo. Qui termina anche l'anello escursionistico che richiede circa 2 ore, mentre il dislivello in salita approssimativo in salita è di 330 metri.
I prati di Erbolo
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Erbolo - Alpe Granda |
1 h e 30 min. |
500 |
E |
SINTESI. Da Ardenno saliamo alla frazione Gaggio e di qui su pista carozzabile ai maggenghi di mezza montagna: superata una galleria paramassi, la pista raggiunge la valle del Gaggio (dove ignoriamo una deviazione a destra) e piega a sinistra tornando sul fianco montuoso. Superata san Rocco, termina ai prati di Erbolo (m. 1178). Qui parte una pista chiusa al traffico motorizzato, che effettua un lungo traverso e si congiunge con la più frequentata pista che sale dall'ultimo tornante della pista per Our di Cima: può essere sfruttata per salire a Granda a piedi o in mountain-bike. A chi sale a piedi conviene però sfruttare il vecchio sentiero, che si stacca dalla pista poche decine di metri dalla sua partenza da Erbolo, iniziando a salire su un versante devastato dall'incendio del 1998. Dopo un lungo traverso, il sentiero scarta bruscamente a sinistra (attenzione a non perdere la svolta, anche perché è rimasta una traccia che prosegue diritta, per poi perdersi quasi subito nella boscaglia). Dopo qualche tornante il sentiero riprende a salire verso destra ed entra in una splendida pineta, proseguendo a salire ripido e diritto, fino ad intercettare la pista Our-Granda poco prima del suo termine, ad un casello dell'acqua. Procedendo verso sinistra, in breve siamo sul limite dell'alpe Granda e, procedendo a destra, al rifugio Alpe Granda (m. 1680). |
Rudere ai prati di Erbolo
La seconda direttrice, verso nord-est (destra), è costituita
da una pista appena meno desolante: anche qui le piaghe lasciate dall’incendio
sono ben visibili, anche se non hanno determinato la totale scomparsa
delle piante ad alto fusto. Essa permette di salire, in circa un’ora
e mezza, all’alpe Granda, oppure di raggiungere, in un tempo leggermente
superiore, il maggengo di Our di cima. Fino
a qualche tempo fa si doveva imboccare un marcato sentiero che partiva
dall’estremità di nord-est dei prati, descrivendo una lunga
diagonale lungo il fianco ferito della montagna. Superati alcuni valloncelli,
si doveva prestare attenzione, a quota 1280 circa, a non perdere la
deviazione a sinistra che lasciava la traccia principale (la quale,
peraltro, dopo essere passata poco sopra le baite Campione - m. 1394
-, si perdeva nei boschi nei quali passa il confine fra i comuni di
Ardenno e Buglio in Monte). Oggi, al posto del sentiero si trova una
larga pista sterrata, che descrive una lunga diagonale, giunge a toccare
la strada che da Buglio sale al maggendo di Our di Cima (nel tratto
compreso fra questo ed il sottostante maggendo di Our di Fondo) e, dopo
alcuni tornanti, raggiunge il limite dell'alpe Granda.
Il vecchio sentiero per Granda, invece, dopo un tornante destrorso iniziava
una lunga diagonale verso destra, che lo portava ad intercettare il
più marcato sentiero che congiungeva il maggengo di Our di Cima
all’alpe Granda, in corrispondenza di un casello dell’acqua. Percorso
per un breve tratto verso nord-ovest (sinistra) il sentiero, si usciva
dal bosco, raggiungendo l’alpe Granda presso baita solitaria,
nello stesso punto raggiunto ora dalla nuova pista. Alle spalle della
baita una traccia di sentiero permette di salire, verso sinistra, alla
cima di Granda, a 1708 metri. Se, invece, ci si dirige verso destra,
in direzione del limite del bosco nel quale si inoltra il sentiero per
l'alpe Scermendone, si trova il nuovo rifugio Alpe Granda, posto sul
limite nord-orientale dell'alpe.
Vale la pena di ricordare che la nuova pista permette una bellissima,
anche se faticosa, salita in mountain-bike da Ardenno
(o, per risparmiare circa 300 metri di dislivello, da Gaggio) fino all'Alpe
Granda. Se, poi, non vogliamo scendere per la medesima via di salita,
possiamo lasciare la pista per Erbolo, staccandoci da esso sulla sinistra,
laddove questa tocca la strada Buglio-Our di Cima, e sfruttando quest'ultima
per una comoda discesa a Buglio. Il ritorno ad Ardenno avviene facilmente
sulla strada asfaltata che scende ad intercettare la provinciale Valeriana
Ardenno-San Pietro.
Se, però, abbiamo lasciato l'automobile a Gaggio possiamo portarci
al limite alto occidentale di Buglio, imboccando un sentiero, parzialmente
ciclabile, che scende al torrente Gaggio in corrispondenza del Mulino
Vismara, risalendo sul versante opposto fino ad intercettare la pista
Gaggio-Erbolo, poco a monte di Gaggio.
Raccontiamo, infine, un'interessante quanto poco noto itinerario alternativo
per salire ad Erbolo da Gaggio. Imboccata la pista per Erbolo, saliamo
fino al punto in cui questa passa vicino al torrente Gaggio, nei pressi
del nuovo ponte in cemento e della pista che porta a Buglio. In corrispondenza
della brusca svolta con la quale la pista per Erbolo piega a sinistra,
lasciamola, senza però seguire la pista per Buglio, ma seguendo
una pista secondaria che sale parallela all'alveo del torrente, rimanendo
alla sua sinistra.
Dopo un primo tratto, dobbiamo prestare attenzione, alla nostra sinistra,
per scorgere la partenza di un sentierino che sale, ripido, fino a guadagnare
il filo del dosso che si trova alla nostra sinistra (ovest). Non è
facile trovarlo, ma l'occhio esperto non si farà trarre in inganno. Il
sentiero, che nel primissimo tratto supera anche un passaggio reso un
po' difficoltoso da un piccolo smottamento, corre all'inizio verso sinistra,
poi, raggiunto il filo del dosso, piega a destra e sale diritto, seguendolo,
fino ad intersecare, a quota 980 circa (quindi dopo aver guadagnato
approssimativamente 250 metri di quota), un secondo sentiero che corre
con direzione perpendicolare, da nord-est a sud-ovest.
Dobbiamo ora seguire questo secondo sentiero verso sinistra: dopo aver
attraversato un valloncello, raggiungeremo, così, il limite nord-orientale
dei prati di Rüìna (cioè di Rovina). Il nome del
luogo si spiega tenendo presente che è circondato da valloncelli
scoscesi ed interessati da movimenti franosi. Una baita solitaria, a
quota 960, sembra persa, qui, alla deriva in qualche spiaggia dimenticata
dal tempo.
A questi prati possiamo giungere anche per altra via, cioè seguendo
la pista Gaggio-Erbolo e lasciandola, a quota 880 metri, quando incontriamo,
ad un tornante sinistrorso, un largo sentiero che se ne stacca sulla
destra e comincia a salire gradualmente, tagliando il fianco boscoso
e ripido del monte. Il
sentiero, che nell'ultima parte si restringe e supera un punto un po'
esposto ed uno smottamento, ci porta nel cuore di un vallone, in corrispondenza
di una griglia in cemento. Oltrepassata la griglia e percorso un breve
tratto sul lato opposto del vallone, raggiungiamo il limite sud-occidentale
dei prati. Ovviamente questo percorso può essere sfruttato, in
senso contrario, per scendere dai prati alla strada Gaggio-Erbolo e
salire lungo essa fino ad Erbolo.
Se amiamo l'avventura, invece, possiamo iniziare una salita a vista,
partendo dalla parte superiore dei prati, verso nord-est. Prima del
rovinoso incendio del 1998 la salita tagliava uno splendido bosco di
faggi e pini. Ora attraversa una boscaglia selvaggia e disordinata,
che offre uno spettacolo ben triste e desolante. Oltrepassata, con un
po' di fatica, la fascia boscosa, usciamo in un terreno più aperto.
Proseguiamo, ora, la salita, rimanendo più o meno al centro del
largo dosso. Alla fine intercettiamo la pista Erbolo-Granda, ad una
quota approssimativa di 1180 metri, poco sopra il punto di partenza. Una
breve discesa verso sinistra ci conduce alla meta, cioè al limite
nord-orientale dei prati di Erbolo.
I prati di Erbolo
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